Le fate poetiche: 2008

venerdì 21 novembre 2008

Le proteste contro la riforma di Mariastella



Nessuno, o quasi, è d’accordo con i provvedimenti presi dal Governo per la scuola: fondi delle scuole e delle università tagliati, maestro unico alle elementari e quindi molti insegnanti si troveranno senza lavoro, la proposta di creare le classi “ghetto” per i ragazzi stranieri. Invece, secondo me, i ragazzi che non parlano la nostra lingua, bisogna inserirli nelle classi con i ragazzi italiani per fargli apprendere più velocemente l’ italiano. Per questi motivi sono in corso molte manifestazioni in tantissime piazze, ma sembra che non interessino al ministro Gelmini.
Infatti il ministro ha usato il decreto legge come mezzo per applicare le varie riforme; di solito un decreto legge viene usato in situazioni di emergenza, come ad esempio un terremoto.
Non mi sembra che la riforma della scuola sia da paragonare ad una catastrofe naturale, infatti il decreto legge dopo 60 giorni, se non viene confermato, viene abolito, ma chiaramente i parlamentari hanno votato per applicare questo decreto legge. Quindi le ragioni di questa frettolosa riforma sono evidentemente altre. Si può pensare che sia un altro tentativo di mascherare i tagli alla spesa pubblica.
Le riforme, in particolare quella sua scuola, devono essere fatte ascoltando tutti, compresi i partiti che non fanno parte della maggioranza.
Questo perché la scuola appartiene a tutti, e tutti devono partecipare a riforme che ricadono sui giovani e poi dicono che noi rappresentiamo il futuro.
Durante le manifestazioni il ministro neanche li ha voluti incontrare i giovani, è rimasta chiusa nel palazzo con i suoi occhialini colorati, un paio per ogni vestito.
Speriamo che le manifestazioni continuino e facciano riflettere il ministro, perché modifichi radicalmente il suo decreto e che venga fatta una legge decente sulla scuola.

Black95



I telegiornali e i quotidiani fino a pochi giorni fa parlavano prevalentemente delle proteste contro la riforma Gelmini.
La riforma comprendeva tutto il comparto scuola: alunni, professori e bidelli.
È stata una cosa molto contestata perché ha ridotto i fondi alle scuole e diminuito l’orario settimanale.
Moltissimi studenti in tutta Italia hanno protestato, occupando varie scuole superiori.
Nei cortei ci sono stati feriti e sono dovute intervenire le forze dell’ordine.
La riforma comprendeva anche le cosiddette “classi-ponte”: cioè classi formate esclusivamente da alunni stranieri; questa è una cosa che non condivido affatto perché con dei ragazzi stranieri in classe si possono fare moltissime nuove esperienze e si possono conoscere le usanze dei vari Paesi.
Inoltre sono stati previsti meno fondi alle università per la ricerca scientifica; gli studenti quindi non avranno le apparecchiature adatte per il loro studio.
Molte università chiuderanno e in quelle aperte ci sarà una maggiore concentrazione di persone.
Nei paesi più piccoli verranno chiuse molte scuole e questo sarà fonte di disagio perché in quei paesi i ragazzi saranno costretti a frequentare scuole più lontane.
Sono stato molto colpito dalle reazioni delle categorie interessate ma soprattutto dalla completa indifferenza che dimostrato il ministro di fronte alle varie manifestazioni di protesta.
Spero che con il passar del tempo si possa modificare questo decreto perché il diritto allo studio è fondamentale e riguarda il futuro di tutti noi alunni.

Leo <95>



“Ebbene siamo arrivati alla frutta!” citazione di mia madre.
“E anche più giù.” Citazione della mia prof.
Infatti è così, siamo proprio arrivati alla frutta; secondo me, questi politici non sanno più che pesci pigliare. Abbiamo sempre rinfacciato loro che dovevano fare dei cambiamenti ma con questo non intendevamo che dovevano segarci da sotto le gambe di sedie e banchi! Con questa frase intendo dire che stanno togliendo i fondi alle scuole e non possiamo permetterlo; inoltre stanno apportando molti “cambiamenti” perlopiù assurdi. Francamente, penso che mettere i voti invece che i giudizi alle scuole medie non sia una cosa sbagliata ma non si può rendere la scuola media una specie di liceo, come succede nelle altre scuole europee. Vogliono mettere il maestro unico alle elementari, che affronta da solo tutte le materie, incluse inglese, musica e anche ginnastica. ( in realtà il metodo di insegnamento delle nostre elementari è apprezzato e studiato in molti Paesi. ) Non si può dire che togliendo i corsi sperimentali ai licei si migliora la qualità dell’ istruzione perché alla fine diventa più difficile scegliere per il proprio futuro, io, ad esempio, non trovo un liceo classico sperimentale, perché i corsi sperimentali probabilmente verranno tagliati e quindi non saranno più classici sperimentali! Questo mi sembra più che un cambiamento un ritorno al passato! La prof.ssa di lettere ci ripete sempre che non esiste futuro senza passato, che la storia va avanti e questo lo penso anch’io. Non possiamo fare dei cambiamenti se non teniamo conto del passato per non ripetere gli errori commessi. Che futuro immagina il governo per i nostri studenti che non sono tutti somari! I migliori sono costretti ad andare all’ estero per avere un lavoro qualificato. ( in Italia il lavoro si trova solo se sei raccomandato! ) Un sacco di ragazzi sono scesi in piazza con striscioni , megafoni, slogan, urlando, inneggiando, insomma hanno provato di tutto ma il decreto Gelmini alla fine è stato approvato. Voglio comunque protestare, lo vogliono tutti, non solo studenti ma anche insegnanti, non solo insegnanti ma anche genitori e parenti, così faremo capire al ministro Gelmini che questi cambiamenti sono inutili per la società! Praticamente, ci stanno togliendo la libertà e la possibilità di scelta e il ministro non se ne accorge, per lei gli studenti sono solo dei bimbi con sogni irrealizzabili che non sanno che cosa è bene per loro, mi sa che è lei non sa che cosa è giusto per noi.

The Phoenix




Il decreto Gelmini prende nome dal nuovo ministro dell'istruzione e prevede più che una riorganizzazione delle spese un taglio degli investimenti per la scuola. Mentre il sistema scolastico dovrebbe essere il comparto che dovrebbe avere più finanziamenti, si ritrova invece ad essere il più penalizzato per ripagare i debiti dello stato. La scuola è il luogo dove i giovani dovrebbero essere preparati ad affrontare la vita. In questi ultimi anni l’istruzione pubblica si è sviluppata per aiutare tutti, compresi i portatori di handicap, gli stranieri, i disadattati e gli svantaggiati. In questo modo si è formato un sistema scolastico nella scuola primaria che viene preso come modello nel resto del mondo. Purtroppo non è così nella scuola superiore, deve, a causa della mancanza di una vera e propria riforma scolastica, si registra il più alto tasso di insuccesso scolastico, di violenza e di abbandono. Questa situazione richiederebbe dei cambiamenti non solo nella scuola ma anche nella società. Il decreto Gelmini invece, sta creando una scuola che penalizza il sistema delle primarie che avevano raggiunto i livelli più alti del mondo e trasforma, con i tagli agli investimenti, una scuola superiore che impedirà ai giovani di essere formati perché chi avrà i soldi potrà permettersi le scuole private e l'università mentre i più poveri saranno sempre più poveri, e non avendo i soldi per pagarsi l'istruzione, rimarranno precari a vita e sempre più emarginati.

Benny

martedì 18 novembre 2008

Un operaio dell' Ottocento riflette


Solita notte all’osteria, sono in fila al bancone per prendere un boccale di birra e intanto, sul tavolo, degli ubriachi fanno battute senza senso, che luogo squallido; anzi è proprio la mia vita a essere squallida: sveglia alle cinque del mattino, si entra in fabbrica. Uomini donne e bambini lasciano gli enormi stanzoni odoranti di letame per raggiungere il posto di lavoro. Dopo di che inizia il solito massacrante turno, fino alla sera a muovere i macchinari con uno stipendio penoso e nessuna garanzia infatti proprio oggi il ragazzino che dormiva a fianco a me è stato fatto sgomberare perché si era troncato un braccio in una macchina. Non sono solo triste ma anche arrabbiato pensando alla mia vita in confronto a quella di un borghese, piena di lussi e comodità: sveglia seguita da una passeggiata mattutina, poi il pomeriggio invitano altri borghesi a casa per un tè e la sera ricevimenti lussuosi. Per non parlare dei loro figli straviziati con ogni giocattolo esistente e poi, appena hanno l’età giusta, vengono spediti in collegio, che loro considerano un inferno invece un posto in collegio era uno dei più grandi sogni per il ragazzino che oggi ha perso un braccio.
È facile per loro catalogarci come bestie, ubriaconi, scansafatiche e con altre offese, senza essere mai entrati in una fabbrica.
C’è chi considera l’alta borghesia composta da esseri superiori fuori dalla nostra portata.
Non sono gli abiti sfavillanti o essere invitato ai numerosissimi ricevimenti a fare qualcuno più umano di qualcun altro che passa la giornata a rompersi le ossa in fabbrica tutto il giorno, con il rischio di infezioni dovute allo sporco
I borghesi potranno dire ciò che vogliono ma io non mi sento inferiore
Thik95

giovedì 13 novembre 2008

Vita da borghesi e vita da operai nell' Ottocento


La vita nell’'800 cambiava secondo la classe sociale di cui si faceva parte. In quel periodo la classe dirigente in quasi tutta Europa era la borghesia. In ogni Paese il numero delle persone che facevano parte di questa classe era diverso e variava anche il peso del potere. La parola "borghese" voleva dire "denaro". Infatti, per diventare un borghese si dovevano possedere delle ricchezze. Naturalmente egli poteva essere nato in una famiglia umile: ad esempio un artigiano che si era trasformato in industriale. Ma i borghesi si vergognavano molto di questo aspetto della loro vita e, infatti, appena ricchi ,la loro unica preoccupazione era quella di far dimenticare le loro origini. Spesso accadeva che un membro di una ricca famiglia borghese, per ricevere un titolo nobiliare, si sposasse con un membro di una famiglia nobile che aveva delle difficoltà economiche. Questa classe sociale era divisa in:
Alta borghesia come banchieri e industriali, Media borghesia come medici, avvocati e notai e poi veniva la Bassa borghesia formata da piccoli commercianti e impiegati che con molta fatica riuscivano a condurre una vita prestigiosa. Le diverse categorie si somigliavano molto poiché avevano un modello di vita in comune. L'alta borghesia imitava la nobiltà così la media riprendeva a modello l'alta, mentre la piccola seguiva la media. Le famiglie borghesi ,anche se non benestanti, conducevano una vita all'apparenza decorosa, anche se dovevano fare molti sacrifici. L'autorità assoluta era il padre che con il suo lavoro manteneva tutta la famiglia e per questo era rispettato. La moglie non lavorava ma aveva il compito di organizzare la casa e dirigere il lavoro della servitù. I figli erano trattati con severità, infatti, essi non potevano mangiare a tavola con i genitori ed erano ammessi solo durante giorni speciali come compleanni e ricevimenti ma erano obbligati a tacere. Per allontanarli dalle cattive influenze i padri mandavano i propri figli in collegi oppure chiamavano un insegnante privato. Tutto questo perché i figli dovevano rispecchiare quello che erano loro e dovevano continuare la professione del padre e se possibile aumentare le ricchezze della famiglia. A metà dell’'800 i borghesi s’interessavano sempre di più alla letteratura, all'arte e alla musica. Diffusa era la lettura naturalmente nei limiti dell'analfabetismo. I giornali divennero un modo si svagarsi molto diffuso a quei tempi. La musica e il teatro non erano da meno. Tutte le sere i teatri erano affollati. Molto popolare era il melodramma, anche se era famosa la moda del Café Chantant che si diffuse in Italia. L'alta borghesia viveva in palazzi ampi e lussuosi. Il palazzo era diviso in piani: al piano terra abitava il custode; la famiglia abitava al primo piano mentre il secondo era occupato dai parenti meno stretti o dai più poveri, come le "monache di casa" cioè le sorelle o le zie rimaste nubili. Al terzo piano o nelle soffitte c'era la servitù. Nel cortile si trovavano i forni, le lavanderie, le dispense ma anche le scuderie dei cavalli. Molte famiglie borghesi, per imitare la nobiltà che si era trasferita nelle campagne, acquistarono delle terre nelle quali andava ad abitare durante i mesi estivi. Nel corso dell’'800 l'arredamento mutò radicalmente. Durante l'epoca napoleonica c'era il così detto "stile impero": i mobili avevano delle linee dritte e degli angoli retti con decorazioni di bronzo. Usavano tavoli rotondi e grandi specchi. Poi dalla seconda metà dell’'800 si diffuse lo stile " Luigi Filippo" molto fastoso; tappezzerie, tende e rivestimenti in seta. Si sparse anche l'uso di "tenere salotto" cioè di invitare persone per chiacchierare o discutere di argomenti culturali. I ricchi amavano i balli ei banchetti. I balli erano un’occasione per trovare un uomo e sposarsi. In questo periodo tutti cominciarono a frequentare i ristoranti. L'abbigliamento era un altro aspetto importante della vita borghese. L'uomo aveva i capelli folti e ondulati. Indossava calzoni lunghi molto aderenti e una specie di cappotto largo in fondo e stretto in vita. Molto importante era il gilet. Le donne portavano una sottogonna che era allargata da una serie di cerchi che partivano dalla vita e scendevano fino a terra. Cambiavano vestito 3-4 volte al giorno,ce n’era uno per la passeggiata mattutina, uno per il pomeriggio, un altro per il ballo, per il ricevimento, per il viaggio ecc.
La vita degli operai era ben diversa da quella della borghesia. Questo tipo di vita era assai duro poiché i contadini nelle campagne e gli operai In città lavoravano moltissime ore al giorno. I salari erano così bassi da non riuscire a mantenere la propria famiglia. A causa di questo lavoro così alienante gli operai si rifugiavano nell'alcool, per essi era l’unico svago. Le case che gli operai avevano, erano abitazioni a due piani con una piccola cucina che si affacciava su un cortile e una camera da letto dove dormivano tutti insieme. In genere queste piccole abitazioni venivano costruite vicino alle fabbriche, tutto questo per una minima comodità. All’inizio le case operaie non avevano acqua e fognature. Nel quartiere c’era un piccola fontanella dove si poteva prendere dell’acqua, ma la fila era lunghissima anche di notte. Per quanto riguarda le fognature, in legno, si doveva pagare. Di solito le famiglie di questa classe sociale mangiavano: patate o trippa. Gli uomini che non erano sposati affittavano un letto in delle grandi stanze, dove dormivano tutti insieme. I figli degli operai oppure i bambini abbandonati, lavoravano già da piccoli nelle fabbriche. Non avevano diritto a nessuna istruzione. Naturalmente i bambini venivano pagati molto meno degli uomini e delle donne. A loro spettavano lavori come infilarsi nelle più strette stradine delle miniere. Lavoravano dalle cinque del mattino fino alle sette di sera. Spesso i bambini si ammalavano a causa di questi ambienti così malsani.
Kikka


Le vite dei borghesi e degli operai erano del tutto diverse durante la Prima rivoluzione industriale.
I borghesi vivevano in lussuose palazzine provviste di tutti i confort, come ad esempio l’acqua corrente, il gabinetto ad acqua e il gas, fondamentale per l’illuminazione, per il riscaldamento e per cucinare. Le persone che godevano di questi privilegi erano poche, perché la maggior parte della popolazione era formata da persone umili e povere, che, siccome non avevano molto denaro, mandavano a lavorare anche i propri figli. L’istruzione era riservata solo ai figli dei borghesi e, spesso, i bambini o venivano mandati nei collegi oppure venivano assunti degli istitutori privati. Il collegio però era l’unico modo per allontanare i figli dalle persone povere della strada.
I figli degli operai invece andavano a lavorare in fabbrica già all’età di sei anni. Nelle miniere molti bambini erano impiegati nei lavori, perché i loro corpi, per la maggior parte esili, riuscivano a passare tra gli stretti cunicoli.
In più gli operai vivevano in quartieri malfamati, molto vicini alle industrie. Abitavano in casupole a due piani ed erano anche in affitto. Le abitazioni possedevano una piccola cucina, un cortile comunicante con altri cortili dei vicini, e una camera da letto al piano superiore, dove dormiva tutto il nucleo familiare.
Gli operai che non avevano una famiglia andavano quasi sempre nei dormitori, dove vi erano grandi stanzoni, nei quali dormivano molte persone. Erano veramente squallidi i dormitori. Non si può immaginare la puzza e il rumore che si poteva udire all’epoca! Tutti i letti erano ammassati tra loro e le condizioni igieniche lasciavano veramente a desiderare.
Nei quartieri operai, quindi, le persone erano oppresse dal loro lavoro, che alla fine non era neanche riconosciuto. Da queste grandi delusioni, le persone cercavano conforto nell’alcol, e così, bevendo, cercavano di dimenticare tutti i loro problemi. Gli operai, dopo aver lavorato, andavano nelle osterie e spesso spendevano tutto quello che avevano guadagnato nella giornata per bere la birra, o altre bevande alcoliche. Le persone che si ubriacavano erano sempre di più e, purtroppo, nelle osterie si scatenavano vere e proprie risse tra i clienti.
Un grandissimo problema dell’epoca, che si verificava tra le due classi sociali era il classismo. Questo atteggiamento lo si può notare anche nell’organizzazione dei viaggi in treno.
Infatti quando nacquero i primi treni, i viaggi dei ricchi erano molto diversi da quelli dei poveri. Le prime comodità vennero introdotte solo nelle prime classi, che erano riservate ai ricchi borghesi. Solo nelle prime classi vi erano le lampade ad olio, i sedili imbottiti e d’inverno gli scaldini per i passeggeri.
Gli operai che dovevano spostarsi in qualche altra città invece viaggiavano negli ultimi vagoni o sul tetto. Negli ultimi vagoni i sedili erano in legno e poi non c’era il riscaldamento. Viaggiare in quel modo era davvero disumano.
Le grandissime differenze tra i due tipi di vita sono sempre state molto evidenti e, siccome nella mentalità borghese prevaleva un grande senso di classismo, gli operai iniziarono a ribellarsi. Nacquero così le società di mutuo soccorso, che erano delle associazioni dei lavoratori, spesso operai, i quali si aiutavano a vicenda davanti alle loro comuni difficoltà.
Ermia 95


La classe dirigente nella prima metà dell’ Ottocento e anche dopo i moti del 1848 era la borghesia. Questa era rappresentata da quelle persone che si erano arricchite lavorando, a differenza dei nobili i quali avevano questo titolo grazie al nome della propria famiglia. I borghesi avevano però il timore di essere ricordati per le loro umili origini e quindi cercavano in tutti i modi di far dimenticare il proprio nome, magari sposando un nobile impoverito e quindi acquistando i titoli del marito o della moglie. La borghesia si divideva in tre gruppi: alta borghesia, media borghesia e piccola borghesia.
L ‘ alta borghesia era composta da industriali, capitalisti e ricchi banchieri.
La media borghesia era composta da professori, commercianti, avvocati, magistrati, medici e notai.
La piccola borghesia era composta da piccoli commercianti e da impiegati.
La maggior preoccupazione dei borghesi ( sia della classe alta che della classe media e piccola) era di mantenere uno stato decoroso e soprattutto di assomigliare alla classe superiore alla propria. La piccola borghesia imitava la media che imitava l’ alta che imitava la nobiltà. In tutte le classi però c’ era lo stesso stile di vita: il padre era la figura principale nella famiglia, perché era la fonte di benessere in casa grazie al lavoro che svolgeva. La madre aveva il compito di saper gestire la casa e la servitù. I figli venivano istruiti e puniti fin da piccoli perché potessero trovare un lavoro decoroso e redditizio o intraprendere la professione del padre. Non venivano ammessi a tavola ma mangiavano da soli con la governante; quando potevano stare a tavola dovevano stare zitti ed ascoltare.
Purtroppo la maggior parte della popolazione non era borghese ma era costituita da operai. La classe operaia o proletariato si creò dopo la prima rivoluzione industriale, perché i contadini si spostarono dalla campagna alla città, e non trovando lavoro, furono condotti nelle fabbriche a lavorare con le prime macchine a vapore. La vita degli operai era miserabile, dovevano lavorare dalle prime luci del giorno fino a che faceva buio e, quando misero le lampade a gas, il lavoro continuò anche per le ore della notte. Quando finivano il lavoro, tornavano in una “casa” formata da un solo stanzone buio e sporco dove si dormiva e si mangiava. Non esistevano bagni, gli operai facevano i loro bisogni dietro casa o per strada e questo portava a numerose epidemie. Il loro lavoro era “alienante” visto che il procedimento per la costruzione di una qualsiasi cosa era a catena di montaggio e quindi l’ operaio faceva e rifaceva uno stesso movimento ma non vedeva, alla fine, il frutto del proprio lavoro. Inoltre se un operaio rimaneva ferito o paralizzato in un incidente in fabbrica, veniva licenziato e naturalmente senza il suo salario da fame era costretto ad elemosinare e mendicare. Questo accadeva anche per le donne che rimanevano incinte e che non riuscivano a lavorare e ad accudire il neonato; peggio ancora se le donne rimanevano incinte fuori dal matrimonio, esse venivano licenziate in tronco e il principale della fabbrica avvisava gli altri direttori che l’ operaia era una poco di buono e la poveretta era davvero costretta a mettersi nelle strade per racimolare qualcosa. Naturalmente anche i bambini, dai 4 – 5 anni in poi incominciavano a lavorare e venivano pagati meno degli uomini e delle donne. Ci sono molte testimonianze di bambini mandati nelle miniere, che nell’ arco della giornata, non vedevano mai la luce del giorno e questo accadeva poi anche per mesi, per i turni cui venivano affidati. Insomma, la vita degli operai era vuota e senza felicità, l’ unico svago di quelle persone era ubriacarsi nelle osterie, infatti in quegli anni nacque il problema dell’ alcolismo che colpì moltissime persone, perfino ragazzi molto giovani. Più tardi nasceranno i sindacati ma gli operai dovranno combattere duramente per i diritti che ancora oggi non gli vengono riconosciuti.
The Phoenix


Nella seconda metà dell’ ‘800 la vita dei borghesi comprendeva denaro, decoro e sfarzo, mentre gli operai erano costretti a lavorare dalla mattina alla sera riuscendo ad arrivare a stento alla paga successiva.
La borghesia si divideva in tre gruppi: alta,media e bassa e ogni categoria imitava quella superiore (l’alta borghesia imitava la nobiltà).
Nella famiglia borghese il padre aveva autorità su qualunque cosa perché, essendo l’unico in famiglia a lavorare, garantiva a tutta la famiglia un tenore di vita molto alto e quindi era rispettato da tutti.
La madre non lavorava ma gestiva il lavoro domestico.
I figli erano educati con severità e nelle famiglie più importanti non era concesso di mangiare al tavolo con gli adulti ma in un tavolo separato con la governante. Potevano mangiare con i genitori solo nelle occasioni speciali come compleanni e feste.
I figli dei borghesi non si dovevano mescolare con i “ragazzi di strada” e venivano istruiti in casa con degli insegnanti privati che dovevano garantire studi tali da far continuare ai figli le attività del padre o comunque avviarne una abbastanza redditizia.
La famiglia operaia era completamente opposta: tutti i componenti lavoravano, anche i bambini molto piccoli.
Lavoravano in fabbrica o in miniera e avevano turni di lavoro massacranti: dall’alba al tramonto.
Il loro salario era misero ed una parte dovevano versarlo per affittare una casa o nei peggiori dei casi uno stanzone condiviso con persone sconosciute.
Gli operai, non avendo soddisfazioni o svaghi, cominciarono a fare uso di bevande alcoliche e di conseguenza aumentarono gli incidenti in fabbrica.
Chi lavorava in miniera era a contatto con sostanze tossiche o poteva morire a causa del gas.
Le case operaie non avevano né acqua né fognatura e occorreva fare file al pozzo mentre a volte c’era un solo gabinetto per tante case.
A causa di queste pessime condizioni igieniche scoppiarono epidemie di colera.
La vita dei borghesi invece era molto sfarzosa: feste, cerimonie e banchetti erano nel quotidiano.
I borghesi amavano la letteratura, la musica e l’arte e andavano sempre più spesso a teatro. I loro abbigliamenti erano ricamati e seguivano una determinata moda; sia per l’uomo, sia per la donna.
Le loro case erano molto grandi, con spazi differenziati tra bambini, padroni di casa e domestiche, a volte c’erano anche due saloni arredati con mobili in legni molto pregiati con tantissime decorazioni.
Al contrario le case degli operai erano molto piccole e buie e, per risparmiare mattoni e spazio, erano costruite l’una attaccata all’altra con un piccolo cortiletto.
In molte case c’era una sola stanza da letto, un fornello e non c’era né il salotto né il bagno.
Nella seconda metà dell’ ‘800 si possono notare le differenze tra le varie classi sociali e paragonarle per capire i disagi della classe operaia e la ricchezza della borghesia.
Leo<95>


Nella seconda metà dell’ 800 la vita degli operai era molto più dura di quella dei contadini nelle campagne.
Gli operai lavoravano 12 ore al giorno e le fabbriche erano buie e sporche quindi era facile prendervi delle malattie. I bambini iniziavano a lavorare a 6 anni e spesso lavoravano nelle miniere perché essendo piccoli si potevano infilare anche nei buchi più piccoli e, tuttavia, ricevevano una paga minore di quella degli adulti.
I quartieri operai erano molto malsani, le case erano una attaccata all’altra per risparmiare mattoni, erano costruite su due piani; nel piano di sotto c’era la cucina e al piano di sopra le stanze da letto. Ogni abitazione aveva un proprio cortiletto nel quale potevano andare a giocare i bambini. In ogni quartiere c’era un solo gabinetto e una sola fontanella nella quale si poteva lavare e bere. Queste erano costruite da società private e quindi per utilizzarle bisognava pagare. Queste società avevano il compito di ripulire i pozzi neri nei quali andavano a finire tutti i liquami e gli scarichi ma quando tardavano a svuotarli, gli scarichi andavano a finire nei cortili delle case operaie deve giocavano i bambini è anche per questo motivo che tanti morivano da piccoli.
Poiché l’unico svago degli operai era quello di ubriacarsi nei bar erano molto frequenti le risse.
La vita borghese era molto diversa da quella operaia, abitavano in palazzi ampi e lussuosi. Al piano terreno c’era la stanza del custode dell’edificio, al primo piano ci abitava la famiglia proprietaria dell’edificio, al secondo piano c’erano i parenti meno stretti o di ceto più basso e al terzo piano e nelle soffitte alloggiava la servitù. Nel cortile c’era il posto per le carrozze e le stalle per i cavalli.
Poiché la vecchia aristocrazia spesso si spostava in un’altra residenza, anche i borghesi si comprarono alloggi fuori dalle città dove trascorrere i mesi estivi. Come a Parigi, anche in Italia si diffuse l’uso di tenere salotto, questo consisteva nell’invitare persone di riguardo nella propria casa e parlare con queste di attualità e cultura.
L’uomo romantico portava i pantaloni lunghi aderenti e un cappotto lungo stretto in vita, in più si diffuse la moda di portare il fiocco sul collo.
La moda femminile era caratterizzata da una sotto gonna che si teneva alzata da una serie di cerchi che si allargavano sempre di più partendo dalla vita. La sera indossavano abiti molto scollati con maniche rigonfie e in più lo strascico. Di giorno invece portavano un cappello o una cuffia, entrambi molto ornati, in mano tenevano un ombrello, un ventaglio o un fazzolettino di trina.
Erano molto frequenti i banchetti ai quali partecipavano tutti gli invitati e si tenevano in case private o in ristoranti. Si diffuse infatti la moda del ristorante che iniziò ad avere molto successo.
I borghesi vivevano decisamente meglio degli operai ma piano piano le cose iniziarono a migliorare anche per questi ultimi.
Giuggi chan

giovedì 16 ottobre 2008

Il Romanticismo


Il Romanticismo è un movimento culturale che si sviluppa agli inizi dell’Ottocento in Germania, in un clima di riscossa nazionale negli anni in cui Napoleone ha occupato mezza Europa; per questo motivo il Romanticismo è antifrancese ed opposto all’Illuminismo, che è già stato messo in crisi dalla Rivoluzione Francese: la Rivoluzione infatti aveva messo in evidenza che accanto alla ragione si era sviluppata una forte carica di passione incontrollata che aveva portato agli eccessi del Terrore; inoltre era emerso che le idee illuministe erano spesso troppo astratte e non si adattavano alla realtà storica dei singoli paesi.

Dal punto di vista letterario l’elemento centrale del Romanticismo è la sua opposizione con la letteratura classica, cioè quella che si era sviluppata durante l’epoca illuminista: classico è colui che concepisce la vita come continuità, ha una fede invincibile nella ragione umana, ragione che ha scoperto verità definitive capaci di portare al continuo progresso del genere umano. L’uomo romantico al contrario rifiuta questo mito razionalista, convinto che la realtà, concepita come divenire, non possa essere conosciuta solo attraverso la ragione, ma anche attraverso esperienze irrazionali come il sogno o l’allucinazione. L’uomo illuminista ottimisticamente crede nella perfezione, che è data appunto dalla ragione e dalla scienza, mentre l’uomo romantico, pessimista, crede che la vita sia un’incessante lotta per tentare di avvicinarsi ad una perfezione che è, comunque, irraggiungibile.

All’ateismo illuminista si contrappone una forte religiosità, mentre il cosmopolitismo e l’universalismo settecentesco lasciano il posto ai principi democratici, agli ideali di riscatto dei popoli oppressi (quello tedesco, quello italiano, quello polacco, quello greco, ad esempio), alla coscienza di nazionalità, alla religione della patria. Con il Romanticismo viene rivalutata l’importanza della storia, si parla di storicismo romantico, in quanto solo attraverso lo studio del passato (nelle vicende politiche, nelle tradizioni culturali e religiose, nel costume e nel folgore) si può ritrovare l’anima ed il sentimento di una nazione e del suo popolo. Il Medioevo non è più considerato periodo di oscurantismo e di barbarie, ma l’età in cui è sono nate le nazioni dell’Europa moderna, caratterizzate da una propria lingua, da una propria letteratura, da una propria cultura, da una nuova visione religiosa, il cristianesimo.
Ibra95

Viaggio in Egitto


Io e la mia famiglia,verso la metà di ottobre del 2004, partimmo per l’Egitto.
Eravamo molto preoccupati perché, solo un mese prima, proprio nella località scelta c’era stato un attentato ad un albergo con conseguenze molto gravi.
Decidemmo di partire lo stesso ed io ero molto emozionato: era la prima volta che andavo in un continente extra-europeo ma soprattutto era la prima volta che viaggiavo in aereo.
Decidemmo di dividere la nostra vacanza in due: metà al mare e metà in giro per i paesi per vedere il modo di vivere degli abitanti.
Il mare era stupendo, c’erano pesci di varie forme,dimensioni e colori e soprattutto erano abituati alle persone e quindi riuscivi pure a toccarli.
Faceva molto caldo anche se era ottobre e questo mi fa pensare quanto potesse essere elevata la temperatura in estate.
Decidemmo di andare in un albergo tipico egiziano: le stanze erano bellissime e c’erano addirittura i letti a tre piazze; l’unica cosa negativa era che l’acqua del rubinetto non era potabile.
Mangiammo cose tipiche del posto come le crepes con la carne e le verdure.
L’ultimo giorno decidemmo di fare una gita, che durava tutta la giornata, in barca dove vedemmo tante cose belle: un polipo rosso, le meduse rosa( che per fortuna non ci hanno punto) i barracuda e molti relitti di navi affondate.
Raggiungemmo una specie di lingua di sabbia in mezzo al mare larga due metri al massimo.
Lì sostammo per alcune ore e poi ci rimettemmo in viaggio verso il relitto di una nave mercantile affondata nel ‘900.
Una cosa che mi incuriosì molto fu il ramadan: noi capitammo proprio nel mese in cui le persone di religione musulmana dovevano digiunare dall’alba al tramonto.
Il nostro non fu solo un viaggio di divertimento bensì anche culturale, infatti visitammo le piramidi.
Non avevo mai visto dal vivo le piramidi: sono davvero enormi e dentro avevo paura di perdermi per quanto erano grandi. Nel pomeriggio,l’animazione del villaggio organizzava tanti tornei dei vari sport, io e mio fratello abbiamo partecipato a quasi tutti questi tornei e ci siamo divertiti tantissimo. Il giorno della partenza eravamo tutti molto tristi, ma si sa che le vacanze sono belle perché durano poco. Il viaggio di ritorno è stato abbastanza movimentato: abbiamo dovuto aspettare più di due ore poiché gli aerei erano in ritardo. Nonostante tutto,questo viaggio rimarrà sempre nella mia mente.
Leo <95>

A Parigi


Quest’estate con i miei genitori e mio fratello sono partita per Parigi il 4 agosto dall’aeroporto di Fiumicino e anche se siamo decollati in ritardo, l’aereo fortunatamente è arrivato puntuale.
Appena arrivati, abbiamo preso la navetta per andare a Disneyland Paris e dopo una trentina di minuti siamo arrivati: la navetta faceva il giro di tutti gli alberghi e ognuno scendeva al proprio; il nostro era un
albergo stile far west, fatto di legno. Ci siamo recati alla reception e ci hanno dato le informazioni sui vari orari e sulle attrazioni e ci hanno consegnato subito la scheda (chiave) della camera.
Appena giunti in camera abbiamo lasciato le valigie e siamo entrati nel parco di Disneyland dove abbiamo provato alcune attrazioni; le mie preferite sono state “La torre del terrore” e delle montagne russe spettacolari di cui però non ricordo il nome.
Abbiamo anche visto uno spettacolo di stunt man che con auto e moto si esibivano in acrobazie fantastiche ed a velocità altissime.
Dopo questo soggiorno di due giorni siamo partiti per Parigi. Appena arrivati in albergo abbiamo preso la scheda della camera e lasciato le valigie. Poi con la metro siamo andati al Louvre dove tra i tanti quadri mi ha colpito la Gioconda (e la fila lunghissima per riuscire a vederla). Un pittore che mi è piaciuto è stato Giuseppe Arcinboldo, che in 4 quadri ha rappresentato le 4 stagioni, con i volti dei personaggi dipinti realizzati con vari frutti.
Il giorno dopo abbiamo visitato la piazza della Bastiglia e fatto un giro per la città.
Un’altra meta che mi è molto piaciuta è stata la tour Effeil, sia di giorno che di notte: di giorno, quando si sale in cima, si può vedere tutta Parigi invece di sera è uno spettacolo fantastico perché fanno dei giochi di luce.
Siamo stati a Montmartre un quartiere caratteristico di Parigi, situato su una collina.
Notre Dame mi è piaciuta molto anche se era buia, siamo saliti anche sulla torre con tantissimi scalini e quando siamo scesi eravamo tutti sfiniti per la stanchezza.
Abbiamo ammirato anche l’Arco di trionfo che mi ha colpito per la sua grandezza. In seguito siamo saliti sul bateau mouche sulla Senna che ci ha fatto fare il giro di tutti i ponti.
Un altro luogo molto interessante è stato Versailles, però abbiamo potuto ammirare soltanto gli immensi giardini, poiché la reggia era chiusa.
Mi è piaciuto anche il centro Pompidou (museo d’arte moderna), dove erano esposti oggetti dalle forme molto strane e quadri astratti.
L’ultimo giorno, dopo il centro Pompidou, ci siamo recati ai magazzini Lafayette, fantastici e con negozi di tutti i tipi, con un grandissimo terrazzo dove si poteva ammirare gran parte della città.
Sono rimasta molto colpita dal numero di linee metropolitane che si trovano a Parigi, perché sono in grado di portare i passeggeri da un capo all’altro velocemente senza soffrire i problemi del traffico si superficie.
Infine il pomeriggio del 13 agosto ci siamo recati all’aeroporto e siamo ritornati a Roma, che ci ha accolto con un caldo infernale(36 gradi) e ci ha fatto rimpiangere i 20 gradi di Parigi.
Black95

mercoledì 2 aprile 2008

Poesie


IL PULCINO SALVATORE
Un pulcino appena nato
da tutti i suoi compagni viene amato
e con grande entusiasmo
esclama PIO PIO!

I giorni passarono in fretta
ma la vita non è perfetta
accade un imprevisto
arriva un volpone mai visto.

PIO PIO inizia a fare
e tutti iniziano a scappare
per fortuna tutti sono al riparo
grazie al PIO PIO tanto amaro
ISA_95

I GATTI ARRABBIATI
Qualche giorno fa
Sono andata in campagna
Con i miei genitori
Per vedere i nonni
Hanno tanti tanti gatti
Molto molto arrabbiati
Non ti lasciano passare
Perché hanno delle unghie
Che ti fanno molto male
Alla fine fanno miauuuuuuu
Dee Dee

L’APE E IL MIO FRAPPÈ
L’ape viaggiava per la stanza
ed eseguiva una bella danza.
Viaggiava su per giù
sul mio nasino in su.
Con molta attenzione la scrutavo
ma allo stesso tempo l’ascoltavo.
ZZZZZZZZZZZ era il suo verso
da tutti gli altri era diverso.
Sempre furba e astuta è
quando osserva il mio frappè.
Ermia_95

venerdì 28 marzo 2008

Divertiamoci con la scrittura

Cenerentola, ma non troppo.
C’ era una volta in un paese molto-molto lontano una fanciulla soprannominata dalle sue sorellastre e dalla matrigna “Cenerentola” perché, visto che le tre donne la costringevano a fare la serva nella casa di suo padre, e non le concedevano trucchi perché si riteneva che non ne avesse bisogno, lei era costretta a usare,per imbellettarsi, la cenere del caminetto: si sentiva così graziosa! Il risultato però era che appariva sempre sporca.
Le sue giornate erano veramente molto faticose:
la mattina doveva alzarsi all’alba e dare da mangiare agli animali in cortile; poi doveva impegnarsi a rimettere a posto la casa e a preparare la colazione prima di svegliare le sorellastre e la matrigna che cominciavano quotidianamente a criticarla e, a volte, mentre bevevano il loro “ottimo” tè, a fare boccacce per prenderla in giro. In realtà Cenerentola non se ne curava molto perchè attribuiva quelle smorfie alla buona dose di lassativo che aveva loro propinato nella colazione. Riusciva a trovare conforto nell’osservare le loro fughe al bagno mentre si tenevano le pance.
La giornata scorreva cercando di esaudire i desideri più assurdi e stravaganti che le sorellastre riuscivano a trovare per lei: un giorno per esempio dovette rinfilare una grande quantità di perle di diverse collane che si erano rotte; le bruciavano gli occhi per quanto era lungo e faticoso quel lavoro. Anche quella volta però riuscì a
trovare un sistema per accettare tutto ciò: cosparse alcune gemme di estratto di ortica , peperoncino e cipolla. Che sensazione meravigliosa quando le vide prepararsi come dei pavoni ed uscire in pompa magna: dopo appena mezz’ora tornarono in preda ad una crisi isterica, avevano tutto il collo rosso cosparso di bolle d’acqua che tendevano al violaceo e non riuscivano a smettere di grattarsi e di piangere.
Per il resto la sua vita era veramente un disastro: la stanchezza non la lasciava mai, era sempre vestita di stracci, cosa che le sorellastre non mancavano mai di sottolineare, ed, eccetto pochi topini ed un cane un po’ scemo, non aveva un amico al mondo, una persona che le volesse solo un po’ di bene.
Soprattutto non nutriva nessunissima speranza per il futuro: non aveva istruzione, non un soldo o un altro posto dove andare a vivere, se non fosse stato per la Fata Smemorina…ma questa è un’altra storia!
Bibi

THE RING – O
Una ragazza di Parigi stava li a vedere la videocassetta, non sapeva che cosa poteva comportare vederla. Inizia la videocassetta, Samara esce dal pozzo con tutti i capelli davanti alla testa, con un vestito bianco, sporco, bagnato e con i piedi tutti insanguinati. Si incammina verso il televisore, esce dalla tv e attacca con il suo coltellino. Ma scivola sul tappeto infilandosi il coltello sulla coscia, piange e rientra nel televisore. Samara, guarita dalla ferita, aspetta che qualcuno veda la cassetta di The Ring e proprio in quel momento Ugo di Roma vede la cassetta. Samara si prepara, esce dal pozzo, si incammina verso il televisore. Quando sta per uscire dalla tv salta la corrente e Samara rimane incastrata tra la tv e il pozzo e Ugo dice: - ma che è sta robba, che figata aho! - Quando rimettono la corrente Samara cade dalla parte del pozzo e si fa male alla schiena. Guarita anche dalla schiena Samara aspetta con ansia un nuovo cretino che metta la cassetta di The Ring. Dopo 2 giorni il calciatore; Kakà affitta questa cassetta horror di Samara. Mette la videocassetta e con un bel pacco di Ringo si vede la videocassetta. Samara esce dalla tv e dice:- Io ti ucciderò- e Kakà risponde:- Noooo, aspetta trattiamo, Do you Ringo? -E Samara risponde: - Grazie! Grazie a te Da oggi non ucciderò più ma starò tutto il tempo a mangiare Ringo e la mia videocassetta cambierà nome e si chiamerà non più “The Ring” ma “The Ringo”. E vissero tutti felici e affamati di Ringo.
Ciambelle95

L’invasione aliena
In un fresco mattino di primavera, Giacomo si apprestò ad uscire da casa per andare a scuola. Quando vi arrivò, sentì tutti i suoi compagni che parlavano di uno strano fatto accaduto quella notte. Allora, incuriosito, andò dal suo amico Lorenzo e gli chiese informazioni sul fatto che aveva messo in agitazione tutta la scuola. L’amico gli spiegò che al telegiornale avevano fatto vedere un aereo che volava e che, ad un certo punto, si era polverizzato. Di quel velivolo non si avevano più notizie.
“ Strano che i miei genitori non me ne abbiano parlato”. Disse Giacomo.
“ Penso proprio che non te ne abbiano parlato per non spaventarti. Conoscendoti, sapevano che avresti pensato ad una invasione degli alieni”. Disse in modo scherzoso Lorenzo.
“ Non dire stupidaggini …” ad un certo punto suonò la campanella e i due compagni non poterono finire di parlare.
Nel pomeriggio, dopo la scuola, Lorenzo andò a casa di Giacomo per fare i compiti.
Dopo aver fatto il loro dovere, i ragazzi si diressero nella sala da pranzo e accesero il televisore. Sul primo canale un programma era stato interrotto per mandare in onda un edizione straordinaria del TG che trasmetteva un video. In questo video si vedeva una navicella spaziale, sconosciuta all’uomo, che volava sulla città di Giacomo e Lorenzo. I due ragazzi si diressero sul posto indicato nel video.
Il luogo lo conoscevano bene perché era vicino alla casa di Alberto, un loro caro compagno. I due amici alzarono gli occhi al cielo e videro la navicella che, piano piano, scendeva verso il terreno. Ad un certo punto, la navicella toccò il terreno e, davanti a loro, si aprì un portellone e comparve una sagoma. Era un alieno in squame ed ossa. Senza esitare, l’alieno dall’aspetto orribile, scese il primo gradino. Scese anche il secondo ma, arrivato al terzo gradino, inciampò facendo un ruzzolone senza precedenti. Il ruzzolone sembrava non finire più e a Giacomo scappò da ridere.
Arrivato con la faccia per terra, l’alieno chiese a Lorenzo:
“ Dove sono ?”
“ Ehm… sulla Terra”. Rispose spaventato Lorenzo.
“ Non è vero!!” disse l’alieno.
“ Invece è più vero di te!” controbatté il giovane.
Perdendo la pazienza, l’alieno diede un pugno a Lorenzo, lisciandolo clamorosamente.
Lorenzo, invece, rispose con un calcio, talmente forte, che fece rientrare nella navicella spaziale il mostro. Dopo essersi ripreso, l’extraterrestre scese i due gradini ma si fermò al terzo ricordandosi del volo di prima. Ad un certo punto, un fulmine, arrivato non si sa da dove, colpì in pieno l’alieno che si accasciò a terra dicendo:
“ Uffa, io volevo solo farmi degli amici, ma sono talmente idiota e sfortunato che solo le piante morte del mio pianeta morto mi accettano”.
Subito dopo, strisciando, si diresse verso i comandi della navicella e stava per premere il pulsante di rientro alla base quando Lorenzo e Giacomo lo chiamarono. Lui li guardò sorpreso e disse:
“Cosa volete?”
“Vuoi venire a mangiare una pizza con noi?”
L’alieno accettò felice.
Homer_95

IL KILLER COMICO
Dopo aver spiato per giorni e giorni il signor Giorgio, sotto false vesti, il killer decise che il giusto momento per intrufolarsi in casa sua sarebbe stato proprio quella notte alle 02:30. L’ ora fatidica scoccò e puntuale come sempre il killer con destrezza entrò nella casa del povero Giorgio mentre egli dormiva. Il misterioso killer aveva in mano una mannaia da cucina e quatto, quatto si avvicinava al letto di Giorgio. Nel percorso però urtò un tavolo che si ruppe ed andò a schiantarsi sopra la cuccia del cane che urlando fece cadere un quadro in testa al povero dormiente. Il ladro si buttò a terra, schiacciò il cane e lo uccise togliendoli il respiro. Il vecchio Giorgio però non fece una piega e continuò a dormire silenziosamente. Il killer che aveva già fatto fuori il cane pensò che forse aveva ucciso anche il padrone involontariamente. Dispiaciuto per l’inconveniente invece di scappare e rubare qualcosa come fanno i veri ladri lui si mise lì a piangere e a singhiozzare. Dopo ore e ore di pianto all’ alba si addormentò sdraiato sul pavimento e proprio in quel momento il vecchio signor Giorgio, che non ci vedeva più molto bene, si svegliò e scambiando il killer con il cane lo accarezzò e lo rimise nella cuccia mezza rotta. Il vecchio uscì a fare la spesa ma mentre era fuori il ladro si svegliò ma non trovandosi più il morto si mise a cercarlo per tutta casa, quando però se lo ritrovò davanti lanciò un urlo e morì di paura. Giorgio che ci sentiva molto male pensando che quell’ urlo fosse il cinguettio del suo uccellino fece come se non fosse successo niente. Ritrovarono le ossa del killer solo un anno dopo quando morì anche Giorgio.
Marco IIE

Storia Horror Comica
Il telefono squillò. Sara andò a rispondere di controvoglia,stava guardando il suo film preferito e odiava quando qualcuno la interrompeva. Alzò la cornetta del telefono e una voce bassa,quasi sussurrando le disse:- Sto venendo da te…-. Riagganciò. Probabilmente era suo fratello,lui si divertiva in quel modo,facendo scherzi stupidi alla sorella. Sara tornò a vedere il film e dopo neanche mezz’ora sentì qualcuno bussare alla porta. Probabilmente era il fratello,invece quando aprì si trovò davanti un ragazzo,con la faccia coperta da un passamontagna, e un coltello lungo almeno 30 cm. Un urlo,lui cercò di ucciderla ma lei scappò dentro casa e per cui la mancò. Sara andò in cucina e prese la prima cosa che vide: una pentola. Gliela tirò in faccia e gli ruppe il naso. Il ragazzo si tolse il passamontagna e Sara lo riconobbe : era Giuseppe il suo ex ragazzo ecco come faceva a sapere il suo numero di casa. Lui cercò di tirarle una coltellata ma la lisciò e al suo posto squarciò il divano del salotto. Cercò di colpirla più volte e più volte la lisciò centrando porte ,tavoli e sedie. Sara gli lanciò contro diversi oggetti come vasi,lampade e libri però lo mancò sempre. Sara stava per essere uccisa. Giuseppe si avvicinò con il coltello in mano e Sara disse:- Sappi che ti amo ancora...-. Poi chiuse gli occhi ma fu costretta a riaprirli subito perché aveva sentito un tonfo incredibile: Giuseppe era svenuto a terra per via del suo alito pestilenziale poiché, lei non si lavava i denti da 5 giorni.
Duff 95

Il campeggio
Dicono che fare campeggio si istruttivo e soprattutto divertente ma quando, a causa della pioggia e del forte vento, rimani senza tenda e bagnata fino all’osso, il parere cambia, comunque iniziamo dal principio.
Di questo campeggio si parlava ormai da mesi, i preparativi sono stati più lunghi della costruzione dell’arca di Noe ma alla fine siamo partiti, meta il Gran Sasso.
Giunti in paese con il pulman ci hanno fatto scendere e per arrivare al campo abbiamo camminato per altre due ore.
Il bosco era talmente fitto che dovevamo tagliare i rami per farci strada, tra male e bene siamo arrivati in una radura, dove ognuno di noi a cominciato a montare la propria tenda.
Stanchi del viaggio e della preparazione del campo ci siamo messi a dormire appena calato il sole ma, dopo poco più di un’ora o almeno credo, il mio cuore a cominciato a battere all’impazzata, ho sbarrato gli occhi, il rumore che sentivo era talmente forte che inizialmente ho creduto di trovarmi in una discoteca con musica Under Ground.
Realizzato che era un temporale, sono uscita dalla tenda giusto in tempo per vederla volare via e accorgermi che le tende dei miei compagni e i miei compagni non c’erano più, in quel momento ho capito che la montagna non fa per me.
Intorno a me c’era solo buio e il fischio del vento tra gli alberi che faceva rabbrividire.
Ho cominciato a correre tra gli alberi. Senza meta. Stavo piangendo a dirotto.
Mentre correvo qualcosa mi ha afferrato le caviglie, erano le radici degli alberi.
Di botto ho sentito delle urla acute, erano quelle di mio fratello più piccolo.
Ho cominciato a sudare freddo.
Non so come, all’improvviso ho aperto gli occhi, e ho visto le mani di quello scemo di mio fratello che continuavano a tirarmi le caviglie per buttarmi giù dal letto e la sua vocina acuta che urlava imperterrita, dicendo che dovevamo prepararci per partire per il campeggio.
E mi sono accorta che avevo fatto solo un brutto sogno.
Benny

RACCONTO COMICO
Ero davanti alle scaffalature verdi e pensavo a cosa sarebbe potuto piacere al mio padrone per pranzo. La pasta la odiava, il riso pure. Avrebbe vomitato davanti a una frittata o qualsiasi altra cosa fatta con le uova. Era fissato con la sua stramaledetta dieta. Diceva sempre che non si potevano mangiare grassi e che facevano male al fegato o all’intestino. Quella dieta ormai l’aveva ridotto in una specie di stecchino: i suoi folti capelli neri non s’intonavano per niente al suo viso bianco e magro e sul suo naso lungo e sottile posavano sempre un paio di occhiali con una spessa montatura rosso fiamma. Per non parlare del suo carattere: era odioso, in poche parole. Sempre silenzioso, quando apriva bocca parlava solo di politica e del suo lavoro (faceva l’impiegato in una banca).
In questo periodo era talmente impegnato che non aveva (o diceva non avere) il tempo per andare a fare la spesa. L’idea di mandare me era veramente pessima, però non potevo farci niente; tutta la gente mi guardava, mentre trascinavo quel carrello troppo pesante per me, che non andava mai dritto. Mi stavo annoiando, e pure parecchio.
Poi, quando voltai l’angolo, mi trovai davanti al mio reparto preferito: il reparto del cibo per gli animali. Andai spedito verso lo scaffale dei croccantini per i cani, eccola lì, la marca che mi piaceva.
Nel voltarmi per mettere la merce dentro il carrello vidi una ragazza per me bellissima: era larga circa come trenta scatoline di “croccantini crock” messe in fila una accanto all’altra. I suoi capelli erano corti e ritti sulla testa. Qua e la c’erano dei capelli tinti di verde, biondo platino, rosa e blu che le davano un aspetto simpatico. Rispetto alla sua grande pancia e alle sue grasse gambe i suoi piedi erano grassi e corti.
Proprio quello che si dice un colpo di fulmine. Le mie pupille avevano preso la forma di un cuore, come nei cartoni animati. Il mio pelo nero sembrava essersi schiarito e le mie piccole quattro zampe erano diventate bianche. Preso dall’eccitazione per sbaglio colpii una scatola di “croccantini crock” che, aprendosi, mi cadde in testa: di colpo mi ritrovai impiastrato di croccantini, mi si erano ficcai anche nelle orecchie.
Lei mi guardò, poi (con gran fatica) si inginocchiò e mi disse:
-Ma come sei carino! Ma che ce fai qua a pija la spesa? Vabbé visto che il tuo padrone non c’è ti porterò via io. Vediamo… il tuo nome da oggi in poi sarà Fido. Ti piace?-
Perché mi diceva “il tuo nuovo nome”? io mi chiamavo già Fido, però lei non lo poteva sapere, non poteva sapere niente di me, non poteva immaginare che ero un cane parlante.
Mi prese tra le braccia e mi mise nel carrello. Con ogni suo movimento goffo un barattolo di qualcosa cadeva per terra. Poi spostò i barattoli dal mio ex carrello al suo, e mi disse:
- Questi te li comprerò sempre per farti mangiare, va bene?-
- Per me non c’è problema, sono i miei preferiti, però se preferisci puoi darmi anche la pizza, ne vado pazzo. -
La ragazza, che si chiamava Chiara, rimase a bocca aperta quando mi sentì parlare e balbettò:
- Tu…tu…hai…hai…- era molto scioccata, ed io la interruppi:
- Sì, sì, ho parlato, sono un cane parlante. Come esiste il grillo parlante di Pinocchio può esistere anche un cane parlante, giusto?- Non sopportavo l’idea che qualcuno mi contraddicesse, mi stavo già innervosendo.
Non si era convinta, allora le dissi di dirigersi verso la cassa e, una volta usciti decisi di raccontargli la mia storia, ormai la sapevo a memoria, tante volte l’avevo raccontata.
- Io, nel passato ero un essere umano. A un anno, però, mi morse un cane mannaro, e mi fece uno strano effetto, perché, invece di essere sempre umano e durante la luna piena trasformarmi in un cane (avendo anche i sensi di un cane, e la lingua di un cane, bau bau) rimasi sempre un cane, però con i sensi di un umano, le emozioni di un umano e la lingua di un umano…-
Fui costretto a raccontargliela più volte fino a che non decise di credermi e tenermi con sé. Decidemmo di metterci insieme e dopo dieci anni ci sposammo. Ma avevo l’impressione di aver dimenticato qualcosa: ops…forse dopo dieci anni è un po’ tardi per riportare la spesa al mio ex padrone!
»-(¯`v´¯)-» ...ιѕσℓα95... »-(¯`v´¯)-»

mercoledì 12 marzo 2008

Le scuse di Pierino


Maestra:“Pierino perché ieri non sei venuto a scuola?”
Pierino:“Perché, visto che mia madre in primavera fa il cambio di stagione, mi ha lavato tutti i panni ed io mica potevo venire a scuola in pigiama o anche peggio in mutande!!!
Non è stata colpa mia ma, visto che è sotto antistaminico, è più lenta nei ragionamenti e pretendeva di mandarmi a scuola con i suoi vestiti che sono da donna e di due taglie più grandi!”.
Bibi

Ieri Pierino ha marinato la scuola e oggi il maestro gli chiede:- Pierino perché ieri non sei venuto a scuola?- Pierino risponde:- Ecco.. sono andato al funerale del nonno del mio vicino-
Il maestro meravigliato:- Come?! Al funerale del nonno del tuo vicino? Gli eri particolarmente affezionato?- e Pierino continua:- Veramente non lo conoscevo neanche il nonno del mio vicino… solo che i funerali dei miei nonni e tutti gli zii li ho finiti il l’ anno scorso!!!-
вℓα¢к_95

L’insegnante: -Perché ieri non sei venuto a scuola?
Pierino:Non sono potuto venire perché ieri ho dovuto accompagnare mia nonna in pasticceria.
A causa delle feste di Pasqua, ormai vicine, mia nonna, da brava nonna, doveva andare a comprare le uova di Pasqua per noi, i suoi nipoti.
Ieri infatti l’ho dovuta accompagnare nella pasticceria migliore della città e, poiché ha la dentiera, non poteva assaggiare le varie uova di cioccolato. E mi ha chiesto di farle da degustatore.
Mi dispiace tantissimo per la mia assenza, però non ho resistito alla dolcezza del cacao e, sinceramente, ho preferito assaporare i vari tipi di cioccolato piuttosto che essere interrogato in geografia.
Ermia_95

- Pierino, come mai ieri non sei venuto a scuola? – chiede la professoressa di italiano al ragazzo.
- Professoressa, lei lo sa, io sono un po’ distratto…e ieri quando mi sono messo gli occhiali prima di uscire di casa, be’, li ho messi all’incontrario; per quel motivo anziché prendere il 28 ho preso l’82 e sono finito in un altro quartiere…Poi quando sono sceso al capolinea non mi sono accorto di entrare in un ospedale anziché a scuola, credevo che avessero ritinteggiato la facciata. Quando sono entrato sono come sempre salito al secondo piano e sono entrato nella prima aula a destra; lì mi è venuto incontro una persona in camice bianco, pensavo che il bidello avesse finalmente lavato il suo. Ma quando mi ha fatto spogliare e sdraiare su una lettiga ho iniziato ad avere qualche dubbio…poi però mi sono addormentato, e non ricordo più bene…però vede che bel naso dritto mi hanno fatto? E quando mi sono risvegliato finalmente ho messo gli occhiali nel verso giusto, e ho capito quello che mi era successo!
Ibra95

Un sinistro scricchiolio


Era molto tempo ormai che un misterioso scricchiolio si era impadronito della classe 1^ D.
Era uno scricchiolio molto strano, continuo, faceva brevi pause ma poi ricominciava, si sentiva solo all’ interno della classe…
I ragazzi e gli insegnanti non ne potevano più e uscivano sempre dalla scuola con il mal di testa.
Lucia, una coraggiosa ragazzina di quella classe voleva risolvere il caso e scoprire la misteriosa fonte di quello strano cigolìo.
I giorni passavano ma a Lucia non venivano idee su quale poteva essere la provenienza del rumore tanto odiato. Lei passava le lezioni pensando e ripensando e, per questo, i professori erano costretti a richiamare spesso la sua attenzione.
Era un mercoledì, la primavera ormai era giunta e Lucia era in classe, pensosa.
La professoressa di artistica era intenta a creare un cartellone di Monet insieme agli alunni quando chiese a Lucia, riportandola bruscamente alla realtà, di andare a prendere i colori in un malandato armadio in fondo alla classe. Lucia non fu felice di dover andare a svolgere il suo compito proprio in quell’ armadio perché non ci si avvicinava mai nessuno e già da tempo era oggetto di strane storie che gli giravano intorno.
Riluttante aprì le ante, scansò i cartoncini colorati in cerca dei pennarelli e una spaventosa visione le apparve. Una donna trasparente con una faccia deformata, resa spaventosa dal tempo, una spilla arrugginita, sulla quale si distingueva ancora la scritta “Preside ”, sul petto e delle forbici strette nelle mani raggrinzite, la fissava.
Lucia rimase immobile fino a quando tutta la classe le fu accanto, la professoressa ordinò a alcuni alunni di andare a chiamare bidelli, professori e preside e ad altri di accompagnare Lucia al bagno fino a quando non si fosse sentita meglio.
Quando Lucia tornò trovò l’ intero personale scolastico nella classe ma, poichè era rimasta molto scioccata dal recente avvenimento, si sedette al suo posto, posò la testa sul banco e chiuse gli occhi.
Non seppe mai quanto tempo era passato da quando era tornata dal bagno ma, quando si svegliò, trovò davanti agli occhi uno spettacolo assai insolito: il fantasma fluttuava pacifico per la classe, colorando, ritagliando, incollando e, ogni tanto scambiando qualche parola con la professoressa o con gli alunni.
Quando l’ insegnante si accorse che Lucia era sveglia la rassicurò e cominciò a raccontarle ciò che era accaduto mentre lei dormiva: la preside aveva parlato con il fantasma, che risultò poi essere l’ anima di una vecchia preside. Questa aveva riferito che non voleva fare del male a nessuno ma voleva soltanto uscire da quell’ armadio dove era stata rinchiusa per troppo tempo e per riuscirci aveva tentato di scavare un varco nella parete con quelle forbici. Desiderava tanto essere ancora in mezzo ai ragazzi e poter essere utile a qualcuno, ascoltare quel chiacchiericcio misto a risate spensierate e il rumore delle pagine di libri e quaderni che venivano sfogliati; ma temeva di non essere ben accolta perché… diciamolo…era un po’ diversa.
Non aveva mai voluto lasciare la sua scuola perché lì aveva passato i migliori anni della sua vita: la scuola era stata tutto per lei.
Per fortuna era stata liberata da quella simpatica ragazza.
Da quel giorno Lucia stette molto più attenta alle lezioni e fece anche amicizia con il fantasma.
Bibi

Da un po’ di tempo nella scuola “Dante Alighieri”, precisamente nella I D c’era uno strano scricchiolio… non si sa dove provenisse né cosa provocasse questo rumore molto fastidioso, poiché aveva una regolarità, infatti ogni due secondi si ripeteva.
Alunni e professori avevano eseguito un accurato controllo di ogni angolo dell’ aula di giorno ma gli esiti erano stati negativi.
Non si sapeva che spiegazione dare, anche se bisognava trovarla al più presto, perché gli alunni di quella classe non ce la facevano più a sopportare questo rumore.
Una notte, il signor Antonio, il custode della scuola, stanco di quello scricchiolio, si recò al primo piano, dove c’era la I D. Ispezionò a fondo (armato di torcia) la classe e mentre avanzava verso l’ armadio quello scricchiolio si trasformò piano piano in un lamento, sembrava quasi un singhiozzo… guardò dietro l’armadio e vide un…alieno!! Il signor Antonio per lo spavento sbiancò e anche la mano iniziò a tremargli e di conseguenza la torcia iniziò a vibrare.
Il piccolo alieno era più spaventato da lui e con quei suoi grandi occhioni verdi acqua lo iniziò a fissare tremando (probabilmente durante la visita della terra, l’alieno si era allontanato dalla famiglia perdendosi).
Il custode chiamò subito la polizia che arrivò dopo pochi minuti, appena i poliziotti videro l’alieno non riuscivano credere ai loro occhi ma non perdettero tempo: telefonarono subito ai ricercatori degli ufo. Dopo circa un’ ora quelli arrivarono, portarono l’alieno su un camion e poi lo condussero in una stanza grandissima, lo legarono e iniziarono ad esaminarlo, però ogni tanto il piccolo alieno scompariva dalla loro vista, sembrava scomparso ma in realtà aveva il potere di diventare invisibile: ecco perché di giorno non lo potevano vedere, si rendeva invisibile per paura di essere scoperto e catturato dai terrestri.
Il giorno dopo sui quotidiani a caratteri cubitali, si leggeva: “Alieno trovato dal custode, in un’ aula della scuola Dante Alighieri”. La mattina, Antonio, entrando nell’ atrio della scuola, trovò giornalisti, provenienti da tutto il mondo, che volevano sapere come era avvenuta la scoperta. Antonio, tutto orgoglioso, rispondeva alle loro domande e pensava che aveva contribuito a provare l’esistenza di altre creature nell’Universo e a liberare la I D da quel fastidioso rumore.
Riguardo all’alieno… beh, lui fu imbarcato su una navicella spaziale e ora ancora vaga nello spazio alla ricerca dei suoi genitori.
вℓα¢к_95

Gli alunni della prima D si trovavano in classe tutti seduti in silenzio. Stavano seguendo la lezione di scienze.
La professoressa stava iniziando a spiegare la vita degli animali, precisamente quella degli uccelli e ad un certo punto l’attenzione degli alunni era scomparsa. Si era posata su un rumore che proveniva dalla parte sinistra dell’aula. In quella parte vi erano due finestre e il rumore, probabilmente, proveniva proprio da una di quelle.
Ad un certo punto suonò la campanella: quella della ricreazione! Era ora!
I dieci minuti dell’ intervallo, però, durarono pochissimo e i ragazzini dovettero risedersi subito nei loro posti per poi farsi trovare in ordine dalla professoressa dell’ora successiva.
Gli alunni pensavano solo alla causa di quel rumore e seguivano la professoressa distrattamente. Erano riusciti a capire che il rumore proveniva da una delle due finestre ma al di fuori di queste, secondo loro, non vi era niente e nessuno.
Le due ore passarono, sebbene con lentezza, e finalmente la campanella dell’ultima ora suonò.
I ragazzini della prima D erano stati i primi ad uscire e si fermarono nel cortile ad aspettare i ragazzi della seconda E, che erano più grandi di loro di un anno.
I ragazzi della prima D avevano aspettato i ragazzi della E perché, secondo loro, insieme sarebbero riusciti a risolvere il caso.
I ragazzi insieme si recarono nel luogo sul quale la classe prima D si affacciava.
Iniziarono a circondare l’edificio scolastico, alcuni ragazzi si recarono in un piccolo vialetto davanti alla scuola e si accorsero che sopra una delle due finestre dell’aula della prima D vi era un delizioso nido di uccellini.
Ogni giorno gli uccellini si recavano in un piccolo angolo della finestra sul quale erano presenti alcuni pezzi di merenda e, mentre mangiavano emettevano dei rumori con i loro becchi, simili a scricchiolii.
Dopo aver risolto il caso, i ragazzi iniziarono a giocare con i passerotti accarezzandoli.
Quella parte esterna della scuola era diventata simile alla piazza più importante di Venezia. Tutti i passerotti volavano, erano una decina, e si facevano tutti accarezzare volentieri dagli alunni.
I ragazzi erano riusciti finalmente a risolvere lo strano caso dello scricchiolio, l’unione aveva fatto la forza!
Ermia_95

Era martedì e la professoressa Mariani entrò in 1^ D per la consueta lezione di storia, quando ad un tratto, mentre stava spiegando, sentì uno strano ed insistente rumore che non seppe identificare: per un po’ non ci fece molto caso, poi pensò che fosse la suoneria di un cellulare - ma erano tutti spenti! – o forse un alunno che giochicchiava con le penne - ma erano tutti attenti!
Anche nei giorni seguenti il rumore persisteva e la professoressa si incuriosì sempre di più, senza però riuscire a capire quale fosse il motivo. Allora, oramai in preda ad una feroce curiosità, la prof decise di tornare a scuola di notte, per scoprire la causa di questo strano rumore.
Per la sua missione investigativa la professoressa rimediò una torcia, un passepartout, dei guanti, una grande lente di ingrandimento e soprattutto Watson, un abile cane detective specializzato nel rintracciare rumori e che non si separava mai dal suo berretto alla Sherlock Holmes, identico a quello che indossava la prof. E così una sera questa si recò in punta di piedi nella classe (Watson ovviamente in punta di zampa) e i due udirono subito il rumore. Il cane si lanciò subito verso l’origine del rumore, in fondo alla classe, in un angolo coperto dall’armadio. Qui Watson scovò un ragno mutante sfuggito ad un esperimento della professoressa di scienze; a causa delle mutazioni subite il ragno russava molto rumorosamente, quasi come un orso in letargo: evidentemente trovava le lezioni della professoressa Mariani rilassanti tanto da conciliargli il sonno. La prof all’inizio pensò di schiacciarlo, ma poi considerò che non si era mai visto un ragno che russava in quel modo, e così per il momento decise di lasciarlo lì.
Il giorno dopo mostrò il ragno mutante alla collega di scienze, che lo riconobbe, e insieme stabilirono per il momento di lasciarlo vivere. Rimaneva però il problema del rumore di sottofondo durante le lezioni. Per fortuna una sera, mentre stava per guardare Benigni in televisione, vide la pubblicità di un prodotto contro il russamento; il giorno dopo lo comprò in farmacia e poi lo somministrò al ragno: i risultati ci furono eccome, e così la professoressa rinunciò definitivamente a schiacciare il ragno, il quale da allora continuò a farsi le sue belle dormite, finalmente silenziose!
Ibra95

In una fredda giornata di Dicembre la professoressa Snuph decise di interrogare a sorpresa nella 1D, ma come tutti sospettavano interrogò Filippo Rugeri (un povero ragazzo che veniva interrogato perennemente in scienze) il poveretto andò male come al solito così decise di fargliela pagare una volta per tutte, perciò prese un cacciavite e allentò le viti della lavagna e quando la prof. Snuph si sedette vicino alla cattedra la lavagna le cadde in testa. Chiamarono subito un’ ambulanza ma purtroppo arrivò troppo tardi.
Oggi il fantasma della professoressa Snuph vaga ancora nella scuola mangiando dalla rabbia tutti i gessi che incontra, per questo ci sono dei giorni in cui risuonano nella scuola degli strani cigolii che nessuno sa spiegare.
Minù95

sabato 23 febbraio 2008

Storie naturali


Io mi chiamo…
Io mi chiamo Ciottolotto e sono una pietra tonda, liscia, grigiastra e non molto grande. Mi trovo tra le radici di una grossa quercia al centro di una radura dove passa anche un fiumiciattolo dai fondali bassi e dall’ acqua cristallina che scorre proprio davanti a noi. Il mio migliore amico si chiama Cric ed è la radice alla mia destra, ogni giorno facciamo lunghe chiacchierate, a volte litighiamo ma poi facciamo subito pace. Cric si chiama così per via del rumore che fa quando viene calpestato, il che avviene molto spesso.
La mia vita può sembrare noiosa , invece è molto movimentata. Tutti i giorni vedo un sacco di cose interessanti: ogni mattina Trillo, lo scoiattolo, viene da me e da Cric per riferirci tutte le notizie fresche-fresche del bosco e poi ci inabissiamo in lunghe chiacchierate dalle quali torniamo a galla solo dopo un’ ora. Quando Trillo va via io e Cric cominciamo ad osservare tutte le creature che passano per la radura in attesa del momento più divertente della giornata: lo scherzo quotidiano che facciamo a Tota, la volpe. Lei è diversa dalle altre volpi perché non è furba ,ma ingenua e stupida, anche se lei crede di essere molto intelligente ed astuta come le altre e quindi il più delle volte è di un presuntuoso che fa quasi rabbia.
Lo scherzo consiste nel far cadere Tota nel fiume grazie ad uno sgambetto di Cric. Il bello è che Tota non si rende conto che è lui a farglielo, continua a passare a portata di radice, ed ogni giorno esce dalla radura tutta bagnata.
Per concludere la giornata io e Cric ammiriamo estasiati il cielo tinto di rosso da un sole gigante che va a morire dietro le colline: siamo proprio due romanticoni!
Bibi

Il sassolino Rocky
Io mi chiamo Rocky sono un sassolino e, come la maggior parte dei sassolini, sono grigio e molto sporco (è da tanto che qualche bambino non mi lancia in una fontana), per ora sono dentro Villa Torlonia, prima ad esempio sono stato a Villa Massimo, Villa Paganini ecc. perché molti ragazzini mi usano come arma (con la fionda o mi lanciano semplicemente con le mani) oppure mi prendono a calci, o mi infilano dentro le tasche e, ovviamente, essendo qualcuna bucata, io scivolo per terra e mi ritrovo in un altro posto.
Quando ero a villa Massimo mi divertivo un mondo perché andavo sempre sulle giostre anche se a volte finivo dentro una di quelle tazzone che girano e mi veniva da vomitare, alcune volte invece mi ritrovavo nella sala giochi a vedere le corse delle Ferrari (adoro le Ferrari specialmente quelle rosse) oppure a giocare a pin-ball. Di Villa Paganini non ricordo molto, solo che finivo sempre sulle fionde e arrivavo ad una velocità che per me era altissima (dato che sono un sasso), o altre volte per poco non finivo sotto uno skate o una bici.
Ora invece sono qua e ci sono giornate in cui mi diverto tantissimo poiché (come al solito finisco dentro delle tasche) vado sullo scivolo e sull’ altalena, altre volte ci sono giornate deprimenti e mi annoio da morire perché ormai ho visitato tutto: la casina delle civette, il casino dei principi, il casino nobile, tutte le varie fontanelle, conosco tutti gli angoli, tutto di tutta la villa, infatti mi meraviglio pure io perché è da tanto che non vengo trasferito in un’ altra villa…. Ma…ma cosa succede?!? Ah mi stanno raccogliendo di nuovo… però ora sto uscendo dalla villa… ora spero di finire in un’ altra villa e non di finire su un marciapiede… quando saprò in quale villa sarò gettato vi racconterò…
Black95

Nina la stella marina
Io mi chiamo Nina, sono una stella marina.
La mia giovinezza è stata molto movimentata e non la posso definire monotona!
Il mio habitat naturale è ancora oggi il Mar Mediterraneo, solo che adesso mi trovo posizionata su un caminetto di una casa che si affaccia sul mare!
Nella mia dolce e tenera età, quando ero ancora una piccola stellina, mi trovavo nel mare dove l’acqua non era molto profonda. Mi trovavo precisamente in Egitto.
Un giorno però il mio piccolo e grazioso corpo, se si può definire così, venne preso da una manina.
Ricordo ancora quel giorno! Era una mattina d’agosto e alcuni bagnanti facevano di tutto per immergersi nell’acqua. Le persone che si immergevano nel mare non facevano altro che calpestarmi.
Ma ad un certo punto una la manina di un bambino mi prese e mi portò sul bagnasciuga.
Il bambino era svedese e l’avevo riconosciuto dalla lingua che parlava e dal colore dei capelli.
Aveva anche un fratello più grande, che lo aiutava a costruire castelli di sabbia.
Quei castelli erano davvero molto graziosi e mi sarebbe piaciuto abitarci dentro, solo che io in quell’abile costruzione ero servita solo come elemento di decorazione! I due fratelli giocarono con me per ben tre giorni e alla fine mi abbandonarono, lasciandomi su una parete del castello di sabbia.
Rimasi in quella posizione per pochi giorni perché qualche giorno dopo venni scaraventata a terra dalla pioggia e dal vento incessante. Mi trovavo proprio tra la sabbia asciutta e quella bagnata.
Restai su quella spiaggia per un anno intero e l’anno seguente una dolce mano delicata mi raccolse. Non avevo mai sentito una mano così vellutata.
Era la mano di un bambino italiano. Il bambino mi prese e mi ripose nella sua valigia. Eravamo ormai pronti per il viaggio verso l’Italia.
Non avevo avuto modo di conoscere bene l’Italia.
Viaggiammo in aereo e sinceramente non mi sentivo per niente bene!
Dopo esser arrivati nella casa del bambino, quest’ultimo disfò la valigia e mi sistemò sul caminetto, il luogo nel quale mi trovo ancora oggi.
Il caminetto si trova davanti al balcone che si affaccia sul mare.
Nel vedere il mare così lontano mi viene nostalgia per molti motivi.
Il primo è che sento il mio corpo secco e il secondo è che in questo preciso instante vorrei solo trovarmi sulla mia adorata spiaggia.
Visto da qui il mare è solo un sogno e un desiderio irrealizzabile!
Però trovarmi qui è anche molto bello perché riesco ad ascoltare i discorsi delle persone.
Ogni tanto qualcuno accende la televisione e riesco a seguire dei documentari molto interessanti trattanti la vita marina.
Io vivo in questa casa da ben dieci anni e ho visto crescere il bambino che mi raccolse dal bagnasciuga e che mi portò con lui. Ormai è un uomo!
Il tempo passa e io rimango qui notte e giorno ad ammirare la mia vita: il mare!
Ermia95

Mela verde & Banana Co.
Supermercato. Luogo pieno di gente, di caos, di rumori. Gente che parla, che ride, gente mogia mogia e gente indecisa se prendere i cereali al cioccolato o quelli alla vaniglia. Tutti immersi nelle loro spese e nei loro pensieri, nessuno si accorge che in fondo al reparto della frutta, vicino alle cassette delle arance, ci sono una mela verde e una banana che chiacchierano allegramente su Hollywood e sul gossip. La mela verde chiacchiera a voce sommessa ed è intenta a calmare l’eccitazione della banana che racconta vivacemente la storia della sua vita, da quando è stata raccolta fino a quando l’ hanno riposta nella cassetta delle banane e momentaneamente si aggiusta il ciuffo castano. La mela verde rivela alla banana che il suo sogno nel cassetto è diventare la mascotte di una famosa marca di mele verdi. Non c’ è molto da dire sulla mela verde, è una piccola mela di colore verde chiaro senza nessuna macchiolina marrone ed un piccolo picciolo in cima. La sua famiglia è stata trasferita in vari supermercati di Roma, forse è per questo che è molto riservata e schiva ma se qualcuno la conosce meglio trova sotto la buccia dura una dolce polpa. La banana è un frutto piuttosto allegro e vivace, lo si nota dal colorito giallo acceso e dal ciuffo castano che si aggiusta continuamente. E’ stata raccolta in Brasile ed è stata importata in Italia da qualche mese ma conosce già bene gli acquirenti italiani e i loro gusti. Quando un suo amico è in difficoltà lei non aspetta due secondi ad aiutarlo. La banana da quell’anima semplice che è, dice che non è tanto difficile diventare una mascotte e convince la mela a lucidarsi tutta la buccia e a curarsi il picciolo perché presto sarebbe arrivato un talent scout pronto a portarla in uno studio televisivo. La mela verde si fa tutta bella e intanto la banana sguscia fuori dalla cassetta e va a cercare un talent scout nei meandri del supermercato. Per sua fortuna, la banana trova quasi subito il talent scout e, dondolandosi davanti a lui, attira la sua attenzione. La banana dondola fino alla cassetta delle mele e il talent scout, che l’ ha seguita per tutto il tempo, rimane abbagliato dalla bellezza della mela e la compra insieme alla banana. La mela verde e la banana hanno un gran successo nel mondo dello spettacolo e, se trovate in giro una limousine verde e gialla, sappiate che quella limousine appartiene alla Mela verde & Banana Co.
The Phoenix

una nuova vita per Fit
Io mi chiamo Fit, sono un piccolo sasso. Fino a qualche tempo fa vivevo vicino alla riva di un lago, davvero un bel posto per viverci, sino a quando però non costruirono un centro turistico balneare.
Da quel giorno tutto cambiò, ero preso dalla mattina alla sera da ragazzini che con una fionda mi lanciavano addosso a Fred, un albero mio amico. Alla fine della giornata stavamo male tutti e due, io per il mal di testa, lui per le contusioni che involontariamente io stesso gli procuravo; tutto ciò andò avanti per un paio di mesi, sino a quando una mattina, poco prima delle sei, proprio quando il sole stava sorgendo, un ragazzo mattutino mi gettò nel lago: all’inizio ebbi una fifa cane, ma poi quando sfiorai l’acqua mi sentii volare, era una sensazione bellissima rimbalzare leggero sull’acqua, sino a quando non andai a sbattere sull’unico scoglio del lago. Appena lo colpii mi disse:
“Coma va, Fit?”
“Bene, Bob, grazie!”
Poi scivolai nuovamente nel lago, dentro l’acqua, e mi ritrovai in un mondo tutto diverso e, cosa più bella, c’era una gran calma, la mia adorata calma che mi mancava così tanto da alcune settimane! C’erano tantissime forme di vita, diverse da quelle che conoscevo lassù, sulla terra ferma: i pesci, i gamberetti d’acqua dolce, le alghe, e altre ancora, ognuna con un colore diverso, era davvero uno spettacolo magnifico. Poi mi accorsi che proprio sotto di me c’erano dei sassi, proprio uguali a me, e tra questi riconobbi il mio vecchio amico Gino: fu bellissimo incontrarsi di nuovo dopo tanto tempo, quando scomparve nell’acqua pensavo non lo avrei mai più rivisto. Gino mi raccontò che, durante un giorno di tempesta, un’onda lo aveva preso mentre lui se ne stava tranquillo in riva al lago, per portarlo poi giù in fondo. La cosa più bella, mi spiegò Gino, era che in quel posto non c’erano uomini e che quindi noi eravamo liberi, liberi! Quella notte ci fu una grande festa, i pesci ballavano, i gamberi suonavano, e noi sassi facevamo il karaoke mentre tenevamo il ritmo.
La mattina dopo ci svegliammo tutti tardi e, appena aperti gli occhi, ci ritrovammo sopra la testa una cosa gigantesca, da cui scesero due strane creature dalle zampe palmate e che sulla schiena portavano degli strani aggeggi cilindrici; gli occhi erano ricoperti da strani occhiali particolarmente spessi. Noi cercammo tutti di scappare, ognuno come poteva, ma fu inutile, quelle strane creature – che si rivelarono poi essere umani travestiti – con delle retine presero molti pesci e gamberi per poi tornare in superficie e andarsene con quella strana cosa.
Da quel giorno capii che l’uomo, purtroppo, si trova ovunque: acqua, terra, e anche cielo! E così pensai che forse avrei dovuto sotterrarmi, proprio come mio cugino Fat!
Ibra95

La storia di Pino
Io mi chiamo Pino, e sono un albero. Abitavo in questo bosco da circa dieci anni. Le mie giornate erano tutte uguali, tutte in piena solitudine. Il bosco dove alloggiavo si affacciava su una collina deserta, le uniche creature viventi che vedevo di tanto in tanto erano uccelli, scoiattoli e cervi. Sempre e solo.
Ma un giorno, da dietro la collina, comparve una grande cosa gialla con quattro cose nere che giravano e la facevano muovere. Il Fico, mio cugino, mi disse che si trattava di un “camion”. Una volta a pochi metri da me quel coso si aprì, e da dentro di lui uscirono due creature molto bizzarre: camminavano eretti su due zampe e non avevano peli a parte che sulla cima della testa. Addosso portavano dei pezzi di stoffa colorati.
- Hai visto? Sono umani e quella roba che portano addosso li chiamano vestiti. Sono una specie poco evoluta e senza cervello. Stanno rovinando il mondo. Adesso ci ammazzeranno e chi lo sa cosa diventeremo.-
Come aveva previsto il mio saggio nonno un umano prese uno strumento letale e mi ammazzò. A quel punto mi addormentai.
Quando mi svegliai mi ritrovai insieme ad alcuni dei miei fratelli e cugini nel camion che prima avevo visto. Mio nonno non c’era, evidentemente l’avevano considerato troppo grande per entrare in questo camion.
Mi portarono in un posto strano, mi tolsero tutte le foglie poi mi tritarono, lavarono e mi fecero passare in una griglia di metallo. Ne uscì uno strato enorme, leggero e bianco. Come se non bastasse quello che mi avevano già fatto, mi disegnarono dei quadretti sulla pelle, mi tagliarono, piegarono e spillarono. Poi mi misero di nuovo sul camion e mi portarono in una cartoleria. Due giorni dopo un piccolo uomo mi prese, dando in cambio alla proprietaria della cartoleria delle cose tonde di metallo.
Tutti i giorni mi portava in un posto dove c’erano tanti piccoli uomini seduti su dei tavoli (riconobbi tra questi mio fratello, Abete, che abitava nel mio stesso bosco) e poi c’era un uomo grande che spiegava loro la matematica, le scienze, la letteratura, la storia, la geografia... Ogni volta che questa persona parlava, il mio proprietario mi tagliava la pelle con un affare che tutti chiamano penna. Una volta che mi trafisse del tutto, avanti, dietro, sopra e sotto mi lasciò cadere in un grande recipiente verde. Un camion mi venne a prendere e, ahimé, mi portò in una discarica dove mi bruciarono.
Isola95

giovedì 10 gennaio 2008

Al supermarket


Gino il mandarino

Gino è un mandarino dalla buccia arancione però liscia perché a forza di piangere, la sua superficie si è levigata, infatti è molto timido e sensibile e ogni offesa lo fa piangere lacrime aspre.
Un giorno Gino il mandarino si ritrovò nella cassetta delle mele, forse una signora distratta non l’ aveva rimesso nella sua cassetta, molto spaventato si guardò intorno e vide che delle mele originarie della “Val di Si” lo fissavano minacciose e in particolar modo il Boss Mela Marcia. Il boss era molto grande e la sua buccia era marrone, viveva nel supermercato ormai da tanto tempo perché nessuno l’aveva mai comprato per la sua buccia bucherellata. Il boss era molto prepotente e con arroganza gli disse: “Tu cosa ci fai qua! Lo sai che la nostra cassetta è vietata a tutti i tipi di frutta (tranne le mele, è ovvio) ma specialmente a voi mandarini perché avete tanti semi e uno deve stare sempre attento a non ingoiarseli!” Gino si sentì offeso e incominciò a piangere lacrime aspre, e poiché si trovava in bilico sul bordo della cassetta si diede una spinta e cadde nel carrello della spesa della stessa signora che lo aveva riposto male. Prontamente la signora si accorse della presenza dell’intruso nel suo carrello e lo ripose nella cassetta, quella delle pere……..

вℓα¢к95

Il gran premio del supermercato

Vicino a casa mia c’è un supermercato dove i carrelli per la spesa di notte vengono messi all’interno vicino alle casse e, tutte le sere, i carrelli si animano e organizzano delle gare di velocità tra i banchi del supermercato.
Oggi è il giorno della finalissima, i concorrenti sono due e si chiamano: Kruscotto e Cocacola Team.
Il circuito parte dalla cassa numero 1, percorre il rettilineo del banco dei formaggi, gira per la curva delle acque minerali, il piccolo rettilineo del banco ortofrutta e le due curve del banco del pesce e quello dei surgelati con l’arrivo alla cassa numero 10. Il giudice di gara è il cartello delle offerte speciali che si trova a metà percorso, madrina della manifestazione è la scopa elettrica di nuova generazione, esposta nel reparto casalinghi di nome Elettrina Lei è molto ammirata dagli altri articoli del reparto casalinghi e, pur accorgendosi di questo, non si dà molte arie, anzi è sempre simpatica con tutti.
Una volta partiti i carrelli, si è acceso il tifo di tutti gli articoli esposti nel supermercato anche se, nella furia della corsa, i carrelli sbattono qua e la sulle merci esposte.
I due contendenti sono molto vicini e di continuo si sorpassano l’uno con l’altro, là velocità è elevatissima e Kruscotto, che è il più prepotente di tutti i carrelli e vuole sempre vincere, anche barando, con delle manovre scorrette non fa passare Cocacola Team che è il più veloce.
Lui ha le ruote di dietro diverse da quelle davanti perché quelle posteriori si erano rotte e, non avendole trovate uguali, gliele hanno montate diverse, questo però per lui è un vantaggio perché le ruote sono più grandi e quindi il carrello va più veloce degli altri. Cocacola Team non viene usato dai clienti del supermercato, lo usano i commessi per trasportare le bottiglie di Coca Cola.
Ha un carattere scherzoso e tutti gli vogliono bene e con il suo fascino e la sua gentilezza attira l’attenzione di tutte le casse del supermercato.
Arrivati alla cassa numero 10, Cocacola Team, approfittando di uno spazio che si è aperto davanti a lui, riesce ad arrivare per primo e vincere la coppa del nonno nel reparto gelati, consegnata dalla ammiratissima scopa Elettrina.

Isa_95

Amore a prima vista

Ero davanti alle scaffalature verdi e pensavo a cosa sarebbe potuto piacere al mio padrone per pranzo. La pasta la odiava, il riso pure. Avrebbe vomitato davanti a una frittata o qualsiasi altra cosa fatta con le uova. Era fissato con la sua stramaledetta dieta. Diceva sempre che non si potevano mangiare grassi e che facevano male al fegato o all’intestino. Quella dieta ormai l’aveva ridotto in una specie di stecchino: i suoi folti capelli neri non s’intonavano per niente al suo viso bianco e magro e sul suo naso lungo e sottile posavano sempre un paio di occhiali con una spessa montatura rosso fiamma. Per non parlare del suo carattere: era odioso, in poche parole. Sempre silenzioso, quando apriva bocca parlava solo di politica e del suo lavoro (faceva l’impiegato in una banca).
In quel periodo era talmente impegnato che non aveva (o diceva non avere) il tempo per andare a fare la spesa. L’idea di mandare me era veramente pessima, però non potevo farci niente; tutta la gente mi guardava, mentre trascinavo quel carrello troppo pesante per me, che non andava mai dritto. Mi stavo annoiando, e pure parecchio.
Poi, quando voltai l’angolo, mi trovai davanti al mio reparto preferito: il reparto del cibo per gli animali. Andai spedito verso lo scaffale dei croccantini per i cani, eccola lì, la marca che mi piaceva.
Nel voltarmi per mettere la merce dentro il carrello vidi una ragazza bellissima: aveva lunghi capelli neri e bellissimi occhi dello stesso colore dei capelli, le pupille non si vedevano.
Proprio quello che si dice un colpo di fulmine. Le mie pupille avevano preso la forma di un cuore, come nei cartoni animati. Il mio pelo nero sembrava essersi schiarito e le mie piccole quattro zampe erano diventate bianche.
Lei mi guardò, poi si inginocchiò e mi disse:
-Oh povero piccolo cagnolino! Il tuo padrone ti ha abbandonato? Non c’è nessun problema, puoi venire ad abitare a casa mia. Vediamo… il tuo nome da oggi in poi sarà Fido. Ti piace?-
Perché mi diceva “il tuo nuovo nome”? io mi chiamavo già Fido, però lei non lo poteva sapere, non poteva sapere niente di me, non poteva immaginare che ero un cane parlante.
Mi prese tra le braccia e mi mise nel carrello. Poi spostò i barattoli dal mio ex carrello al suo, e mi disse:
- Questi te li comprerò sempre per farti mangiare, va bene?-
- Per me non c’è problema, sono i miei preferiti, però se preferisci puoi darmi anche la pizza, ne vado pazzo. -
La ragazza, che si chiamava Chiara, rimase a bocca aperta quando mi sentì parlare e balbettò:
- Tu…tu…hai…hai…- era molto scioccata, ed io la interruppi:
- Sì, sì, ho parlato, sono un cane parlante. Come esiste il grillo parlante di Pinocchio può esistere anche un cane parlante, giusto?- Non sopportavo l’idea che qualcuno mi contraddicesse, mi stavo già innervosendo.
Non si era convinta, allora le dissi di dirigersi verso la cassa e, una volta usciti decisi di raccontargli la mia storia, ormai la sapevo a memoria, tante volte l’avevo raccontata.
- Io, nel passato ero un essere umano. A un anno, però, mi morse un cane mannaro, e mi fece uno strano effetto, perché, invece di essere sempre umano e durante la luna piena trasformarmi in un cane (avendo anche i sensi di un cane, e la lingua di un cane, bau bau) rimasi sempre un cane, però con i sensi di un umano, le emozioni di un umano e la lingua di un umano…-
Fui costretto a raccontargliela più volte fino a che non decise di credermi e tenermi con sé. Da quel giorno vivemmo per sempre felici e contenti.
Ops… forse dopo dieci anni è un po’ tardi per riportare la spesa al mio ex padrone.

Isola95

Mela verde & Banana Co.

Supermercato. Luogo pieno di gente, di caos, di rumori. Gente che parla, che ride, gente mogia mogia e gente indecisa se prendere i cereali al cioccolato o quelli alla vaniglia. Tutti immersi nelle loro spese e nei loro pensieri, nessuno si accorge che in fondo al reparto della frutta, vicino alle cassette delle arance, ci sono una mela verde e una banana che chiacchierano allegramente su Hollywood e sul gossip. La mela verde chiacchiera a voce sommessa ed è intenta a calmare l’eccitazione della banana che racconta vivacemente la storia della sua vita, da quando è stata raccolta fino a quando l’ hanno riposta nella cassetta delle banane e momentaneamente si aggiusta il ciuffo castano. La mela verde rivela alla banana che il suo sogno nel cassetto è diventare la mascotte di una famosa marca di mele verdi. Non c’ è molto da dire sulla mela verde, è una piccola mela di colore verde chiaro senza nessuna macchiolina marrone ed un piccolo picciolo in cima. La sua famiglia è stata trasferita in vari supermercati di Roma, forse è per questo che è molto riservata e schiva ma se qualcuno la conosce meglio trova sotto la buccia dura una dolce polpa. La banana è un frutto piuttosto allegro e vivace, lo si nota dal colorito giallo acceso e dal ciuffo castano che si aggiusta continuamente. E’ stata raccolta in Brasile ed è stata importata in Italia da qualche mese ma conosce già bene gli acquirenti italiani e i loro gusti. Quando un suo amico è in difficoltà lei non aspetta due secondi ad aiutarlo. La banana da quell’anima semplice che è, dice che non è tanto difficile diventare una mascotte e convince la mela a lucidarsi tutta la buccia e a curarsi il picciolo perché presto sarebbe arrivato un talent scout pronto a portarla in uno studio televisivo. La mela verde si fa tutta bella e intanto la banana sguscia fuori dalla cassetta e va a cercare un talent scout nei meandri del supermercato. Per sua fortuna, la banana trova quasi subito il talent scout e, dondolandosi davanti a lui, attira la sua attenzione. La banana dondola fino alla cassetta delle mele e il talent scout, che l’ ha seguita per tutto il tempo, rimane abbagliato dalla bellezza della mela e la compra insieme alla banana. La mela verde e la banana hanno un gran successo nel mondo dello spettacolo e, se trovate in giro una limousine verde e gialla, sappiate che quella limousine appartiene alla Mela verde & Banana Co.

The Phoenix

Discussione al supermercato

Ero nel reparto libri del supermercato vicino casa mia, quando ho sentito due signore che litigavano per avere l’ultimo libro di una famosa serie di cui non so nemmeno il titolo.
Una delle due signore si chiama Anna.
Anna è una donna di mezza età, magra e con molte rughe, i suoi capelli sono di un colore misto tra il grigio ed il bianco lunghi e raccolti in una cipolla. E’ molto generosa ma solo con parenti e conoscenti, perché crede che tutti siano ladri e quindi non da’ confidenza a nessuno.
La signora Anna tiene molto al Natale, è la festa che adora di più in assoluto.
L’altra signora, invece, si chiama Giuseppina.
E’ una donna anch’essa di mezza età, con la faccia antipatica, è abbastanza grassa, di bassa statura e le sue mani sono tempestate di gioielli. Il suo collo è talmente pieno di grasso che non si vede e anche delle collane lunghe, su di lei, sembrerebbero girocolli.
La signora Giuseppina ha i capelli di un colore rosso tinto, molto corti e ricci ed è una di quelle donne all’antica con il modo di fare un po’ vanitoso.
Tutti i giorni Giuseppina si reca al Supermercato e fa di tutto per passare il tempo perché è sola.
Nella discussione Anna diceva: “Ho due nipotine alle quali piace questo libro e per le feste natalizie ho promesso di regalarglielo”, Giuseppina invece diceva: “Non me ne importa niente delle sue nipotine, il libro l’ho preso per prima e mi spetta di diritto”. Anna ribatté: “L’ho preso prima io e non lei e quindi spetta a me”.
Ad un certo punto intervenne un commesso di nome Daniele. Daniele è un ragazzo di vent’ anni, molto magro, con pochi capelli di color marrone e con una faccia simpatica. È gentile e gli piace molto il suo lavoro, adora tutte le persone anche se sono come Anna e Giuseppina, il suo motto è: “il cliente ha sempre ragione”.
Daniele intervenne nella discussione delle due signore dicendo: “Dovrei averne un’altra copia in magazzino, se aspettate un momento ve lo vado a prendere”.
Allora le due signore attesero con impazienza l’arrivo del ragazzo che, una volta tornato, diede il libro fresco di magazzino a Giuseppina ed Anna tenne il libro in esposizione.
È in questi casi che si vede l’educazione delle persone, sia Anna che Giuseppina si sono comportate in modo sbagliato.

Giuggi Chan

L’ amore dello scaffale

Ecco che era arrivato: l’ultimo pezzo per completare il supermercato, l’ultimo scaffale verde che il direttore guardava entusiasta e che i facchini speravano di posare presto.
Appena messo in un angolo, lo riempirono con una montagna di sacchetti pasta, di tutti i tipi. Subito lo scaffale (di nome Giorgio) si innamorò del primo sacchetto (di nome Maria); se avesse potuto si sarebbe piegato su di lei per nasconderla, ma poiché era fatto di acciaio non si poteva piegare. Giorgio era uno scaffale molto allegro pieno di vitalità e con una marea di amici. Aveva una voglia forte di imparare, andare in giro per il mondo e scoprire cose. Maria (molto simile a Giorgio) aveva voglia di imparare, era simpatica e sempre allegra. Di solito si faceva molti amici ovunque andava.
Di notte si confessarono che ormai si erano innamorati l’uno dell’altra, ma non volevano pensare al domani quando Maria sarebbe stata venduta.
Il giorno non tardò a venire ed il pacco di pasta venne venduto. Giorgio fu in lutto per molti e molti anni, fino al giorno in cui rincontrò il pacco di pasta. Era stato riciclato, ma stavolta conteneva pasta scadente. I due rimasero a lungo insieme fino a che il supermercato fallì e fu chiuso. La merce vecchia e scaduta, come Giorgio e Maria fu buttata in una discarica. Lì, finalmente insieme per sempre, finirono i loro giorni.

Barbarossa

Una giornata al supermercato

Un giorno io - orecchie grandi, bocca piccola, occhi castani, gentile, disordinato, un po’ ingenuo, naso a patata, occhiali - e papà - alto, orecchie piccole, occhi castani, bocca media, naso grande, gentile, intelligente, ordinato, premuroso - siamo usciti per andare insieme al supermercato. Appena arrivati ho lasciato papà alla sua spesa e sono andato a farmi un giro al reparto dei dolciumi. Il reparto era deserto, però mi è sembrato ugualmente di sentire delle voci, chi poteva essere? Quatto quatto mi sono avvicinato e - incredibile! – davanti a me ho visto due marmellate parlanti! Ho pensato di sognare, la cosa era strabiliante! Di fronte avevo due barattoli di marmellata, una di pesche - occhi grandi, bocca larga, barattolo medio, pettegolona, coperchio giallo - e l’altra di albicocche - occhi piccoli, bocca piccola, barattolo medio, chiacchierona, coperchio oro - che spettegolavano sulla marmellata di ciliegie! La conversazione si faceva sempre più interessante ed intrigante, le due marmellate criticavano aspramente l’altra mrmellata per non so quale motivo. Purtroppo però ad un certo punto è arrivata una signora e d’un tratto gli occhi e le bocche delle marmellate sono scomparse. Oh no, mi sono detto, chissà come finisce la storia! Per fortuna quando la signora si è allontanata i due barattoli hanno ripreso a discorrere animatamente; poco dopo però la corsia dei dolciumi si è riempita di persone, e l’unico modo per sapere come finiva la storia era acquistare le due marmellate; allora le ho prese al volo e le ho subito messe nel carrello di papà.
Appena arrivati a casa ho riposto i due barattoli nella credenza e mi sono messo ad origliare la loro discussione; purtroppo quando mamma è tornata dal parrucchiere ha aperto la dispensa, ha preso la marmellata e ha aperto entrambi i barattoli, uno per fare una crostata, l’altro per prepararmi un panino, dicendomi: “Pensavi forse mi dimenticassi della tua merenda?”

Ibra 95