Le fate poetiche: marzo 2008

venerdì 28 marzo 2008

Divertiamoci con la scrittura

Cenerentola, ma non troppo.
C’ era una volta in un paese molto-molto lontano una fanciulla soprannominata dalle sue sorellastre e dalla matrigna “Cenerentola” perché, visto che le tre donne la costringevano a fare la serva nella casa di suo padre, e non le concedevano trucchi perché si riteneva che non ne avesse bisogno, lei era costretta a usare,per imbellettarsi, la cenere del caminetto: si sentiva così graziosa! Il risultato però era che appariva sempre sporca.
Le sue giornate erano veramente molto faticose:
la mattina doveva alzarsi all’alba e dare da mangiare agli animali in cortile; poi doveva impegnarsi a rimettere a posto la casa e a preparare la colazione prima di svegliare le sorellastre e la matrigna che cominciavano quotidianamente a criticarla e, a volte, mentre bevevano il loro “ottimo” tè, a fare boccacce per prenderla in giro. In realtà Cenerentola non se ne curava molto perchè attribuiva quelle smorfie alla buona dose di lassativo che aveva loro propinato nella colazione. Riusciva a trovare conforto nell’osservare le loro fughe al bagno mentre si tenevano le pance.
La giornata scorreva cercando di esaudire i desideri più assurdi e stravaganti che le sorellastre riuscivano a trovare per lei: un giorno per esempio dovette rinfilare una grande quantità di perle di diverse collane che si erano rotte; le bruciavano gli occhi per quanto era lungo e faticoso quel lavoro. Anche quella volta però riuscì a
trovare un sistema per accettare tutto ciò: cosparse alcune gemme di estratto di ortica , peperoncino e cipolla. Che sensazione meravigliosa quando le vide prepararsi come dei pavoni ed uscire in pompa magna: dopo appena mezz’ora tornarono in preda ad una crisi isterica, avevano tutto il collo rosso cosparso di bolle d’acqua che tendevano al violaceo e non riuscivano a smettere di grattarsi e di piangere.
Per il resto la sua vita era veramente un disastro: la stanchezza non la lasciava mai, era sempre vestita di stracci, cosa che le sorellastre non mancavano mai di sottolineare, ed, eccetto pochi topini ed un cane un po’ scemo, non aveva un amico al mondo, una persona che le volesse solo un po’ di bene.
Soprattutto non nutriva nessunissima speranza per il futuro: non aveva istruzione, non un soldo o un altro posto dove andare a vivere, se non fosse stato per la Fata Smemorina…ma questa è un’altra storia!
Bibi

THE RING – O
Una ragazza di Parigi stava li a vedere la videocassetta, non sapeva che cosa poteva comportare vederla. Inizia la videocassetta, Samara esce dal pozzo con tutti i capelli davanti alla testa, con un vestito bianco, sporco, bagnato e con i piedi tutti insanguinati. Si incammina verso il televisore, esce dalla tv e attacca con il suo coltellino. Ma scivola sul tappeto infilandosi il coltello sulla coscia, piange e rientra nel televisore. Samara, guarita dalla ferita, aspetta che qualcuno veda la cassetta di The Ring e proprio in quel momento Ugo di Roma vede la cassetta. Samara si prepara, esce dal pozzo, si incammina verso il televisore. Quando sta per uscire dalla tv salta la corrente e Samara rimane incastrata tra la tv e il pozzo e Ugo dice: - ma che è sta robba, che figata aho! - Quando rimettono la corrente Samara cade dalla parte del pozzo e si fa male alla schiena. Guarita anche dalla schiena Samara aspetta con ansia un nuovo cretino che metta la cassetta di The Ring. Dopo 2 giorni il calciatore; Kakà affitta questa cassetta horror di Samara. Mette la videocassetta e con un bel pacco di Ringo si vede la videocassetta. Samara esce dalla tv e dice:- Io ti ucciderò- e Kakà risponde:- Noooo, aspetta trattiamo, Do you Ringo? -E Samara risponde: - Grazie! Grazie a te Da oggi non ucciderò più ma starò tutto il tempo a mangiare Ringo e la mia videocassetta cambierà nome e si chiamerà non più “The Ring” ma “The Ringo”. E vissero tutti felici e affamati di Ringo.
Ciambelle95

L’invasione aliena
In un fresco mattino di primavera, Giacomo si apprestò ad uscire da casa per andare a scuola. Quando vi arrivò, sentì tutti i suoi compagni che parlavano di uno strano fatto accaduto quella notte. Allora, incuriosito, andò dal suo amico Lorenzo e gli chiese informazioni sul fatto che aveva messo in agitazione tutta la scuola. L’amico gli spiegò che al telegiornale avevano fatto vedere un aereo che volava e che, ad un certo punto, si era polverizzato. Di quel velivolo non si avevano più notizie.
“ Strano che i miei genitori non me ne abbiano parlato”. Disse Giacomo.
“ Penso proprio che non te ne abbiano parlato per non spaventarti. Conoscendoti, sapevano che avresti pensato ad una invasione degli alieni”. Disse in modo scherzoso Lorenzo.
“ Non dire stupidaggini …” ad un certo punto suonò la campanella e i due compagni non poterono finire di parlare.
Nel pomeriggio, dopo la scuola, Lorenzo andò a casa di Giacomo per fare i compiti.
Dopo aver fatto il loro dovere, i ragazzi si diressero nella sala da pranzo e accesero il televisore. Sul primo canale un programma era stato interrotto per mandare in onda un edizione straordinaria del TG che trasmetteva un video. In questo video si vedeva una navicella spaziale, sconosciuta all’uomo, che volava sulla città di Giacomo e Lorenzo. I due ragazzi si diressero sul posto indicato nel video.
Il luogo lo conoscevano bene perché era vicino alla casa di Alberto, un loro caro compagno. I due amici alzarono gli occhi al cielo e videro la navicella che, piano piano, scendeva verso il terreno. Ad un certo punto, la navicella toccò il terreno e, davanti a loro, si aprì un portellone e comparve una sagoma. Era un alieno in squame ed ossa. Senza esitare, l’alieno dall’aspetto orribile, scese il primo gradino. Scese anche il secondo ma, arrivato al terzo gradino, inciampò facendo un ruzzolone senza precedenti. Il ruzzolone sembrava non finire più e a Giacomo scappò da ridere.
Arrivato con la faccia per terra, l’alieno chiese a Lorenzo:
“ Dove sono ?”
“ Ehm… sulla Terra”. Rispose spaventato Lorenzo.
“ Non è vero!!” disse l’alieno.
“ Invece è più vero di te!” controbatté il giovane.
Perdendo la pazienza, l’alieno diede un pugno a Lorenzo, lisciandolo clamorosamente.
Lorenzo, invece, rispose con un calcio, talmente forte, che fece rientrare nella navicella spaziale il mostro. Dopo essersi ripreso, l’extraterrestre scese i due gradini ma si fermò al terzo ricordandosi del volo di prima. Ad un certo punto, un fulmine, arrivato non si sa da dove, colpì in pieno l’alieno che si accasciò a terra dicendo:
“ Uffa, io volevo solo farmi degli amici, ma sono talmente idiota e sfortunato che solo le piante morte del mio pianeta morto mi accettano”.
Subito dopo, strisciando, si diresse verso i comandi della navicella e stava per premere il pulsante di rientro alla base quando Lorenzo e Giacomo lo chiamarono. Lui li guardò sorpreso e disse:
“Cosa volete?”
“Vuoi venire a mangiare una pizza con noi?”
L’alieno accettò felice.
Homer_95

IL KILLER COMICO
Dopo aver spiato per giorni e giorni il signor Giorgio, sotto false vesti, il killer decise che il giusto momento per intrufolarsi in casa sua sarebbe stato proprio quella notte alle 02:30. L’ ora fatidica scoccò e puntuale come sempre il killer con destrezza entrò nella casa del povero Giorgio mentre egli dormiva. Il misterioso killer aveva in mano una mannaia da cucina e quatto, quatto si avvicinava al letto di Giorgio. Nel percorso però urtò un tavolo che si ruppe ed andò a schiantarsi sopra la cuccia del cane che urlando fece cadere un quadro in testa al povero dormiente. Il ladro si buttò a terra, schiacciò il cane e lo uccise togliendoli il respiro. Il vecchio Giorgio però non fece una piega e continuò a dormire silenziosamente. Il killer che aveva già fatto fuori il cane pensò che forse aveva ucciso anche il padrone involontariamente. Dispiaciuto per l’inconveniente invece di scappare e rubare qualcosa come fanno i veri ladri lui si mise lì a piangere e a singhiozzare. Dopo ore e ore di pianto all’ alba si addormentò sdraiato sul pavimento e proprio in quel momento il vecchio signor Giorgio, che non ci vedeva più molto bene, si svegliò e scambiando il killer con il cane lo accarezzò e lo rimise nella cuccia mezza rotta. Il vecchio uscì a fare la spesa ma mentre era fuori il ladro si svegliò ma non trovandosi più il morto si mise a cercarlo per tutta casa, quando però se lo ritrovò davanti lanciò un urlo e morì di paura. Giorgio che ci sentiva molto male pensando che quell’ urlo fosse il cinguettio del suo uccellino fece come se non fosse successo niente. Ritrovarono le ossa del killer solo un anno dopo quando morì anche Giorgio.
Marco IIE

Storia Horror Comica
Il telefono squillò. Sara andò a rispondere di controvoglia,stava guardando il suo film preferito e odiava quando qualcuno la interrompeva. Alzò la cornetta del telefono e una voce bassa,quasi sussurrando le disse:- Sto venendo da te…-. Riagganciò. Probabilmente era suo fratello,lui si divertiva in quel modo,facendo scherzi stupidi alla sorella. Sara tornò a vedere il film e dopo neanche mezz’ora sentì qualcuno bussare alla porta. Probabilmente era il fratello,invece quando aprì si trovò davanti un ragazzo,con la faccia coperta da un passamontagna, e un coltello lungo almeno 30 cm. Un urlo,lui cercò di ucciderla ma lei scappò dentro casa e per cui la mancò. Sara andò in cucina e prese la prima cosa che vide: una pentola. Gliela tirò in faccia e gli ruppe il naso. Il ragazzo si tolse il passamontagna e Sara lo riconobbe : era Giuseppe il suo ex ragazzo ecco come faceva a sapere il suo numero di casa. Lui cercò di tirarle una coltellata ma la lisciò e al suo posto squarciò il divano del salotto. Cercò di colpirla più volte e più volte la lisciò centrando porte ,tavoli e sedie. Sara gli lanciò contro diversi oggetti come vasi,lampade e libri però lo mancò sempre. Sara stava per essere uccisa. Giuseppe si avvicinò con il coltello in mano e Sara disse:- Sappi che ti amo ancora...-. Poi chiuse gli occhi ma fu costretta a riaprirli subito perché aveva sentito un tonfo incredibile: Giuseppe era svenuto a terra per via del suo alito pestilenziale poiché, lei non si lavava i denti da 5 giorni.
Duff 95

Il campeggio
Dicono che fare campeggio si istruttivo e soprattutto divertente ma quando, a causa della pioggia e del forte vento, rimani senza tenda e bagnata fino all’osso, il parere cambia, comunque iniziamo dal principio.
Di questo campeggio si parlava ormai da mesi, i preparativi sono stati più lunghi della costruzione dell’arca di Noe ma alla fine siamo partiti, meta il Gran Sasso.
Giunti in paese con il pulman ci hanno fatto scendere e per arrivare al campo abbiamo camminato per altre due ore.
Il bosco era talmente fitto che dovevamo tagliare i rami per farci strada, tra male e bene siamo arrivati in una radura, dove ognuno di noi a cominciato a montare la propria tenda.
Stanchi del viaggio e della preparazione del campo ci siamo messi a dormire appena calato il sole ma, dopo poco più di un’ora o almeno credo, il mio cuore a cominciato a battere all’impazzata, ho sbarrato gli occhi, il rumore che sentivo era talmente forte che inizialmente ho creduto di trovarmi in una discoteca con musica Under Ground.
Realizzato che era un temporale, sono uscita dalla tenda giusto in tempo per vederla volare via e accorgermi che le tende dei miei compagni e i miei compagni non c’erano più, in quel momento ho capito che la montagna non fa per me.
Intorno a me c’era solo buio e il fischio del vento tra gli alberi che faceva rabbrividire.
Ho cominciato a correre tra gli alberi. Senza meta. Stavo piangendo a dirotto.
Mentre correvo qualcosa mi ha afferrato le caviglie, erano le radici degli alberi.
Di botto ho sentito delle urla acute, erano quelle di mio fratello più piccolo.
Ho cominciato a sudare freddo.
Non so come, all’improvviso ho aperto gli occhi, e ho visto le mani di quello scemo di mio fratello che continuavano a tirarmi le caviglie per buttarmi giù dal letto e la sua vocina acuta che urlava imperterrita, dicendo che dovevamo prepararci per partire per il campeggio.
E mi sono accorta che avevo fatto solo un brutto sogno.
Benny

RACCONTO COMICO
Ero davanti alle scaffalature verdi e pensavo a cosa sarebbe potuto piacere al mio padrone per pranzo. La pasta la odiava, il riso pure. Avrebbe vomitato davanti a una frittata o qualsiasi altra cosa fatta con le uova. Era fissato con la sua stramaledetta dieta. Diceva sempre che non si potevano mangiare grassi e che facevano male al fegato o all’intestino. Quella dieta ormai l’aveva ridotto in una specie di stecchino: i suoi folti capelli neri non s’intonavano per niente al suo viso bianco e magro e sul suo naso lungo e sottile posavano sempre un paio di occhiali con una spessa montatura rosso fiamma. Per non parlare del suo carattere: era odioso, in poche parole. Sempre silenzioso, quando apriva bocca parlava solo di politica e del suo lavoro (faceva l’impiegato in una banca).
In questo periodo era talmente impegnato che non aveva (o diceva non avere) il tempo per andare a fare la spesa. L’idea di mandare me era veramente pessima, però non potevo farci niente; tutta la gente mi guardava, mentre trascinavo quel carrello troppo pesante per me, che non andava mai dritto. Mi stavo annoiando, e pure parecchio.
Poi, quando voltai l’angolo, mi trovai davanti al mio reparto preferito: il reparto del cibo per gli animali. Andai spedito verso lo scaffale dei croccantini per i cani, eccola lì, la marca che mi piaceva.
Nel voltarmi per mettere la merce dentro il carrello vidi una ragazza per me bellissima: era larga circa come trenta scatoline di “croccantini crock” messe in fila una accanto all’altra. I suoi capelli erano corti e ritti sulla testa. Qua e la c’erano dei capelli tinti di verde, biondo platino, rosa e blu che le davano un aspetto simpatico. Rispetto alla sua grande pancia e alle sue grasse gambe i suoi piedi erano grassi e corti.
Proprio quello che si dice un colpo di fulmine. Le mie pupille avevano preso la forma di un cuore, come nei cartoni animati. Il mio pelo nero sembrava essersi schiarito e le mie piccole quattro zampe erano diventate bianche. Preso dall’eccitazione per sbaglio colpii una scatola di “croccantini crock” che, aprendosi, mi cadde in testa: di colpo mi ritrovai impiastrato di croccantini, mi si erano ficcai anche nelle orecchie.
Lei mi guardò, poi (con gran fatica) si inginocchiò e mi disse:
-Ma come sei carino! Ma che ce fai qua a pija la spesa? Vabbé visto che il tuo padrone non c’è ti porterò via io. Vediamo… il tuo nome da oggi in poi sarà Fido. Ti piace?-
Perché mi diceva “il tuo nuovo nome”? io mi chiamavo già Fido, però lei non lo poteva sapere, non poteva sapere niente di me, non poteva immaginare che ero un cane parlante.
Mi prese tra le braccia e mi mise nel carrello. Con ogni suo movimento goffo un barattolo di qualcosa cadeva per terra. Poi spostò i barattoli dal mio ex carrello al suo, e mi disse:
- Questi te li comprerò sempre per farti mangiare, va bene?-
- Per me non c’è problema, sono i miei preferiti, però se preferisci puoi darmi anche la pizza, ne vado pazzo. -
La ragazza, che si chiamava Chiara, rimase a bocca aperta quando mi sentì parlare e balbettò:
- Tu…tu…hai…hai…- era molto scioccata, ed io la interruppi:
- Sì, sì, ho parlato, sono un cane parlante. Come esiste il grillo parlante di Pinocchio può esistere anche un cane parlante, giusto?- Non sopportavo l’idea che qualcuno mi contraddicesse, mi stavo già innervosendo.
Non si era convinta, allora le dissi di dirigersi verso la cassa e, una volta usciti decisi di raccontargli la mia storia, ormai la sapevo a memoria, tante volte l’avevo raccontata.
- Io, nel passato ero un essere umano. A un anno, però, mi morse un cane mannaro, e mi fece uno strano effetto, perché, invece di essere sempre umano e durante la luna piena trasformarmi in un cane (avendo anche i sensi di un cane, e la lingua di un cane, bau bau) rimasi sempre un cane, però con i sensi di un umano, le emozioni di un umano e la lingua di un umano…-
Fui costretto a raccontargliela più volte fino a che non decise di credermi e tenermi con sé. Decidemmo di metterci insieme e dopo dieci anni ci sposammo. Ma avevo l’impressione di aver dimenticato qualcosa: ops…forse dopo dieci anni è un po’ tardi per riportare la spesa al mio ex padrone!
»-(¯`v´¯)-» ...ιѕσℓα95... »-(¯`v´¯)-»

mercoledì 12 marzo 2008

Le scuse di Pierino


Maestra:“Pierino perché ieri non sei venuto a scuola?”
Pierino:“Perché, visto che mia madre in primavera fa il cambio di stagione, mi ha lavato tutti i panni ed io mica potevo venire a scuola in pigiama o anche peggio in mutande!!!
Non è stata colpa mia ma, visto che è sotto antistaminico, è più lenta nei ragionamenti e pretendeva di mandarmi a scuola con i suoi vestiti che sono da donna e di due taglie più grandi!”.
Bibi

Ieri Pierino ha marinato la scuola e oggi il maestro gli chiede:- Pierino perché ieri non sei venuto a scuola?- Pierino risponde:- Ecco.. sono andato al funerale del nonno del mio vicino-
Il maestro meravigliato:- Come?! Al funerale del nonno del tuo vicino? Gli eri particolarmente affezionato?- e Pierino continua:- Veramente non lo conoscevo neanche il nonno del mio vicino… solo che i funerali dei miei nonni e tutti gli zii li ho finiti il l’ anno scorso!!!-
вℓα¢к_95

L’insegnante: -Perché ieri non sei venuto a scuola?
Pierino:Non sono potuto venire perché ieri ho dovuto accompagnare mia nonna in pasticceria.
A causa delle feste di Pasqua, ormai vicine, mia nonna, da brava nonna, doveva andare a comprare le uova di Pasqua per noi, i suoi nipoti.
Ieri infatti l’ho dovuta accompagnare nella pasticceria migliore della città e, poiché ha la dentiera, non poteva assaggiare le varie uova di cioccolato. E mi ha chiesto di farle da degustatore.
Mi dispiace tantissimo per la mia assenza, però non ho resistito alla dolcezza del cacao e, sinceramente, ho preferito assaporare i vari tipi di cioccolato piuttosto che essere interrogato in geografia.
Ermia_95

- Pierino, come mai ieri non sei venuto a scuola? – chiede la professoressa di italiano al ragazzo.
- Professoressa, lei lo sa, io sono un po’ distratto…e ieri quando mi sono messo gli occhiali prima di uscire di casa, be’, li ho messi all’incontrario; per quel motivo anziché prendere il 28 ho preso l’82 e sono finito in un altro quartiere…Poi quando sono sceso al capolinea non mi sono accorto di entrare in un ospedale anziché a scuola, credevo che avessero ritinteggiato la facciata. Quando sono entrato sono come sempre salito al secondo piano e sono entrato nella prima aula a destra; lì mi è venuto incontro una persona in camice bianco, pensavo che il bidello avesse finalmente lavato il suo. Ma quando mi ha fatto spogliare e sdraiare su una lettiga ho iniziato ad avere qualche dubbio…poi però mi sono addormentato, e non ricordo più bene…però vede che bel naso dritto mi hanno fatto? E quando mi sono risvegliato finalmente ho messo gli occhiali nel verso giusto, e ho capito quello che mi era successo!
Ibra95

Un sinistro scricchiolio


Era molto tempo ormai che un misterioso scricchiolio si era impadronito della classe 1^ D.
Era uno scricchiolio molto strano, continuo, faceva brevi pause ma poi ricominciava, si sentiva solo all’ interno della classe…
I ragazzi e gli insegnanti non ne potevano più e uscivano sempre dalla scuola con il mal di testa.
Lucia, una coraggiosa ragazzina di quella classe voleva risolvere il caso e scoprire la misteriosa fonte di quello strano cigolìo.
I giorni passavano ma a Lucia non venivano idee su quale poteva essere la provenienza del rumore tanto odiato. Lei passava le lezioni pensando e ripensando e, per questo, i professori erano costretti a richiamare spesso la sua attenzione.
Era un mercoledì, la primavera ormai era giunta e Lucia era in classe, pensosa.
La professoressa di artistica era intenta a creare un cartellone di Monet insieme agli alunni quando chiese a Lucia, riportandola bruscamente alla realtà, di andare a prendere i colori in un malandato armadio in fondo alla classe. Lucia non fu felice di dover andare a svolgere il suo compito proprio in quell’ armadio perché non ci si avvicinava mai nessuno e già da tempo era oggetto di strane storie che gli giravano intorno.
Riluttante aprì le ante, scansò i cartoncini colorati in cerca dei pennarelli e una spaventosa visione le apparve. Una donna trasparente con una faccia deformata, resa spaventosa dal tempo, una spilla arrugginita, sulla quale si distingueva ancora la scritta “Preside ”, sul petto e delle forbici strette nelle mani raggrinzite, la fissava.
Lucia rimase immobile fino a quando tutta la classe le fu accanto, la professoressa ordinò a alcuni alunni di andare a chiamare bidelli, professori e preside e ad altri di accompagnare Lucia al bagno fino a quando non si fosse sentita meglio.
Quando Lucia tornò trovò l’ intero personale scolastico nella classe ma, poichè era rimasta molto scioccata dal recente avvenimento, si sedette al suo posto, posò la testa sul banco e chiuse gli occhi.
Non seppe mai quanto tempo era passato da quando era tornata dal bagno ma, quando si svegliò, trovò davanti agli occhi uno spettacolo assai insolito: il fantasma fluttuava pacifico per la classe, colorando, ritagliando, incollando e, ogni tanto scambiando qualche parola con la professoressa o con gli alunni.
Quando l’ insegnante si accorse che Lucia era sveglia la rassicurò e cominciò a raccontarle ciò che era accaduto mentre lei dormiva: la preside aveva parlato con il fantasma, che risultò poi essere l’ anima di una vecchia preside. Questa aveva riferito che non voleva fare del male a nessuno ma voleva soltanto uscire da quell’ armadio dove era stata rinchiusa per troppo tempo e per riuscirci aveva tentato di scavare un varco nella parete con quelle forbici. Desiderava tanto essere ancora in mezzo ai ragazzi e poter essere utile a qualcuno, ascoltare quel chiacchiericcio misto a risate spensierate e il rumore delle pagine di libri e quaderni che venivano sfogliati; ma temeva di non essere ben accolta perché… diciamolo…era un po’ diversa.
Non aveva mai voluto lasciare la sua scuola perché lì aveva passato i migliori anni della sua vita: la scuola era stata tutto per lei.
Per fortuna era stata liberata da quella simpatica ragazza.
Da quel giorno Lucia stette molto più attenta alle lezioni e fece anche amicizia con il fantasma.
Bibi

Da un po’ di tempo nella scuola “Dante Alighieri”, precisamente nella I D c’era uno strano scricchiolio… non si sa dove provenisse né cosa provocasse questo rumore molto fastidioso, poiché aveva una regolarità, infatti ogni due secondi si ripeteva.
Alunni e professori avevano eseguito un accurato controllo di ogni angolo dell’ aula di giorno ma gli esiti erano stati negativi.
Non si sapeva che spiegazione dare, anche se bisognava trovarla al più presto, perché gli alunni di quella classe non ce la facevano più a sopportare questo rumore.
Una notte, il signor Antonio, il custode della scuola, stanco di quello scricchiolio, si recò al primo piano, dove c’era la I D. Ispezionò a fondo (armato di torcia) la classe e mentre avanzava verso l’ armadio quello scricchiolio si trasformò piano piano in un lamento, sembrava quasi un singhiozzo… guardò dietro l’armadio e vide un…alieno!! Il signor Antonio per lo spavento sbiancò e anche la mano iniziò a tremargli e di conseguenza la torcia iniziò a vibrare.
Il piccolo alieno era più spaventato da lui e con quei suoi grandi occhioni verdi acqua lo iniziò a fissare tremando (probabilmente durante la visita della terra, l’alieno si era allontanato dalla famiglia perdendosi).
Il custode chiamò subito la polizia che arrivò dopo pochi minuti, appena i poliziotti videro l’alieno non riuscivano credere ai loro occhi ma non perdettero tempo: telefonarono subito ai ricercatori degli ufo. Dopo circa un’ ora quelli arrivarono, portarono l’alieno su un camion e poi lo condussero in una stanza grandissima, lo legarono e iniziarono ad esaminarlo, però ogni tanto il piccolo alieno scompariva dalla loro vista, sembrava scomparso ma in realtà aveva il potere di diventare invisibile: ecco perché di giorno non lo potevano vedere, si rendeva invisibile per paura di essere scoperto e catturato dai terrestri.
Il giorno dopo sui quotidiani a caratteri cubitali, si leggeva: “Alieno trovato dal custode, in un’ aula della scuola Dante Alighieri”. La mattina, Antonio, entrando nell’ atrio della scuola, trovò giornalisti, provenienti da tutto il mondo, che volevano sapere come era avvenuta la scoperta. Antonio, tutto orgoglioso, rispondeva alle loro domande e pensava che aveva contribuito a provare l’esistenza di altre creature nell’Universo e a liberare la I D da quel fastidioso rumore.
Riguardo all’alieno… beh, lui fu imbarcato su una navicella spaziale e ora ancora vaga nello spazio alla ricerca dei suoi genitori.
вℓα¢к_95

Gli alunni della prima D si trovavano in classe tutti seduti in silenzio. Stavano seguendo la lezione di scienze.
La professoressa stava iniziando a spiegare la vita degli animali, precisamente quella degli uccelli e ad un certo punto l’attenzione degli alunni era scomparsa. Si era posata su un rumore che proveniva dalla parte sinistra dell’aula. In quella parte vi erano due finestre e il rumore, probabilmente, proveniva proprio da una di quelle.
Ad un certo punto suonò la campanella: quella della ricreazione! Era ora!
I dieci minuti dell’ intervallo, però, durarono pochissimo e i ragazzini dovettero risedersi subito nei loro posti per poi farsi trovare in ordine dalla professoressa dell’ora successiva.
Gli alunni pensavano solo alla causa di quel rumore e seguivano la professoressa distrattamente. Erano riusciti a capire che il rumore proveniva da una delle due finestre ma al di fuori di queste, secondo loro, non vi era niente e nessuno.
Le due ore passarono, sebbene con lentezza, e finalmente la campanella dell’ultima ora suonò.
I ragazzini della prima D erano stati i primi ad uscire e si fermarono nel cortile ad aspettare i ragazzi della seconda E, che erano più grandi di loro di un anno.
I ragazzi della prima D avevano aspettato i ragazzi della E perché, secondo loro, insieme sarebbero riusciti a risolvere il caso.
I ragazzi insieme si recarono nel luogo sul quale la classe prima D si affacciava.
Iniziarono a circondare l’edificio scolastico, alcuni ragazzi si recarono in un piccolo vialetto davanti alla scuola e si accorsero che sopra una delle due finestre dell’aula della prima D vi era un delizioso nido di uccellini.
Ogni giorno gli uccellini si recavano in un piccolo angolo della finestra sul quale erano presenti alcuni pezzi di merenda e, mentre mangiavano emettevano dei rumori con i loro becchi, simili a scricchiolii.
Dopo aver risolto il caso, i ragazzi iniziarono a giocare con i passerotti accarezzandoli.
Quella parte esterna della scuola era diventata simile alla piazza più importante di Venezia. Tutti i passerotti volavano, erano una decina, e si facevano tutti accarezzare volentieri dagli alunni.
I ragazzi erano riusciti finalmente a risolvere lo strano caso dello scricchiolio, l’unione aveva fatto la forza!
Ermia_95

Era martedì e la professoressa Mariani entrò in 1^ D per la consueta lezione di storia, quando ad un tratto, mentre stava spiegando, sentì uno strano ed insistente rumore che non seppe identificare: per un po’ non ci fece molto caso, poi pensò che fosse la suoneria di un cellulare - ma erano tutti spenti! – o forse un alunno che giochicchiava con le penne - ma erano tutti attenti!
Anche nei giorni seguenti il rumore persisteva e la professoressa si incuriosì sempre di più, senza però riuscire a capire quale fosse il motivo. Allora, oramai in preda ad una feroce curiosità, la prof decise di tornare a scuola di notte, per scoprire la causa di questo strano rumore.
Per la sua missione investigativa la professoressa rimediò una torcia, un passepartout, dei guanti, una grande lente di ingrandimento e soprattutto Watson, un abile cane detective specializzato nel rintracciare rumori e che non si separava mai dal suo berretto alla Sherlock Holmes, identico a quello che indossava la prof. E così una sera questa si recò in punta di piedi nella classe (Watson ovviamente in punta di zampa) e i due udirono subito il rumore. Il cane si lanciò subito verso l’origine del rumore, in fondo alla classe, in un angolo coperto dall’armadio. Qui Watson scovò un ragno mutante sfuggito ad un esperimento della professoressa di scienze; a causa delle mutazioni subite il ragno russava molto rumorosamente, quasi come un orso in letargo: evidentemente trovava le lezioni della professoressa Mariani rilassanti tanto da conciliargli il sonno. La prof all’inizio pensò di schiacciarlo, ma poi considerò che non si era mai visto un ragno che russava in quel modo, e così per il momento decise di lasciarlo lì.
Il giorno dopo mostrò il ragno mutante alla collega di scienze, che lo riconobbe, e insieme stabilirono per il momento di lasciarlo vivere. Rimaneva però il problema del rumore di sottofondo durante le lezioni. Per fortuna una sera, mentre stava per guardare Benigni in televisione, vide la pubblicità di un prodotto contro il russamento; il giorno dopo lo comprò in farmacia e poi lo somministrò al ragno: i risultati ci furono eccome, e così la professoressa rinunciò definitivamente a schiacciare il ragno, il quale da allora continuò a farsi le sue belle dormite, finalmente silenziose!
Ibra95

In una fredda giornata di Dicembre la professoressa Snuph decise di interrogare a sorpresa nella 1D, ma come tutti sospettavano interrogò Filippo Rugeri (un povero ragazzo che veniva interrogato perennemente in scienze) il poveretto andò male come al solito così decise di fargliela pagare una volta per tutte, perciò prese un cacciavite e allentò le viti della lavagna e quando la prof. Snuph si sedette vicino alla cattedra la lavagna le cadde in testa. Chiamarono subito un’ ambulanza ma purtroppo arrivò troppo tardi.
Oggi il fantasma della professoressa Snuph vaga ancora nella scuola mangiando dalla rabbia tutti i gessi che incontra, per questo ci sono dei giorni in cui risuonano nella scuola degli strani cigolii che nessuno sa spiegare.
Minù95