Giovedì 25 gennaio, io ed i miei compagni di classe, assieme alla prima E, siamo andati a fare una visita a villa Torlonia. Con noi c’erano anche la mamma di Vladimir, la mamma di un’alunna di prima e, naturalmente, la Professoressa Palmisano.
Siamo partiti da scuola alle ore 8.10, siamo arrivati a Piazza Bologna, abbiamo preso Via Catanzaro e poi via Ravenna fino ad arrivare a via Nomentana dove siamo entrati dall’ingresso principale di villa Torlonia. Quindi ci siamo ritrovati davanti al Casino Nobile, davanti alla biglietteria, dove la mamma di Vladimir ha fatto i biglietti e, naturalmente, la professoressa Palmisano ne ha approfittato per fare la prima spiegazione.
Però all’improvviso ha cominciato a piovere e quindi in fretta e furia abbiamo preso gli ombrelli. Ma, per sfortuna nostra, la professoressa ha continuato a spiegare.
Ci ha fatto una presentazione della famiglia Torlonia, di come hanno ottenuto la villa e dei precedenti proprietari.
La famiglia Torlonia non aveva origini nobili come potrebbe sembrare, in verità loro erano di origine francese, e il capostipite (Giovanni Torlonia) era un cameriere che lavorava appunto in Francia. Ereditò un intero capitale con il quale comprò la villa che apparteneva ad un’altra grande famiglia: i Colonna che la utilizzavano come terreno agricolo. Quando Giovanni morì, lasciò tutti i suoi capitali al figlio Alessandro che volle rendere la villa una seconda casa, costruì i due obelischi per commemorare i suoi genitori e fece ristrutturare completamente la villa da un famoso architetto.
Oggi villa Torlonia è stata rimpicciolita per ingrandire via Nomentana che ai tempi dei Torlonia era una vera e propria stradina; la villa è composta principalmente da quattro edifici: Casino Nobile, Casino dei Principi, Casina delle civette e dalla Limonaia che originariamente si pensa fosse un piccolo casale che intorno aveva piante di limone da cui oggi deriva il nome. Oggi la Limonaia è un ristorante.
Dopo queste spiegazioni abbiamo continuato il giro e siamo arrivati all’ingresso principale del Casino dei Nobili, anche se l’entrata originaria, voluta da Giovanni, si trovava dalla parte opposta a dove è oggi. Qui le due classi sono state divise: la prima è stata accompagnata dalla Professoressa e noi siamo andati con la mamma di Vladimir.
Con noi c'era anche una guida che ci ha spiegato una per una le sale del palazzo mano a mano ci vi entravamo.
Il Casino Nobile è diviso in due “ali” che sono collegate da una sala più grande che si pensa fosse la sala da ballo durante le feste e la sala da pranzo nei giorni normali. Al piano di sopra ci sono ancora due ali collegate da un'anticamera: nella parte di destra ci sono le stanze da letto degli uomini; nella parte di sinistra ci sono le stanze da letto delle donne. Tutte e due le ali hanno, oltre alle camere, delle sale da bagno e delle sale che raffigurano degli dei.
Scendendo nei sotterranei, abbiamo visitato delle stanze: la camera antigas, quella antiaereo fatte costruire da Mussolini e una stanza scoperta durante i restauri, che risale al tempo dei Torlonia dove probabilmente venivano fatte delle riunioni segrete.
Uscendo dal Casino Nobile, siamo andati nelle casina delle Civette: questa Casina era una casina svizzera che nel 1908 è stata modernizzata in quello che vediamo oggi.
È stata chiamata delle civette perché Giovanni Torlonia negli ultimi anni della sua vita era diventato cieco e la civetta diventò il suo più fedele animale. All'inizio venne chiamato edificio medievale perché l'edificio richiama proprio l'epoca medievale.
Finito di vedere la Casina, abbiamo aspettato la professoressa con la prima poiché loro erano entrati più tardi di noi.
Essendo troppo tardi per rimanere nella villa, siamo tornati a scuola.
In più occasioni mi è capitato di andare a villa Torlonia, con i miei amici siamo andati più volte a giocare a calcio; alcuni amici vi hanno fatto delle feste; con la mia famiglia siamo andati a visitare la casina delle civette però, oltre a non avere mai fatto una visita guidata, non avevo mai visitato l’interno del casino Nobile né sapevo che la villa era utilizzata in precedenza come terreno agricolo; non ci sono cose che mi sono piaciute di più o di meno, mi è piaciuto tutto senza fare eccezioni. Fidatevi, è una bella esperienza!
Riccardo
domenica 28 gennaio 2007
VILLA TORLONIA
Villa Torlonia fu aquistata da Giovanni Torlonia nel 1797 dai principi Pamphili, venne incaricato l'architetto Giuseppe Valadier per sistemare la villa in modo da renderla all'altezza di altre ville romane.
Alla morte di Giovanni Torlonia, il figlio Alessandro incaricò l'architetto Giovan Battista Caretti di arricchire ed ampliare la tenuta.
Nel 1842 finalmente i lavori di ristruturazione e di miglioria finirono con la costruzione di due obelischi in granito rosa dedicati in memoria dei genitori di Alessandro.
Il nuovo erede, il figlio di Alessandro fece realizare il villino medievale, un nuovo muro di cinta, il villino rosso e trasformò radicalmente la capanna svizzera che prese l'attuale forma di casina delle civette.
Questi nuovi edifici venivano utilizati per abbitazioni.
Dal 1925 al 1943 fu la residenza di Mussolini.
Nel 1977 la villa fu aquistata dal comune di Roma.
All' interno del Casino dei Nobili troviamo sculture, statue, dipinti, stufe, una grande sala da ballo, camere da letto di cui una arredata.
Nel sottorraneo vi sono delle stanze che venivano ultilizzate per proteggersi dagli attachi aerei e anti gas, ed una camera segreta che venne scoperta poco tempo fa.
Nella Casina delle Civette ci sono su alcuni vetri disegnate delle civette, vi sono delle stanze piccole, vi è una stanza chiamata "stanza delle 24 ore", in una delle tante stanze vi è una finestra a forma di chiodo, le stanze sono arricchite di vetrate in stile liberty.
Mi piacerebbe molto avere una casa così e visitare gli altri edifici.
Fede
Nella Casina delle Civette ci sono su alcuni vetri disegnate delle civette, vi sono delle stanze piccole, vi è una stanza chiamata "stanza delle 24 ore", in una delle tante stanze vi è una finestra a forma di chiodo, le stanze sono arricchite di vetrate in stile liberty.
Mi piacerebbe molto avere una casa così e visitare gli altri edifici.
Fede
La favolosa Villa Torlonia
Questa villa di cui vi parlerò prese il nome da chi la creò, cioè la famiglia “Torlonia”. All’inizio questo enorme pezzo di terra apparteneva ad un vignaiolo. Era una Villa suburbana (dal latino suburbis)
I Torlonia decisero di farci una seconda casa quindi iniziarono a costruire ed adesso ci ritroviamo tre case: il Casino Nobile, il Casino dei Principi e la Casina delle Civette.
I Torlonia non provenivano da una famiglia nobile, ma da contadini francesi. Il primo ad arrivare a Roma fu “Marin Tourlonais”, in italiano “Marino Torlonia”. Dopo di lui ci furono altri due Torlonia molto importanti: Giovanni e suo figlio Alessandro.
Noi abbiamo visitato prima il Casino Nobile e poi la Casina delle Civette, ma purtroppo non abbiamo fatto in tempo a visitare il Casino dei Principi. Il Casino Nobile è stato finito di restaurare nel 2006 ed è quindi visitabile. Di solito il soffitto ha lo stesso disegno del pavimento. Nella prima sala troviamo due copie di statue romane fatte fare proprio da Giovanni Torlonia. Nella sala successiva troviamo una stufa in ghisa, andando avanti troviamo una camera che prima era la sala da bagno, in questo posto troviamo una temperatura poco più elevata rispetto alle altre sale ed anche un po’ più colorata.
In tempi recenti questa sala da bagno fu trasformata in una piccola cappella. Successivamente siamo entrati in una biblioteca, che sul soffitto aveva una rappresentazione di Dante e Virgilio nel limbo.
In seguito troviamo esposte delle tavole che rappresentano la storia di Priamo costruite in bassorilievo, mentre sul soffitto troviamo lo stemma dei Torlonia.
I Torlonia non provenivano da una famiglia nobile, ma da contadini francesi. Il primo ad arrivare a Roma fu “Marin Tourlonais”, in italiano “Marino Torlonia”. Dopo di lui ci furono altri due Torlonia molto importanti: Giovanni e suo figlio Alessandro.
Noi abbiamo visitato prima il Casino Nobile e poi la Casina delle Civette, ma purtroppo non abbiamo fatto in tempo a visitare il Casino dei Principi. Il Casino Nobile è stato finito di restaurare nel 2006 ed è quindi visitabile. Di solito il soffitto ha lo stesso disegno del pavimento. Nella prima sala troviamo due copie di statue romane fatte fare proprio da Giovanni Torlonia. Nella sala successiva troviamo una stufa in ghisa, andando avanti troviamo una camera che prima era la sala da bagno, in questo posto troviamo una temperatura poco più elevata rispetto alle altre sale ed anche un po’ più colorata.
In tempi recenti questa sala da bagno fu trasformata in una piccola cappella. Successivamente siamo entrati in una biblioteca, che sul soffitto aveva una rappresentazione di Dante e Virgilio nel limbo.
In seguito troviamo esposte delle tavole che rappresentano la storia di Priamo costruite in bassorilievo, mentre sul soffitto troviamo lo stemma dei Torlonia.
La sala dopo non ha nome ma viene dedicata alla storia dei Torlonia e a Mussolini, dopodichè passiamo attraverso un corridoio che all’inizio era l’entrata principale.
Da qui passiamo alla sala da ballo che all’epoca di Giovanni Torlonia era la sala da pranzo. Possiamo vedere che tutto il soffitto è stato affrescato e che all’interno di questa sala ci sono ben 12 colonne. Abbiamo visitato molte altre sale tra cui i bounker antiaereo e antigas che si trovavano nel sottosuolo.
Dopo 20 minuti siamo riusciti ad entrare nella Casina delle Civette.
Fu chiamata così perché quando Giovanni Torlonia ci andò ad abitare diventò cieco e proprio per questo la civetta diventò l’animale più fedele di Giovanni.
Dopo 20 minuti siamo riusciti ad entrare nella Casina delle Civette.
Fu chiamata così perché quando Giovanni Torlonia ci andò ad abitare diventò cieco e proprio per questo la civetta diventò l’animale più fedele di Giovanni.
La Casina delle Civette è molto bella per le sue stupende vetrate disegnate e colorate con vari colori. Il disegno che predomina in tutte le vetrate della Casina delle Civette è l’uva, la troviamo anche sulle cornici delle porte che collegano le varie stanze.
AmIcO fRiTz
A VILLA TORLONIA!!!!!!!!!!!
IL 25 gennaio abbiamo avuto la possibilità di andare a visitare, insieme alla 1 E, Villa Torlonia...
Arrivati, la nostra professoressa ha fatto una breve presentazione dicendoci che il proprietario della Villa inizialmente era il principe Giovanni Torlonia e che successivamente divenne proprietà del figlio Alessandro Tolonia. Infine ci ha illustrato il Casino dei Principi, il Casino dei Nobili e la meravigliosa Casina delle Civette.
Sfortunatamente abbiamo potuto visitare soltanto la Casina delle Civette e il Casino dei Nobili. Nel Casino dei Nobili la stanza che mi è rimasta impressa è stata la sala da ballo con lampadari di cristallo e pareti affrescate. Tutto era bellissimo, elegantissimo e molto accogliente.
Mentre la nostra guida ci spiegava le caratteristiche della stanza, io sognavo di essere una principessa con indosso un abito molto elegante che apparteneva all' epoca antica e con un bellissimo cavaliere a fianco che mi accompagnava al ballo. Ma ben presto il mio sogno svanì perchè dovevamo passare a visitare le altre stanze....
Terminata la visita nel Casino dei Nobili siamo passati a vedere la Casina delle Civette. La nostra nuova guida molto preparata ci ha descritto dettagliatamente la Casina delle Civette che apparteneva al principe Giovanni Torlonia che l'aveva fatta costruire in un secondo momento perchè voleva che fosse la sua residenza, poiché andando avanti con l'età era diventato un uomo sempre più solitario e scontroso e il suo carattare somigliava in modo particolare alle Civette....
Entrando, la prima cosa che ci hanno fatto notare e che colpisce immediatamente sono state le stupende vetrate che rappresentavano proprio le Civette che erano anche raffigurate sulle pareti e nei vari oggetti. Infatti, la presenza di questi uccelli, è quasi ossessiva nella Casina. Posso dire comunque che la Casina delle Civette ogni volta che la visito mi trasmette sempre le stesse emozioni... delle emozioni che non riesco a controllare......la reputo meravigliosa. Uno degli edifici più preziosi, più belli e più imponenti che possono esserci nella villa......
-GIULIOTTA-
-GIULIOTTA-
LA SPLENDIDA SPLENDENTE VILLA TORLONIA
Il giorno 25/01/07 siamo stati a visitare Villa Torlonia.All'inizio la professoressa ci ha fatto un'introduzione di Villa Torlonia. Durante la visita dovevamo visitare tre casine: casino nobile, casina delle civette, casino dei principi.Villa Torlonia è stata costruita dalla famiglia Torlonia è il capostipite era Giovanni Torlonia. Villa Torlonia segue l'esempio di Versailles.
La prima casina che abbiamo visitato era il casino nobile. All'inizio c'era una sala dove c'era una stufa di ghisa costruita in Francia. La seconda sala era quella del bagno con pareti molto decorate e uno spazio vuoto dove ci doveva essere la vasca però Anna Maria Torlonia lo sostituì con l'altare.
La terza sala era la biblioteca sul cui soffitto era disegnato Dante e Virgilio. Nella quarta sala c'era la storia di Socrate. La quinta sala era una delle più belle, la sala da ballo era formata da 12 colonne e tutta la cornice era formata da bassorilievi. La guida ci spiegò anche che Mussolini visse nel casino nobile dal 25 al 43 e costruì due rifugi: la camera antigas e il rifugio antiaereo.La sesta sala è quella che mi ha colpito di più, la stanza degli artisti e poeti italiani dove nel soffitto erano disegnati Ludovico Ariosto, Dante Alighieri, Michelangelo Buonarroti e altri.
La settima sala era la sala di Bacco affrescata con le storie di Bacco le stagioni e i tre continenti da Francesco Podesti e il pavimento era disegnato con la figura di Ercole. Poi c' era la camera gotica, il gabinetto di Venere, la camera da letto, la sala di Alessandro, la camera egizia e alla fine le due camere di rifugio.
La seconda casina che dovevamo andare era la casina delle civette. Un tempo la casina delle civette era una capanna svizzera che fu modernizzata nel 1908 dall'architetto Gennari e dopo da Vincenzo Fasolo. La prima stanza era quella dei fumatori dove le vetrate sono fatte secondo l'art Nouveau. La seconda sala era la sala delle 24, ore il pavimento era fatto a mosaico medievale ed è raffigurata Venere. La terza stanza era la sala da pranzo caratterizzata da belle boiserie.
La quarta sala era la stanza del chiodo e la denominazione della stanza è per le vetrate a decorazione d'uva. Poi c' erano il bagno del principe, la stanza da letto del principe, ilbalcone delle rose, il bagno degli ospiti e la stanza dei ciclamini.
L'ultima casina che dovevamo visitare era il casino dei principi soltanto che non ci siamo andati perché era troppo tardi così visitammo solo due casine.
CRI CRI
CRI CRI
Villa Torlonia
Il giorno 25 gennaio io e la mia classe, insieme alla 1e, siamo andati a visitare Villa Torlonia, accompagnati dalla professoressa di lettere e da due gentilissime mamme.
Il tempo, essendo anche inverno, lasciava un pò a desiderare, infatti la prof ci ha spiegato il programma e la storia della villa sotto la pioggia!! Ma per fortuna avevamo gli ombrelli!!!!!
La nostra prima visita è stata alla casina dei Nobili: magnifica casa, ereditata dal padre francese, da Alessandro Torlonia che viveva nel lusso totale.
Il tempo, essendo anche inverno, lasciava un pò a desiderare, infatti la prof ci ha spiegato il programma e la storia della villa sotto la pioggia!! Ma per fortuna avevamo gli ombrelli!!!!!
La nostra prima visita è stata alla casina dei Nobili: magnifica casa, ereditata dal padre francese, da Alessandro Torlonia che viveva nel lusso totale.
Un giardino enorme realizzato secondo la moda inglese. Una casa stupenda e gradissma, un monumento dedicato ai genitori con una scritta in geroglifico.
Poi è toccato alla casina delle civette. Viene chiamata così proprio perchè il proprietario era appassionatissimo di questo volatile notturno, e per il semplice motivo che quest' animale ha una vista da fare invidia anche ad un' aquila!!! (Lui era cieco!!)
La casina è caratteristica anche per la sue magnifiche vetrate che rappresentano composizioni floreali o vegetali e anmali.
Dopo tutto questo, abbiamo scoperto che Giovanni Torlonia praticava magia nera, ecco il significato della passione per questo animale!!
La cosa che mi è piaciuta di più in questa uscita è stata la vetrata che rappresentava un cigno in uno stagno circondato da una fitta vegetazione e da bellissimi uccelli.
purtroppo non abbiamo fatto n tempo a visitare la casina dei Principi, ma spero di visitarla insieme ai miei genitori!!!!
Ninny
La casina è caratteristica anche per la sue magnifiche vetrate che rappresentano composizioni floreali o vegetali e anmali.
Dopo tutto questo, abbiamo scoperto che Giovanni Torlonia praticava magia nera, ecco il significato della passione per questo animale!!
La cosa che mi è piaciuta di più in questa uscita è stata la vetrata che rappresentava un cigno in uno stagno circondato da una fitta vegetazione e da bellissimi uccelli.
purtroppo non abbiamo fatto n tempo a visitare la casina dei Principi, ma spero di visitarla insieme ai miei genitori!!!!
Ninny
Una fantastica visita
Il titolo corrisponde a una fantastica visita che le classi 1 e 3E hanno fatto alla casina delle civette e al casino dei nobili, dove è vissuto Mussolini.
All'inizio la villa è stata fondata da Giovanni Torlonia e successivamente è passata in mano (in affitto) a Mussolini.
La casa era fantastica (farei di tutto pur di averla!!). C'erano tanti quadri e statue con diverse caratteristiche piuttosto singolari.
Abbiamo visto le foto di quando Mussolini abitava nella villa dove faceva scherma, andava a cavallo e svolgeva altre attività.
Poi abbiamo visitato una stanza segreta che soltanto da pochi anni è stata scoperta.
In un secondo tempo Giovanni Torlonia si era fatto costruire una casina dove viveva solo lui perché era un tipo abbastanza solitario, nominandola così Casina delle Civette.
Diventato cieco, si era molto affezionato ad un animale notturno che era proprio la civetta. Infatti sia le vetrate, le pareti e gli oggetti rappresentavano questo animale. In quanto al casino dei Nobili la cosa che mi è piaciuta di più era la sala da ballo.
Della casina delle civette mi è piaciuto tutto in generale: uno stile fantastico che mi ha colpito per due volte di seguito (ci sono andato anche con la mia famiglia). Sono stato contento di visitare Villa Torlonia (un pò meno di fare francese all'ultima ora).
Paoletto
Paoletto
sabato 27 gennaio 2007
La fantastica casa delle civette !!!
Il 26/01/07 io e la mia classe siamo andati a visitare la bellissima e interessantissima Villa Torlonia. Fra le nostre tappe c'erano: il casino dei nobili e poi la casina delle civette.
Quella che mi ha colpito di più è stata la casina delle civette. Adesso voi vi domanderete perchè si chiamava così.......un tempo in questa casina ci abitava un uomo (purtroppo il nome non me lo ricordo...speriamo che la mia prof. non mi ammazzi !!!), lui in seguito si ammalò di una grave malattia agli occhi che gli tolse completamente la vista.
E così per proseguire i lunghi e dolorosi anni della sua vita prese una civetta, che gli teneva compagnia.
Questa casa è molto bella, piccola ma bella; la cosa che mi ha colpito di più sono state le decorazioni che hanno applicato sui vetri di ogni stanza, per esempio nella cucina c'era dell'uva verde con delle foglie che con la luce del sole dava un effetto bellissimo.....poi la famosa civetta ed infine delle bellissime rose rosa e rosse.....
Arrivati nella camera da letto, sul soffitto c'era il cielo e e un enorme cerchio di pipistrelli, che a dire la verità facevano anche un po' paura.
Alla fine siamo ritornati a scuola (anche se un po' distrutti !!!), felici di aver passato questa giornata......!
Giulietta
Visita a Villa Torlonia
Il giorno 25/01/2007, la mia classe ed io ci siamo recati a Villa Torlonia.
Questa villa, prima di essere una villa, era un campo agricolo, poi venne comprata da Giovanni Torlonia, un borghese con molte disponibilità economiche.
Egli, appena la comprò, diede l’ordine all’architetto Valadier di costruire delle case.
Alla morte di Giovanni, la villa venne ereditata dal figlio Alessandro che fece costruire due obelischi in ricordo dei suoi genitori.
Villa Torlonia segue l’esempio di Versailles c' è un edificio centrale e case più piccole nel giardino. Abbiamo visitato il casino dei Nobili e la casa delle civette.
Il casino, era la residenza della famiglia Torlonia, le cose che mi hanno colpite di più sono state, i bunker costruiti da Benito Mussolini durante la seconda guerra mondiale, e una stanza che si trova nei sotterranei che sembrava il luogo di ritrovo delle sette sataniche.
Poi abbiamo visitato la casa delle civette. Questa è stata costruita da Alessandro Torlonia perché era una persona molto riservata , lo stile con cui è stata costruita è lo stile floreale o liberty. Questo si può notare nelle vetrate, infatti in ognuna di queste sono disegnati dei fiori, caratteristici di quell’arte.
La cosa che mi ha colpito è stata che in ogni stanza c’erano disegnate sempre delle civette. Questa vista mi ha fatto conoscere una delle ville più belle di Roma
Raffaele
La mitica Civetta!!
Giovedì 25 Gennaio la professoressa Palmisano ci ha portati con la prima E ad una visita per Villa Torlonia: dovevamo visitare il Casino Nobile, la Casina delle Civette (o Chalet svizzero) ed il Casino dei Principi.
Quest'ultimo non abbiamo potuto visitarlo per mancanza di tempo, ma è stata comunque una bella visita.
Il Casino Nobile è stato incredibile, con tutte quelle stanze bellissime: le mie preferite sono state la Sala da Ballo, la Sala Segreta e la sala "di passaggio" (dove erano stati dipinti i ritratti degli artisti italiani più famosi). Il Casino Nobile mi è piaciuto parecchio, ma è stata la Casina delle Civette a farmi davvero innamorare.
Le vetrate non erano uno spettacolo solo da vedere. La loro visione faceva bene a tutta l'anima: cigni, pavoni, civette, rose e tralci d'uva: tutti questi elementi uniti in un' unica casa, creando un'unica sinfonia di colori e luce ovattata.
Magico, davvero.
La vostra Saphira94
Il Casino Nobile
Il 26 Gennaio la prof. Palmisano ci ha portato insieme alla 1°e a visitare Villa Torlonia.
Siamo entrati dall'ingresso principale che si trova su Via Nomentana. Villa Torlonia fu costruita fuori dalla città per questo si dice che è una villa in "sub urbis"letteralmente fuori dalla città.
La villa è costituita da tre principali edifici:il Casino Nobile,la Casina delle Civette e il Casino dei principi.
Il casino che mi è piaciuto di più è stato il Casino Nobile.
Il Casino Nobile è l'edificio principale della villa. E'costituito da tre piani: il piano terra dove c'è la sala da ballo che è circondata da altre sale.
La maggior parte delle sale è fatta di un marmo rosa molto bello.
Anche i pavimenti sono in marmo e molto spesso il disegno del pavimento riprende quello del soffitto, realizzato con stucchi bianchi e dorati.
La sala da ballo ha anche due balconcini dove risiedeva l'orchestra. I lampadari sono bellissimi anche se molto bassi.
Al piano terra ci sono molti mezzibusti e statue(la maggior parte decapitate).
Al piano superiore ci sono le stanze da letto e i bagni. Il secondo piano è diviso in due parti: l'ala maschile e l'ala femminile.
Le stanze sono prive di mobili tranne la stanza dove dormiva Mussolini dove vi è un letto matrimoniale, una cassettiera, un comodino e delle sedie. Le stanze presentano degli affreschi. L'affresco che mi ha colpito di più è stato quello di Psiche.
Le stanze hanno ognuna una caratteristica diversa; c'è la stanza gotica, la stanza egizia e una stanza dove compaiono i ritratti dei più celebri personaggi italiani vissuti nel passato.
Il piano sotterraneo è stato scoperto di recente e sono stati trovati i resti di un cimitero romano. Ci sono anche un rifugio antigas e un ufficio privato fatti costruire da Mussolini.
Il piano sotterraneo è stato scoperto di recente e sono stati trovati i resti di un cimitero romano. Ci sono anche un rifugio antigas e un ufficio privato fatti costruire da Mussolini.
Intorno al palazzo ci sono due obelischi egizi e una grande scalinata che conduce all'entrata. Questa visita mi ha permesso di conoscere meglio Villa Torlonia e la sua storia dato che la conoscevo solo come un posto per giocare.
Antonio K.
Antonio K.
RESIDENZE DEI TORLONIA
Il giorno 25/01/07 la prof. Palmisano ci ha accompagnati a Villa Torlonia con la prima
E.
E.
La visita si è suddivisa in due fasi, in un primo momento abbiamo visitato il Casino Nobile residenza dei Torlonia per tutto l'800,con interventi di Giuseppe Valadier (1802) e Giovanni B.Caretti (facciata del 1840).
Nell'edificio sono presenti sculture e arredi dell'epoca ed è articolato in numerose stanze: ingresso, bagni, biblioteca, camere, sala da ballo, scalinate ecc.
Sono rimasto colpito dal bagno decorato dal Caretti e da Paoletti dove sono raffigurate storie mitologiche con Leda, Venere, Diana.
Dal 1925 al 1943,la villa fu affittata a Benito Mussolini,che fece realizzare due rifugi sotterranei , uno antigas e uno antiaereo, inoltre durante i lavori di restauro è stata scoperta una "finta tomba etrusca"decorata dal Caretti , ispirata all'arte etrusca corinzia.
La seconda parte della visita riguarda la Casina delle Civette.
Vi abitò fino al 1938 il principe Giovanni Torlnia junior, personaggio alquanto singolare, che si ritirò in questo villino a vita solitaria.
Divenuto cieco molto giovane, scelse come suo emblema la civetta , non solo animale notturno, ma anche simbolo di malvagità ,infatti si suppone che il principe abbia praticato rituali esoterici.
Le venti stanze sono caratterizzate da dipinti, stucchi, mosaici ma quello che colpisce di più sono le numerose vetrate tipiche dello stile Liberty, raffigurano molti elementi floreali e naturalistici colorati ,vi hanno lavorato molti artisti come Fasolo e Cambellotti.
Vladimir
LA CASINA DELLE CIVETTE
Il 25 gennaio ’07 le classi 1 e 3 E si sono recate, per una visita a Villa Torlonia.
Abbiamo visitato il Casino dei Nobili e la Casina delle Civette. La Casina delle Civette mi ha colpito molto per la sua eleganza ma soprattutto per le meravigliose vetrate.
Simbolo della Casina è la Civetta, animale cui era molto affezionato il proprietario della casa Giovanni Torlonia. Un'altra cosa che mi ha colpito molto è la storia di Giovanni, lui era molto triste, per questo si rifugiò nella Casina che prima era una specie di ripostiglio per gli attrezzi.
Giovanni chiamò gli architetti più bravi dell’ epoca e cosi nacque la casina. Giovanni mi ricorda anche un po’ un grande poeta che stiamo studiando in questi tempi , Giacomo Leopardi, come lui Giovanni era chiuso in sé stesso e come lui perse la vista a forza di leggere. E per finire le chiedo cortesemente di interrogarmi lunedì in epica, grazie.
IL LAZIALE
Abbiamo visitato il Casino dei Nobili e la Casina delle Civette. La Casina delle Civette mi ha colpito molto per la sua eleganza ma soprattutto per le meravigliose vetrate.
Simbolo della Casina è la Civetta, animale cui era molto affezionato il proprietario della casa Giovanni Torlonia. Un'altra cosa che mi ha colpito molto è la storia di Giovanni, lui era molto triste, per questo si rifugiò nella Casina che prima era una specie di ripostiglio per gli attrezzi.
Giovanni chiamò gli architetti più bravi dell’ epoca e cosi nacque la casina. Giovanni mi ricorda anche un po’ un grande poeta che stiamo studiando in questi tempi , Giacomo Leopardi, come lui Giovanni era chiuso in sé stesso e come lui perse la vista a forza di leggere. E per finire le chiedo cortesemente di interrogarmi lunedì in epica, grazie.
IL LAZIALE
venerdì 26 gennaio 2007
VILLA TORLONIA ?!
La prof. giovedì 25 ha portato la nostra classe di terza media e quella di prima a Villa Torlonia.
Era una giornata, come quelle di questi giorni, pioveva, il cielo era nero, una giornata da “schifo”, possiamo proprio dire.
Però non ci siamo arresi, abbiamo camminato fino all’entrata principale della villa, su Via Nomentana, e abbiamo incominciato la nostra visita nel verde della cultura.
C’erano due obelischi, uno davanti al Casino Dei Nobili.
La prof. ha fatto una prima una spiegazione, nella pioggia, della villa in generale.
Poi piano, piano ci siamo avvicinati al Casino dei Nobili, la prima tappa della nostra visita, una gentile signora ha accompagnato la nostra classe nel casino e ha spiegato molte cose interessnti.
Il casino è molto grande, ma con troppe stanze, in conseguenza sono troppo piccole.
La stanza che mi ha colpito di più era quella da ballo, era molto grossa e quei balconcini per l’orchestra erano molti belli.
Abbiamo visitato tutto il casino, persino i due bunker costruiti sotto la casa nell’era di Mussolini, uno era anti-aereo e l’altro anti-gas.
In seguito abbiamo fatto merenda, e ci siamo incamminati verso la Casina delle Civette.
Abbiamo aspettato la guida, e ci siamo sfogati un po’.
La casina ha due piani. È diventato anche il museo del vetro infatti in mezzo a certe stanze ci sono dei vetri molto belli.
Il principe che possedeva la casina era ossessionato dalla civetta infatti la ha fatta rappresentare per molte volte.
La stanza che mi ha colpito di più era lo studiolo del principe, perché non capisco come si può studiare in uno spazio così piccolo.
Un ringraziamento speciale alle due mamme che hanno accompagnato le due classi.
Era una giornata, come quelle di questi giorni, pioveva, il cielo era nero, una giornata da “schifo”, possiamo proprio dire.
Però non ci siamo arresi, abbiamo camminato fino all’entrata principale della villa, su Via Nomentana, e abbiamo incominciato la nostra visita nel verde della cultura.
C’erano due obelischi, uno davanti al Casino Dei Nobili.
La prof. ha fatto una prima una spiegazione, nella pioggia, della villa in generale.
Poi piano, piano ci siamo avvicinati al Casino dei Nobili, la prima tappa della nostra visita, una gentile signora ha accompagnato la nostra classe nel casino e ha spiegato molte cose interessnti.
Il casino è molto grande, ma con troppe stanze, in conseguenza sono troppo piccole.
La stanza che mi ha colpito di più era quella da ballo, era molto grossa e quei balconcini per l’orchestra erano molti belli.
Abbiamo visitato tutto il casino, persino i due bunker costruiti sotto la casa nell’era di Mussolini, uno era anti-aereo e l’altro anti-gas.
In seguito abbiamo fatto merenda, e ci siamo incamminati verso la Casina delle Civette.
Abbiamo aspettato la guida, e ci siamo sfogati un po’.
La casina ha due piani. È diventato anche il museo del vetro infatti in mezzo a certe stanze ci sono dei vetri molto belli.
Il principe che possedeva la casina era ossessionato dalla civetta infatti la ha fatta rappresentare per molte volte.
La stanza che mi ha colpito di più era lo studiolo del principe, perché non capisco come si può studiare in uno spazio così piccolo.
Un ringraziamento speciale alle due mamme che hanno accompagnato le due classi.
Matty Matto
Le vetrate della Casina delle Civette
Il giorno giovedì 25 siamo andati a visitare villa Torlonia dove abbiamo visitato il Casino dei Nobili e la Casina delle Civette.
La cosa che mi è piaciuta di più sono state le vetrate della Casina delle Civette perché erano molto varie e raffiguravano animali o piante.
Quando siamo entrati mi hanno molto impressionato i progetti delle vetrate che stavano attaccati al muro vicino alle vetrate che rappresentavano.
Le vetrate mi sono piaciute molto perché erano varie e molto colorate.
Durante la visita ho notato che in mezzo alle stanze erano state piazzate alcune vetrate, quindi ho chiesto alla guida come mai erano state messe in quel punto e lei mi ha risposto che quello in realtà quello è un museo della vetrata.
Una volta finita la visita siamo tornati a scuola e abbiamo svolto regolarmente l’ ultima ora di scuola.
Tancredi
La cosa che mi è piaciuta di più sono state le vetrate della Casina delle Civette perché erano molto varie e raffiguravano animali o piante.
Quando siamo entrati mi hanno molto impressionato i progetti delle vetrate che stavano attaccati al muro vicino alle vetrate che rappresentavano.
Le vetrate mi sono piaciute molto perché erano varie e molto colorate.
Durante la visita ho notato che in mezzo alle stanze erano state piazzate alcune vetrate, quindi ho chiesto alla guida come mai erano state messe in quel punto e lei mi ha risposto che quello in realtà quello è un museo della vetrata.
Una volta finita la visita siamo tornati a scuola e abbiamo svolto regolarmente l’ ultima ora di scuola.
Tancredi
LA CASINA DELLE CIVETTE
Giovedì 25 Gennaio 2007 io e la mia classe siamo andati a visitare villa Torlonia, specialmente il casino di nobili, il casino dei principi(che non abbiamo potuto visitare) e infine la casina delle civette, la mia preferita…. Mi ha colpito molto la casina delle civette, non per le sue vetrate, come avrete pensato, bensì per la sua struttura: la guida ci ha spiegato che la costruzione non è conforme alle costruzioni romane ma è caratteristica del nord. È stata costruita da Giovanni Torlonia perché egli era un tipo molto solitario e andò a vivere lì.
All’inizio era solo una vecchia capanna abbandonata. Al suo interno troviamo molte vetrate raffiguranti civette.
La casa prese questo nome per via delle sue vetrate che Giovanni Torlonia fece costruire perché era ormai diventato cieco e si era affezionato alle civette, che sono animali notturni, e quindi hanno una buona vista.
Infine siamo tornati a scuola e abbiamo continuato a svolgere l’orario scolastico.
Gianmarco
All’inizio era solo una vecchia capanna abbandonata. Al suo interno troviamo molte vetrate raffiguranti civette.
La casa prese questo nome per via delle sue vetrate che Giovanni Torlonia fece costruire perché era ormai diventato cieco e si era affezionato alle civette, che sono animali notturni, e quindi hanno una buona vista.
Infine siamo tornati a scuola e abbiamo continuato a svolgere l’orario scolastico.
Gianmarco
martedì 23 gennaio 2007
Di chi è la colpa?
Sabato 20 gennaio sono andato a giocare con la mia squadra di calcio(Guardia di Finanza) a Torrenova.
Io gioco nel ruolo di portiere e non sono molto bravo.
Fatto stà che era la prima volta che giocavo titolare perchè l'altro portiere si era fatto male.
Io ero molto agitato perchè, in un certo senso, avevo la responsabilità di difendere la porta. Il Mister mi aveva detto che se avessi fatto degli errori non sarebbe successo niente.
Comincia la partita. Dopo 15 minuti subisco il primo gol. Era colpa mia ovviamente. Comincio a demoralizzarmi.
Il secondo gol lo subisco su un tiro da lontano; la palla mi sfugge e un giocatore, alzando nettamente il piede davanti alla mia faccia, segna. Secondo me, era gioco pericoloso perchè il giocatore avversario aveva alzato il piede, nettamente.
Il direttore di gara convalida il gol.
Insoma, su sette gol, 3 volte ho sbagliato io e quattro li ho subiti per colpa del direttore di gara: fuorigioco, rigori inesistenti, la barriera posizionata da me che si abbassa alla punizione e quel fallo in gioco pericoloso.
Io non so come ho giocato, se bene o male. Il Mister mi ha detto che comunque ho fatto una bella partita.
Comunque continuerò a praticare questo sport per divertimento e non per vincere, anche se dovrò migliorareeeeeeeeee!!!!!!!!!!!!!!!!
Antonio Kaniadakis 3°E
venerdì 19 gennaio 2007
Il ragazzo con i poteri del fuoco
C' era una volta, in un grandissimo bosco, un ragazzo di 9 anni, di nome Custingurian ma tutte le altre persone che stavano in schiavitù lo chiamavano Custin.
Custin era buono e sapeva lavorare ma gli dava di volta il cervello quando vedeva il re King Giammo.
La madre di Custin, Rebecca, era una streghetta buona, sapeva che lui era un ragazzo forte e coraggioso e che sarebbe stato l' unica speranza di uccidere il king Giammo molto cattivo che aveva preso tutte la gente che trovava sul suo cammino, o la uccideva o la rendeva schiava.
Rebecca voleva porre fine a queste sofferenze,quindi donò al figlio i poteri del fuoco, sprecando pero molte energie.
La strega raccontò al figlio questa storia, Custin capi che doveva partire e andare di nascosto a uccidere il re ma gli servivano degli aiutanti, si offrirono volontari due ragazzi ,uno magro e uno grasso, Custin chiese loro perché volevano andare con lui e il ragazzo grasso rispose:
-Perché non sarai mai tu il vero eroe, sarò io Andrea a essere l' eroe e poi perché io ho 11 anni:- . rispose quello magro:-Perchè ho visto che noi due saremo una grande squadra pure se io ho 11 anni e poi mi chiamo Giammarco e il re non ha il diritto di avere un nome così importante:-.
Custin rispose :-Va bene , allora ANDIAMO:- .
Arrivati fino all' ingresso principale per sorpassare le guardie le dovevano accecare perchè erano troppo grosse allora provarono con lo spray per le zanzare e funzionò però Andrea voleva fare il protagonista quindi attaccò le guardie senza far loro alcun male ma Custin incominciò ad usare il fuoco e gli tirò una grande palla infuocata e uccise molte guardie. Alla fine riuscirono ad arrivare al re Giammo
Il re rise quando un ragazzino voleva batterlo ma poi Custin gli lanciò una delle più grandi palle di fuoco che avesse mai fatto e sconfisse il re e liberò tutti gli schiavi.
Il ragazzo ringraziò gli amici e visse felice e contento con sua madre e dopo questo atto divento re.
Gianmarco
Custin era buono e sapeva lavorare ma gli dava di volta il cervello quando vedeva il re King Giammo.
La madre di Custin, Rebecca, era una streghetta buona, sapeva che lui era un ragazzo forte e coraggioso e che sarebbe stato l' unica speranza di uccidere il king Giammo molto cattivo che aveva preso tutte la gente che trovava sul suo cammino, o la uccideva o la rendeva schiava.
Rebecca voleva porre fine a queste sofferenze,quindi donò al figlio i poteri del fuoco, sprecando pero molte energie.
La strega raccontò al figlio questa storia, Custin capi che doveva partire e andare di nascosto a uccidere il re ma gli servivano degli aiutanti, si offrirono volontari due ragazzi ,uno magro e uno grasso, Custin chiese loro perché volevano andare con lui e il ragazzo grasso rispose:
-Perché non sarai mai tu il vero eroe, sarò io Andrea a essere l' eroe e poi perché io ho 11 anni:- . rispose quello magro:-Perchè ho visto che noi due saremo una grande squadra pure se io ho 11 anni e poi mi chiamo Giammarco e il re non ha il diritto di avere un nome così importante:-.
Custin rispose :-Va bene , allora ANDIAMO:- .
Arrivati fino all' ingresso principale per sorpassare le guardie le dovevano accecare perchè erano troppo grosse allora provarono con lo spray per le zanzare e funzionò però Andrea voleva fare il protagonista quindi attaccò le guardie senza far loro alcun male ma Custin incominciò ad usare il fuoco e gli tirò una grande palla infuocata e uccise molte guardie. Alla fine riuscirono ad arrivare al re Giammo
Il re rise quando un ragazzino voleva batterlo ma poi Custin gli lanciò una delle più grandi palle di fuoco che avesse mai fatto e sconfisse il re e liberò tutti gli schiavi.
Il ragazzo ringraziò gli amici e visse felice e contento con sua madre e dopo questo atto divento re.
Gianmarco
Jack e la chiave magica
C’era una volta un ragazzo di nome Jack di circa venticinque anni, era uno che la gente definiva un poco di buono.
Jack si guadagnava da vivere strimpellando una chitarra in un locale notturno. Jack viveva con la sua fidanzata Erica , una ragazza molto dolce ma anche molto autoritaria, infatti senza di lei la loro casa sarebbe diventata un porcile.
Erica era l’unica a trovare qualcosa di positivo in Jack, forse perché era l’unica ragazza con cui Jack era gentile.
I due erano letteralmente cotti l’uno del’ altra è ormai erano prossimi al matrimonio.
In un giorno, come tutti, dopo che Jack aveva ripreso Erica al lavoro (faceva la maestra all’asilo) le disse: - Tesoro, tu sai siamo prossimi al matrimonio e ci conosciamo benissimo quindi, volevo sapere se un giorno di questi potevo venire a conoscere i tuoi! -
Erica, prima divenne bianca poi comincio a tirar fuori motivi per cui non si poteva andare dai suoi che Jack capiva una parola su cento.
Jack la calmò con parole dolci poi le disse –Adesso chiamo i tuoi e gli dico che andiamo a trovarli venerdì. - Mentre digitava il numero sul cellulare, Erica cercò di fermarlo ma era troppo tardi.
Era venerdì pioveva a catinelle con lampi e fulmini, nonostante fossero le cinque era già buio.
Jack ed Erica erano vicino alla casa dei genitori di lei, eccolo lì dopo una curva il villino indipendente di colpo illuminato da un fulmine
A quella visione da film dell’ orrore a Jack vennero i brividi, quando entrarono i genitori di Erica non sembravano così terribili, anzi erano simpatici gli avevamo dato anche una bella stanza.
La mattina dopo il villino era molto più gradevole.
Andò tutto bene fino a mezzogiorno.
In seguito ecco il primo disastro la signora Blank, questo era il cognome di Erica, trovò una sigaretta fumata da Jack nel wc; sembrava che fosse scoppiata l’apocalisse.
Di lì in poi si susseguirono disastri finché il signor Blank non tirò fuori la verità.
Nell’arco di tempo da quando Erica se ne era andata a quando aveva conosciuto Jack, I suoi genitori on si erano limitati a piangersi addosso, avevano invece cercato un fidanzato per Erica e ed erano riusciti a trovarlo, ma quando seppero di Jack dovettero rinunciar al loro proposito.
Da quanto si era capito questo pretendente si chiamava Timoty ed era un motociclista.
Erica ed i genitori si riunirono per discutere e quando lei uscì dalla stanza aveva un’aria molto sconsolata e disse a Jack che lui e Timoty dovevano fare una gara di moto e il vincitore avrebbe vinto la sua mano.
Ma Jack non aveva mai guidato una moto
Jack camminava senza meta, tristissimo e quando passò davanti a un barbone gli gettò dei soldi e il barbone borbottò dicendo a Jack di guardare nel secchio dei rifiuti dietro l'angolo e se ne andò.
Jack si diresse a guardare nel secchio e trovò una chiave.
Ma cosa apriva?
Era il momento della gara, Jack partecipava con la vecchia moto del signor Blank che non riusciva a partire.
Allora Jack usò la chiave che aveva trovato nel secchio e la moto partì.
Questo diede fiducia a Jack che vinse la gara e finalmente poté sposare Erica.
Fabio
Jack si guadagnava da vivere strimpellando una chitarra in un locale notturno. Jack viveva con la sua fidanzata Erica , una ragazza molto dolce ma anche molto autoritaria, infatti senza di lei la loro casa sarebbe diventata un porcile.
Erica era l’unica a trovare qualcosa di positivo in Jack, forse perché era l’unica ragazza con cui Jack era gentile.
I due erano letteralmente cotti l’uno del’ altra è ormai erano prossimi al matrimonio.
In un giorno, come tutti, dopo che Jack aveva ripreso Erica al lavoro (faceva la maestra all’asilo) le disse: - Tesoro, tu sai siamo prossimi al matrimonio e ci conosciamo benissimo quindi, volevo sapere se un giorno di questi potevo venire a conoscere i tuoi! -
Erica, prima divenne bianca poi comincio a tirar fuori motivi per cui non si poteva andare dai suoi che Jack capiva una parola su cento.
Jack la calmò con parole dolci poi le disse –Adesso chiamo i tuoi e gli dico che andiamo a trovarli venerdì. - Mentre digitava il numero sul cellulare, Erica cercò di fermarlo ma era troppo tardi.
Era venerdì pioveva a catinelle con lampi e fulmini, nonostante fossero le cinque era già buio.
Jack ed Erica erano vicino alla casa dei genitori di lei, eccolo lì dopo una curva il villino indipendente di colpo illuminato da un fulmine
A quella visione da film dell’ orrore a Jack vennero i brividi, quando entrarono i genitori di Erica non sembravano così terribili, anzi erano simpatici gli avevamo dato anche una bella stanza.
La mattina dopo il villino era molto più gradevole.
Andò tutto bene fino a mezzogiorno.
In seguito ecco il primo disastro la signora Blank, questo era il cognome di Erica, trovò una sigaretta fumata da Jack nel wc; sembrava che fosse scoppiata l’apocalisse.
Di lì in poi si susseguirono disastri finché il signor Blank non tirò fuori la verità.
Nell’arco di tempo da quando Erica se ne era andata a quando aveva conosciuto Jack, I suoi genitori on si erano limitati a piangersi addosso, avevano invece cercato un fidanzato per Erica e ed erano riusciti a trovarlo, ma quando seppero di Jack dovettero rinunciar al loro proposito.
Da quanto si era capito questo pretendente si chiamava Timoty ed era un motociclista.
Erica ed i genitori si riunirono per discutere e quando lei uscì dalla stanza aveva un’aria molto sconsolata e disse a Jack che lui e Timoty dovevano fare una gara di moto e il vincitore avrebbe vinto la sua mano.
Ma Jack non aveva mai guidato una moto
Jack camminava senza meta, tristissimo e quando passò davanti a un barbone gli gettò dei soldi e il barbone borbottò dicendo a Jack di guardare nel secchio dei rifiuti dietro l'angolo e se ne andò.
Jack si diresse a guardare nel secchio e trovò una chiave.
Ma cosa apriva?
Era il momento della gara, Jack partecipava con la vecchia moto del signor Blank che non riusciva a partire.
Allora Jack usò la chiave che aveva trovato nel secchio e la moto partì.
Questo diede fiducia a Jack che vinse la gara e finalmente poté sposare Erica.
Fabio
mercoledì 17 gennaio 2007
L' uomo povero e l' uomo ricco
C’ era una volta in una città piccola un uomo ricco che aveva tanti soldi ma era molto avaro.
Vicino a lui abitava un uomo povero che non aveva tanti soldi e lavorava per il ricco.
Un giorno il povero andò dal ricco e gli chiese di essere pagato di più ma il ricco gli disse che non aveva soldi.
Allora il povero se ne tornò triste a casa.
Alla scena aveva assistito un uomo buono che offrì al povero di lavorare per lui per un buon salario.
Il povero accettò tutto contento e lavorò tanto bene che il suo capo lo invitò a vivere a casa sua con tutta la sua famiglia e lo fece suo socio.
Così egli si arricchì mentre l’uomo avaro perse tutto.
Un giorno l’uomo che era diventato ricco vide l’avaro che era diventato povero chiedere l’elemosina.
Allora l’uomo che era diventato ricco ebbe pietà di lui e lo aiutò dandogli un lavoro e insieme essi aiutarono tutti coloro che avevano bisogno.Andrei
Vicino a lui abitava un uomo povero che non aveva tanti soldi e lavorava per il ricco.
Un giorno il povero andò dal ricco e gli chiese di essere pagato di più ma il ricco gli disse che non aveva soldi.
Allora il povero se ne tornò triste a casa.
Alla scena aveva assistito un uomo buono che offrì al povero di lavorare per lui per un buon salario.
Il povero accettò tutto contento e lavorò tanto bene che il suo capo lo invitò a vivere a casa sua con tutta la sua famiglia e lo fece suo socio.
Così egli si arricchì mentre l’uomo avaro perse tutto.
Un giorno l’uomo che era diventato ricco vide l’avaro che era diventato povero chiedere l’elemosina.
Allora l’uomo che era diventato ricco ebbe pietà di lui e lo aiutò dandogli un lavoro e insieme essi aiutarono tutti coloro che avevano bisogno.Andrei
martedì 16 gennaio 2007
Nocciolino
Nella savana viveva un branco di leoni.
Un giorno il leone e la leonessa capobranco ebbero un cucciolo al quale misero il nome di Nocciolino.
Fin da piccolo Nocciolino preferiva le verdure invece della carne, all'inizio i genitori non ci fecero caso ma, quando divenne grande e dovette cacciare insieme agli altri, il padre si accorse che suo figlio correva in mezzo agli animali e non li cacciava, al padre venne un brutto presentimento così, quando tornarono nel loro rifugio, prese Nocciolino da parte e gli disse di mangiare l'ultimo pezzo di carne rimasto, il cucciolo rimase fermo, senza toccare niente, per mezz' ora, quando il padre si stancò di aspettare glielo mise in bocca, Nocciolino lo sputò con disgusto, gli rivelò' che la carne gli faceva rivoltare lo stomaco e scappò.
Il fugiasco si mise a cercare tutta la notte un rifugio, dove nessuno lo trovasse, ad un certo punto iniziò a piovere a dirotto e Nocciolino trovò una grotta, si rifugiò lì ma ad un certo punto si accorse che non era solo, c'era una gazzella ferita, lui la curò e diventarono grandi amici. Nocciolino gli raccontò il suo segreto e la gazzella gli disse: -Per me tutti dovrebbero essere come te, non ci trovo niente di così terribile! –
Un giorno Piumotto (la gazzella) portò Nocciolino dai suoi amici e quando egli raccontò loro il suo segreto tutti vollero essere suoi amici.
Dato che faceva molto caldo Nocciolino e Piumotto vollero fare un bagno rinfrescante. Mentre loro sguazzavano nell'acqua, passavano da quelle parti due amici del padre di Nocciolino che lo stavano cercando, quando lo videro presero sia lui che Piumotto e li portarono al padre.
Piumotto disse al padre che nel suo branco tutti accettavano suo figlio per quello che era, solo lui no, e che non doveva fare lo sbaglio di respingere suo figlio solo per quello.
Il padre diede l'ordine di lasciarli, abbracciò Nocciolino e gli disse che aveva capito la lezione e promise a Piumotto che da quel giorno in poi nessuno avrebbe cacciato i suoi amici.
Federica
Un giorno il leone e la leonessa capobranco ebbero un cucciolo al quale misero il nome di Nocciolino.
Fin da piccolo Nocciolino preferiva le verdure invece della carne, all'inizio i genitori non ci fecero caso ma, quando divenne grande e dovette cacciare insieme agli altri, il padre si accorse che suo figlio correva in mezzo agli animali e non li cacciava, al padre venne un brutto presentimento così, quando tornarono nel loro rifugio, prese Nocciolino da parte e gli disse di mangiare l'ultimo pezzo di carne rimasto, il cucciolo rimase fermo, senza toccare niente, per mezz' ora, quando il padre si stancò di aspettare glielo mise in bocca, Nocciolino lo sputò con disgusto, gli rivelò' che la carne gli faceva rivoltare lo stomaco e scappò.
Il fugiasco si mise a cercare tutta la notte un rifugio, dove nessuno lo trovasse, ad un certo punto iniziò a piovere a dirotto e Nocciolino trovò una grotta, si rifugiò lì ma ad un certo punto si accorse che non era solo, c'era una gazzella ferita, lui la curò e diventarono grandi amici. Nocciolino gli raccontò il suo segreto e la gazzella gli disse: -Per me tutti dovrebbero essere come te, non ci trovo niente di così terribile! –
Un giorno Piumotto (la gazzella) portò Nocciolino dai suoi amici e quando egli raccontò loro il suo segreto tutti vollero essere suoi amici.
Dato che faceva molto caldo Nocciolino e Piumotto vollero fare un bagno rinfrescante. Mentre loro sguazzavano nell'acqua, passavano da quelle parti due amici del padre di Nocciolino che lo stavano cercando, quando lo videro presero sia lui che Piumotto e li portarono al padre.
Piumotto disse al padre che nel suo branco tutti accettavano suo figlio per quello che era, solo lui no, e che non doveva fare lo sbaglio di respingere suo figlio solo per quello.
Il padre diede l'ordine di lasciarli, abbracciò Nocciolino e gli disse che aveva capito la lezione e promise a Piumotto che da quel giorno in poi nessuno avrebbe cacciato i suoi amici.
Federica
Il re buono ma odiato
Molti anni fa, in un posto sperduto, regnava un Re magnanimo e buono che tutti amavano come un fratello, tranne una persona: suo nipote, tra l’altro neanche tanto sano di mente.
Il Re sapeva bene che suo nipote non lo amava, anzi lo odiava a morte! Perché lui aveva un grande sogno, quello di essere a capo di un grande Regno.
Infatti, negli anni precedenti, aveva tentato varie volte di ucciderlo ma il Re, in un modo o nell’altro, era sempre riuscito a salvarsi.
Ultimamente, però, i due avevano fatto un patto verbale e cioè dovevano lasciar fuori da tutta questa vicenda il figlio del Re, Timmy.
Un giorno, al nipote, dei consiglieri malvagi dissero che, se avesse voluto conquistare il trono, avrebbe dovuto uccidere il Re.
Così, nella notte, egli cominciò a procurarsi le armi più prestigiose e valorose del Regno per poi recarsi al castello la mattina del giorno seguente; dimentico però del fatto che, comunque fosse andato il duello, il successore al trono non sarebbe stato di certo lui, ma il figlio del Re.
Il giorno dopo, arrivato sul ponte che collegava al castello, chiamò il sovrano a gran voce e gli disse che avrebbe voluto sfidarlo a duello.
Il Re, dapprima titubante per il fatto che voleva lasciar fuori dalla vicenda suo figlio, disse di no. Poi però, visto che anche a lui erano giunte voci delle ridicole intenzioni di suo nipote e viste le sue continue insistenze e le sue pesanti minacce, decise di accettare la sfida..
Intanto tutti gli abitanti del paese si erano radunati nei pressi del castello e tra loro c’era anche Timmy, incuriosito dalla gran confusione che aveva sentito dalla sua stanza.
Nel frattempo, il nipote aveva deciso di combattere anche contro il figlio del Re, ma quest’ultimo protestò in nome di quel patto verbale che avevano fatto qualche tempo prima e di cui il nipote sembrava essersi completamente dimenticato.
A questo punto il Re pensò bene che forse sarebbe stato meglio combattere due contro uno e quindi si sbrigò a chiamare suo figlio, anche perché suo nipote non sentiva ragioni.
Iniziò il duello, ma neanche dopo cinque minuti il povero nipote si accasciò a terra colpito dalla spada del figlio e fu così che se ne andò a gran fatica e non si fece mai più vedere, mentre nel Regno la pace dominò sovrana per molti altri anni.
Marco
Il Re sapeva bene che suo nipote non lo amava, anzi lo odiava a morte! Perché lui aveva un grande sogno, quello di essere a capo di un grande Regno.
Infatti, negli anni precedenti, aveva tentato varie volte di ucciderlo ma il Re, in un modo o nell’altro, era sempre riuscito a salvarsi.
Ultimamente, però, i due avevano fatto un patto verbale e cioè dovevano lasciar fuori da tutta questa vicenda il figlio del Re, Timmy.
Un giorno, al nipote, dei consiglieri malvagi dissero che, se avesse voluto conquistare il trono, avrebbe dovuto uccidere il Re.
Così, nella notte, egli cominciò a procurarsi le armi più prestigiose e valorose del Regno per poi recarsi al castello la mattina del giorno seguente; dimentico però del fatto che, comunque fosse andato il duello, il successore al trono non sarebbe stato di certo lui, ma il figlio del Re.
Il giorno dopo, arrivato sul ponte che collegava al castello, chiamò il sovrano a gran voce e gli disse che avrebbe voluto sfidarlo a duello.
Il Re, dapprima titubante per il fatto che voleva lasciar fuori dalla vicenda suo figlio, disse di no. Poi però, visto che anche a lui erano giunte voci delle ridicole intenzioni di suo nipote e viste le sue continue insistenze e le sue pesanti minacce, decise di accettare la sfida..
Intanto tutti gli abitanti del paese si erano radunati nei pressi del castello e tra loro c’era anche Timmy, incuriosito dalla gran confusione che aveva sentito dalla sua stanza.
Nel frattempo, il nipote aveva deciso di combattere anche contro il figlio del Re, ma quest’ultimo protestò in nome di quel patto verbale che avevano fatto qualche tempo prima e di cui il nipote sembrava essersi completamente dimenticato.
A questo punto il Re pensò bene che forse sarebbe stato meglio combattere due contro uno e quindi si sbrigò a chiamare suo figlio, anche perché suo nipote non sentiva ragioni.
Iniziò il duello, ma neanche dopo cinque minuti il povero nipote si accasciò a terra colpito dalla spada del figlio e fu così che se ne andò a gran fatica e non si fece mai più vedere, mentre nel Regno la pace dominò sovrana per molti altri anni.
Marco
L' amuleto del drago
C’era una volta, in un piccolo regno, un re molto vecchio che stava per morire e il suo ultimo gesto fu di dare a sua figlia Priscilla, una pergamena.
Il re le disse: “Leggila a tutto il regno quando sarò morto.”
Priscilla ubbidì e appena il re morì lei lesse a tutto il popolo la pergamena: “Mio padre è morto, mi ha chiesto di leggervi questa pergamena che ha scritto lui personalmente. Miei sudditi, io in punto di morte, preoccupato per mia figlia che rimarrà sola, dichiaro aperta la caccia al drago e al suo amuleto perché chi riuscirà a portare quest’ultimo al castello riceverà la mano di mia figlia Priscilla”.
La principessa era una ragazza molto carina, gentile, educata aveva i capelli lunghi e biondi e gli occhi di color azzurro come il cielo in estate ed era molto invidiata dalle contesse.
Nel villaggio tutti erano indaffarati, tutti correvano per procurarsi le armature, le spade, le lance e l’elmo.
In tanti ci provarono ma nessuno, proprio nessuno, riuscì a recuperare l’amuleto che il drago teneva al collo.
Un giorno un ragazzo, di nome Jim, decise, come molti, di combattere contro il drago.
Lui fu l’unico ad uscire vivo dalla tana del drago ma non riuscì ad ucciderlo e a prendergli l’amuleto; allora Jim andò dal vecchio saggio per sapere come sconfiggere il drago e il vecchietto, che era molto anziano, gli diede una pozione magica molto potente (il sonnifero dei giorni nostri).
Jim si avvicinò lentamente verso il drago e quando questi spalancò la bocca gli lanciò dentro tutta la bottiglietta di sonnifero; il drago fece un grande sbadiglio e si addormentò.
Jim cercò di togliere l’amuleto al drago ma ci riuscì solo dopo vari tentativi, uscì subito dalla caverna prima che il sonnifero perdesse il suo effetto.
Sulla via del ritorno, incontrò un orco feroce e molto brutto che si avvicinò subito per rubargli l’amuleto.
Jim indietreggiò ma dopo si fece coraggio, prese la spada e la puntò verso l’orco dicendogli: “Non permetterò che un orco brutto e puzzolente sposi la principessa al mio posto! In guardia!”.
Jim si diresse correndo e urlando verso l’orco ma venne sollevato di peso da un cavallo alato che gli disse: “Sono venuto a salvarti!”, lui gli rispose: “Lasciami andare ad uccidere l’orco”.
“No fermo, io non ti lascerò andare perché appena lo toccherai diventerai di pietra!” urlò il cavallo alato.
Alla fine Jim riuscì ad arrivare al palazzo reale, diede l’amuleto alla principessa e finalmente tutti vissero felici e contenti.
Elisa B.
Il re le disse: “Leggila a tutto il regno quando sarò morto.”
Priscilla ubbidì e appena il re morì lei lesse a tutto il popolo la pergamena: “Mio padre è morto, mi ha chiesto di leggervi questa pergamena che ha scritto lui personalmente. Miei sudditi, io in punto di morte, preoccupato per mia figlia che rimarrà sola, dichiaro aperta la caccia al drago e al suo amuleto perché chi riuscirà a portare quest’ultimo al castello riceverà la mano di mia figlia Priscilla”.
La principessa era una ragazza molto carina, gentile, educata aveva i capelli lunghi e biondi e gli occhi di color azzurro come il cielo in estate ed era molto invidiata dalle contesse.
Nel villaggio tutti erano indaffarati, tutti correvano per procurarsi le armature, le spade, le lance e l’elmo.
In tanti ci provarono ma nessuno, proprio nessuno, riuscì a recuperare l’amuleto che il drago teneva al collo.
Un giorno un ragazzo, di nome Jim, decise, come molti, di combattere contro il drago.
Lui fu l’unico ad uscire vivo dalla tana del drago ma non riuscì ad ucciderlo e a prendergli l’amuleto; allora Jim andò dal vecchio saggio per sapere come sconfiggere il drago e il vecchietto, che era molto anziano, gli diede una pozione magica molto potente (il sonnifero dei giorni nostri).
Jim si avvicinò lentamente verso il drago e quando questi spalancò la bocca gli lanciò dentro tutta la bottiglietta di sonnifero; il drago fece un grande sbadiglio e si addormentò.
Jim cercò di togliere l’amuleto al drago ma ci riuscì solo dopo vari tentativi, uscì subito dalla caverna prima che il sonnifero perdesse il suo effetto.
Sulla via del ritorno, incontrò un orco feroce e molto brutto che si avvicinò subito per rubargli l’amuleto.
Jim indietreggiò ma dopo si fece coraggio, prese la spada e la puntò verso l’orco dicendogli: “Non permetterò che un orco brutto e puzzolente sposi la principessa al mio posto! In guardia!”.
Jim si diresse correndo e urlando verso l’orco ma venne sollevato di peso da un cavallo alato che gli disse: “Sono venuto a salvarti!”, lui gli rispose: “Lasciami andare ad uccidere l’orco”.
“No fermo, io non ti lascerò andare perché appena lo toccherai diventerai di pietra!” urlò il cavallo alato.
Alla fine Jim riuscì ad arrivare al palazzo reale, diede l’amuleto alla principessa e finalmente tutti vissero felici e contenti.
Elisa B.
Il gigante
C'era una volta un gigante con la barba lunghissima che arrivava fino a terra. Era bianca e aveva una particolarità: era magica.
Il gigante abitava in mezzo al bosco ed era alto 5,24 m.
Una volta all'anno chiamava tutti i bambini del villaggio circostante che potevano chiedere alla barba di esaudire un loro desiderio.
Però soltanto quelli che si erano comportati bene durante l'anno e avevano compiuto buone azioni degne di nota venivano accontentati.
Nel villaggio abitava un bambino molto povero che si chiamava Charlie e desiderava chiedere alla barba 1000 monete d'oro.
Invece c'era un bambino molto ricco e voleva chiedere alla barba di diventare ancora più ricco.
Un giorno Charlie, mentre camminava davanti ad un fiume, vide un cane che stava affogando, si tuffò e lo salvò. Augustus il bambino ricco, vide tutto e, poichè non aveva fatto alcuna azione buona per tutto l'anno, decise di raccontare al gigante che lui aveva salvato l'animale.
Il grande giorno arrivò, Augustus superò tutti e andò dal gigante dicendo: -Ho salvato io quel cane e merito il premio!- Ma il cane, che era presente, quando vide in fila Charlie, il suo salvatore, corse da lui abbaiando e scodinzolando di gioia.
Il gigante aveva uno strano presentimento:credeva che Augustus stesse dicendo una bugia.
Quindi interrogò Charlie ed ebbe la conferma del suo sospetto.
Allora punì Augustus facendolo diventare un cane e diede il premio a Charlie.
La morale è che le bugie hanno le gambe corte.
Francesco
Il gigante abitava in mezzo al bosco ed era alto 5,24 m.
Una volta all'anno chiamava tutti i bambini del villaggio circostante che potevano chiedere alla barba di esaudire un loro desiderio.
Però soltanto quelli che si erano comportati bene durante l'anno e avevano compiuto buone azioni degne di nota venivano accontentati.
Nel villaggio abitava un bambino molto povero che si chiamava Charlie e desiderava chiedere alla barba 1000 monete d'oro.
Invece c'era un bambino molto ricco e voleva chiedere alla barba di diventare ancora più ricco.
Un giorno Charlie, mentre camminava davanti ad un fiume, vide un cane che stava affogando, si tuffò e lo salvò. Augustus il bambino ricco, vide tutto e, poichè non aveva fatto alcuna azione buona per tutto l'anno, decise di raccontare al gigante che lui aveva salvato l'animale.
Il grande giorno arrivò, Augustus superò tutti e andò dal gigante dicendo: -Ho salvato io quel cane e merito il premio!- Ma il cane, che era presente, quando vide in fila Charlie, il suo salvatore, corse da lui abbaiando e scodinzolando di gioia.
Il gigante aveva uno strano presentimento:credeva che Augustus stesse dicendo una bugia.
Quindi interrogò Charlie ed ebbe la conferma del suo sospetto.
Allora punì Augustus facendolo diventare un cane e diede il premio a Charlie.
La morale è che le bugie hanno le gambe corte.
Francesco
Il drago a due teste
Tanto tempo fa, in un piccolo regno ai confini del mondo, viveva un re che aveva perso tutte le sue ricchezze.
Il re era tanto povero perché era stato derubato dagli scagnozzi del drago a due teste che viveva in una caverna non molto lontana dal castello.
Il re, stanco della sua misera situazione, decise di radunare tutte le persone disposte ad aiutarlo. Ma alla sua chiamata rispose solo un vecchio mendicante. Il re, perplesso, gli spiegò la missione da compiere.
Il giorno dopo, il mendicante partì per la caverna. Attraversò un enorme bosco dove incontrò un cavallo parlante con le ali che gli chiese dove stesse andando. Il mendicante gli spiegò la sua storia e il cavallo decise di aiutarlo nell’impresa.
Il cavallo lo portò da un suo amico gatto, anche lui parlante.
Il micio, in realtà, era un mago molto potente e donò al vecchio una spada invincibile.
Dopo aver salutato il generoso gatto, insieme al cavallo il mendicante uscì dal bosco e arrivò nei paraggi della spaventosa grotta.
Cercarono un’entrata secondaria per sorprendere il drago alle spalle. Trovarono un cunicolo che li condusse dinanzi ad una porta semi aperta.
Dietro quella piccola porta c’era un essere squamoso a due teste che sguazzava nell’immenso tesoro del re.
I due amici aprirono la porta silenziosamente e il mendicante, arrivato alle spalle del drago, sferrò un colpo con tutta la forza che aveva nelle due braccia e gli mozzò una testa.
L’essere immondo si voltò infuriato, colpì il mendicante con la coda e lo stese.
Il cavallo, infuriato, volò fino alla faccia del drago e iniziò a tempestarlo di calci.
Allora, il drago scappò dalla grotta volando, inseguito dal vecchio in groppa al suo cavallo alato.
Il cavallo, indubbiamente più veloce, si accostò al drago affinché il mendicante potesse vibrare il colpo fatale alla testa superstite.
Colpito, il drago precipitò a terra con un gran tonfo. Era morto.
Il mendicante tornò vincitore e restituì al re il tesoro.
Il sovrano, come premio, gli donò metà del suo denaro e, da quel momento, il vecchio visse, insieme al suo cavallo, ricco e contento.
Federico M.
Il re era tanto povero perché era stato derubato dagli scagnozzi del drago a due teste che viveva in una caverna non molto lontana dal castello.
Il re, stanco della sua misera situazione, decise di radunare tutte le persone disposte ad aiutarlo. Ma alla sua chiamata rispose solo un vecchio mendicante. Il re, perplesso, gli spiegò la missione da compiere.
Il giorno dopo, il mendicante partì per la caverna. Attraversò un enorme bosco dove incontrò un cavallo parlante con le ali che gli chiese dove stesse andando. Il mendicante gli spiegò la sua storia e il cavallo decise di aiutarlo nell’impresa.
Il cavallo lo portò da un suo amico gatto, anche lui parlante.
Il micio, in realtà, era un mago molto potente e donò al vecchio una spada invincibile.
Dopo aver salutato il generoso gatto, insieme al cavallo il mendicante uscì dal bosco e arrivò nei paraggi della spaventosa grotta.
Cercarono un’entrata secondaria per sorprendere il drago alle spalle. Trovarono un cunicolo che li condusse dinanzi ad una porta semi aperta.
Dietro quella piccola porta c’era un essere squamoso a due teste che sguazzava nell’immenso tesoro del re.
I due amici aprirono la porta silenziosamente e il mendicante, arrivato alle spalle del drago, sferrò un colpo con tutta la forza che aveva nelle due braccia e gli mozzò una testa.
L’essere immondo si voltò infuriato, colpì il mendicante con la coda e lo stese.
Il cavallo, infuriato, volò fino alla faccia del drago e iniziò a tempestarlo di calci.
Allora, il drago scappò dalla grotta volando, inseguito dal vecchio in groppa al suo cavallo alato.
Il cavallo, indubbiamente più veloce, si accostò al drago affinché il mendicante potesse vibrare il colpo fatale alla testa superstite.
Colpito, il drago precipitò a terra con un gran tonfo. Era morto.
Il mendicante tornò vincitore e restituì al re il tesoro.
Il sovrano, come premio, gli donò metà del suo denaro e, da quel momento, il vecchio visse, insieme al suo cavallo, ricco e contento.
Federico M.
La bambola di pezza
C'era una volta nel paese di Chissà una bambola di pezza.
Quella bambola "abitava"da tempo in un piccolo negozio dove, ancora, non era stata comprata perché era fatta da diversi tipi di stoffa.
Tutte le altre bambole rimanevano nel negozio massimo una settimana ma lei, da mesi, stava lì.
Un giorno,una bambina, figlia di un contadino, entrò in quel negozio e vedendo quella bambola di pezza disse tra sé e sé:-Ooh! Che bella bambola me la vorrei comprare ma non posso!-
Dopo,per curiosità chiese quanto costasse e il proprietario le disse che non costava niente e che gliela regalava.
Lei uscì dal negozio tutta contenta.
Arrivata a casa non vide nessuno,allora andò dalla vicina e chiese cosa fosse successo al padre (la madre l'aveva lasciata quando lei era nata) e la vicina le rispose con voce dolorante che stava in cielo e che la guardava da lassù.
Subito dopo arrivò la polizia, prese la bambina e la portò in uno oscuro, piccolo orfanotrofio dove c'era una perfida e brutta direttrice
.La bambina, insieme alla bambola, fu mandata dalla direttrice nella soffitta perché non aveva denaro.
La direttrice faceva fare i lavori più duri a lei (pulire tutte le stanze due volte,lavare i piatti ecc.).
Una notte,mentre la bambina piangeva nel suo letto,la bambola cominciò a parlare:-Ascoltami ,se tu mi cucirai ogni settimana, per un mese, una sciarpa, un vestito, un cappello e dei guanti io ti darò quello che ti farà felice-.La bambina fece così e ogni notte cuciva, cuciva e cuciva senza tregua.
Passato un mese,la bambina aveva cucito tutto quello che le aveva chiesto la bambola.La bambola mantenne la promessa e diede alla bambina "l'unguento che risuscita i morti".
La bambola disse che doveva far cadere sul corpo del padre 5 gocce solo 5 né una di più né una di meno.
La bambina volle subito correre a dare al padre l'unguento magico ma non seppe come andare nel cielo. All'improvviso un magico cavallo bianco, con una criniera color oro, entrò dalla finestra e disse: - Io sono il cavallo che vola come il vento e porto la gente dove vuole in qualsiasi momento--.
La bambina chiese se poteva portarla nell'azzurro cielo e lui cosi fece.
Arrivata li, vide il padre sdraiato e corse da lui. Poi piano piano versò cinque gocce sul suo corpo e, come per magia, si ritrovarono nella loro dolce casa.
Tutto tornò come prima. La bambina andava a scuola e il padre non faceva più il contadino. Tutto questo grazie alla bambola di pezza.
Laura
Quella bambola "abitava"da tempo in un piccolo negozio dove, ancora, non era stata comprata perché era fatta da diversi tipi di stoffa.
Tutte le altre bambole rimanevano nel negozio massimo una settimana ma lei, da mesi, stava lì.
Un giorno,una bambina, figlia di un contadino, entrò in quel negozio e vedendo quella bambola di pezza disse tra sé e sé:-Ooh! Che bella bambola me la vorrei comprare ma non posso!-
Dopo,per curiosità chiese quanto costasse e il proprietario le disse che non costava niente e che gliela regalava.
Lei uscì dal negozio tutta contenta.
Arrivata a casa non vide nessuno,allora andò dalla vicina e chiese cosa fosse successo al padre (la madre l'aveva lasciata quando lei era nata) e la vicina le rispose con voce dolorante che stava in cielo e che la guardava da lassù.
Subito dopo arrivò la polizia, prese la bambina e la portò in uno oscuro, piccolo orfanotrofio dove c'era una perfida e brutta direttrice
.La bambina, insieme alla bambola, fu mandata dalla direttrice nella soffitta perché non aveva denaro.
La direttrice faceva fare i lavori più duri a lei (pulire tutte le stanze due volte,lavare i piatti ecc.).
Una notte,mentre la bambina piangeva nel suo letto,la bambola cominciò a parlare:-Ascoltami ,se tu mi cucirai ogni settimana, per un mese, una sciarpa, un vestito, un cappello e dei guanti io ti darò quello che ti farà felice-.La bambina fece così e ogni notte cuciva, cuciva e cuciva senza tregua.
Passato un mese,la bambina aveva cucito tutto quello che le aveva chiesto la bambola.La bambola mantenne la promessa e diede alla bambina "l'unguento che risuscita i morti".
La bambola disse che doveva far cadere sul corpo del padre 5 gocce solo 5 né una di più né una di meno.
La bambina volle subito correre a dare al padre l'unguento magico ma non seppe come andare nel cielo. All'improvviso un magico cavallo bianco, con una criniera color oro, entrò dalla finestra e disse: - Io sono il cavallo che vola come il vento e porto la gente dove vuole in qualsiasi momento--.
La bambina chiese se poteva portarla nell'azzurro cielo e lui cosi fece.
Arrivata li, vide il padre sdraiato e corse da lui. Poi piano piano versò cinque gocce sul suo corpo e, come per magia, si ritrovarono nella loro dolce casa.
Tutto tornò come prima. La bambina andava a scuola e il padre non faceva più il contadino. Tutto questo grazie alla bambola di pezza.
Laura
lunedì 15 gennaio 2007
Chi salverà il re?
Tanto tempo fa in un bosco lontano, abitava un povero pastore con tre figli.
I tre figli li doveva accudire lui poiché che sua moglie era morta qualche anno prima.
Il pastore era molto povero e non riusciva a mantenere tutti i suoi figli da solo.
Decise di risposarsi con una signora che all’apparenza sembrava buona.
Trascorsero gli anni e i tre figli si accorsero che questa matrigna non era proprio buona.
Viziava molto i due figli grandi e al figlio piccolo faceva fare solamente le cose più faticose.
Un giorno, il re disse a tutti gli abitanti del paese che a chi fosse riuscito a cacciare via dal suo castello il drago avrebbe regalato tante monete d’oro e gli avrebbe dato anche sua figlia in sposa.
La matrigna decise di mandare i figli più grandi e di lasciare a casa quello più piccolo ritenendolo un incapace.
Gli altri due figli incominciarono ad incamminarsi verso il castello del re.
Corsero,attraversando il bosco per molte ore.
Alla fine incontrarono davanti al castello un muro altissimo e decisero di rinunciare.
Tornando indietro inciamparono su un ramo che fuoriusciva dal terreno.
Si svegliarono in una casa molto strana.
Erano stati accolti da un vecchietto con un bastone molto strano.
Egli si offrì di ospitarli per la notte e loro accettarono.
La mattina il vecchietto chiese se volevano un dono da lui.
I due fratelli rifiutarono e, senza neanche ringraziare, se ne andarono.
Tornati a casa molto dispiaciuti raccontarono la loro avventura al fratello minore che,incuriosito,decise di partire anche lui per salvare il re.
Fece lo stesso percorso e si trovò anche lui davanti a quel muro altissimo.
Tornando a casa inciampò ,come i suoi fratelli, sul ramo che fuoriusciva dal terreno e si svegliò a casa del vecchietto.
Il vecchietto il mattino seguente fece la stessa proposta al ragazzo e lui ringraziando accettò volentieri il dono.
Il dono consisteva in un bastone con il quale, dandosi una botta sulla spalla, si poteva attraversare qualunque cosa e con due botte sulla spalla si poteva far rimpicciolire qualsiasi cosa.
Allora il ragazzo ringraziò ancora una volta e se ne andò.
Davanti al muro si diede una botta sulla spalla con il bastone e lo attraversò con facilità .
Entrato nel castello, si ritrovò davanti al drago e, mentre il drago stava per attaccarlo, lui gli diede due botte sulla spalla con il magico bastone e il drago divenne una innocua lucertola.
Allora il re lo ringraziò, gli diede le monete d’oro e sua figlia in sposa.
Una parte dei soldi il ragazzo li diede al padre che divorziò dalla matrigna e visse con i due figli grandi.
Con gli altri soldi il ragazzo e la figlia del re si comprarono una grande villa e vissero felici e contenti.
Leonardo
I tre figli li doveva accudire lui poiché che sua moglie era morta qualche anno prima.
Il pastore era molto povero e non riusciva a mantenere tutti i suoi figli da solo.
Decise di risposarsi con una signora che all’apparenza sembrava buona.
Trascorsero gli anni e i tre figli si accorsero che questa matrigna non era proprio buona.
Viziava molto i due figli grandi e al figlio piccolo faceva fare solamente le cose più faticose.
Un giorno, il re disse a tutti gli abitanti del paese che a chi fosse riuscito a cacciare via dal suo castello il drago avrebbe regalato tante monete d’oro e gli avrebbe dato anche sua figlia in sposa.
La matrigna decise di mandare i figli più grandi e di lasciare a casa quello più piccolo ritenendolo un incapace.
Gli altri due figli incominciarono ad incamminarsi verso il castello del re.
Corsero,attraversando il bosco per molte ore.
Alla fine incontrarono davanti al castello un muro altissimo e decisero di rinunciare.
Tornando indietro inciamparono su un ramo che fuoriusciva dal terreno.
Si svegliarono in una casa molto strana.
Erano stati accolti da un vecchietto con un bastone molto strano.
Egli si offrì di ospitarli per la notte e loro accettarono.
La mattina il vecchietto chiese se volevano un dono da lui.
I due fratelli rifiutarono e, senza neanche ringraziare, se ne andarono.
Tornati a casa molto dispiaciuti raccontarono la loro avventura al fratello minore che,incuriosito,decise di partire anche lui per salvare il re.
Fece lo stesso percorso e si trovò anche lui davanti a quel muro altissimo.
Tornando a casa inciampò ,come i suoi fratelli, sul ramo che fuoriusciva dal terreno e si svegliò a casa del vecchietto.
Il vecchietto il mattino seguente fece la stessa proposta al ragazzo e lui ringraziando accettò volentieri il dono.
Il dono consisteva in un bastone con il quale, dandosi una botta sulla spalla, si poteva attraversare qualunque cosa e con due botte sulla spalla si poteva far rimpicciolire qualsiasi cosa.
Allora il ragazzo ringraziò ancora una volta e se ne andò.
Davanti al muro si diede una botta sulla spalla con il bastone e lo attraversò con facilità .
Entrato nel castello, si ritrovò davanti al drago e, mentre il drago stava per attaccarlo, lui gli diede due botte sulla spalla con il magico bastone e il drago divenne una innocua lucertola.
Allora il re lo ringraziò, gli diede le monete d’oro e sua figlia in sposa.
Una parte dei soldi il ragazzo li diede al padre che divorziò dalla matrigna e visse con i due figli grandi.
Con gli altri soldi il ragazzo e la figlia del re si comprarono una grande villa e vissero felici e contenti.
Leonardo
Il bastone magico
C ' era unavolta un povero contadino che passava il suo tempo a coltivare i campi. Aveva una grande distesa di terra, di cui metà era coltivata a orto e il resto a frutteto, il ricavato veniva in parte venduto e in parte usato da lui per sfamarsi, però egli era seguito da un orco molto brutto e cattivo che passava il tempo a rovinare il suo raccolto, senza farsi vedere.
Il contadino, accortosi di quello che stava succedendo, non sapeva più cosa fare.
Un giorno una pianta parlante spuntò fuori dalla terra sotto un grande albero di melo, dopo avergli spiegato tutto quello che stava succedendo , gli regalò un bastone magico che si trasformava in un filo spinato.
Il filo lo aiutò molto ma mancava qualcosa di più per far scappare quest' orco e così egli si fece aiutare da un omone che sorreggeva un grandissimo palazzo che lo aiutò a farlo scappare.
Così il povero contadino continuò il suo lavoro in serenità, felice e contento.
Ilaria
Il contadino, accortosi di quello che stava succedendo, non sapeva più cosa fare.
Un giorno una pianta parlante spuntò fuori dalla terra sotto un grande albero di melo, dopo avergli spiegato tutto quello che stava succedendo , gli regalò un bastone magico che si trasformava in un filo spinato.
Il filo lo aiutò molto ma mancava qualcosa di più per far scappare quest' orco e così egli si fece aiutare da un omone che sorreggeva un grandissimo palazzo che lo aiutò a farlo scappare.
Così il povero contadino continuò il suo lavoro in serenità, felice e contento.
Ilaria
La principessa senza nome
C’era una volta una principessa a cui avevano fatto un incantesimo che diceva che non avrebbe potuto avere piu’ un nome fino a che non si sarebbe sposata felicemente, tutti la prendevano per pazza, ma lei continuava a sperare.
Un bel giorno il re emanò un editto che diceva che tutti i ragazzi che avessero tra i 17 e i 20 anni, avrebbero dovuto recarsi a corte e la principessa avrebbe dovuto sceglierne uno.
La principessa, quella sera, non ne scelse nessuno, il re era disperato, non sapeva piu’ cosa fare, la principessa le disse che se ne sarebbe dovuta andare per il suo bene, e cosi’ fece.
La principessa senza nome scappò dal castello per rifugiarsi in un convento, ma durante il viaggio venne rapita dai briganti.
Il re ricevette un messaggio con la richiesta di un riscatto per rivedere l’amata figlia viva.
Disperato il re emanò un secondo editto dove prometteva che a chiunque gli avesse riportato la figlia viva avrebbe ricevuto in cambio qualunque dono avesse richiesto.
Tutti i cavalieri del reame andarono alla ricerca della principessa senza nome ma a trovarla fù lo stalliere del re che con coraggio ed astuzia la liberò, la principessa durante il viaggio si innamorò del coraggioso stalliere il quale al ritorno al castello la chiese in sposa al re.
Il re felice acconsentì e la principessa e lo stalliere si sposarono e vissero felici e contenti.
Fine della storia.
E il nome ? Direte voi.
Lascio a voi la scelta.
Giulia
Un bel giorno il re emanò un editto che diceva che tutti i ragazzi che avessero tra i 17 e i 20 anni, avrebbero dovuto recarsi a corte e la principessa avrebbe dovuto sceglierne uno.
La principessa, quella sera, non ne scelse nessuno, il re era disperato, non sapeva piu’ cosa fare, la principessa le disse che se ne sarebbe dovuta andare per il suo bene, e cosi’ fece.
La principessa senza nome scappò dal castello per rifugiarsi in un convento, ma durante il viaggio venne rapita dai briganti.
Il re ricevette un messaggio con la richiesta di un riscatto per rivedere l’amata figlia viva.
Disperato il re emanò un secondo editto dove prometteva che a chiunque gli avesse riportato la figlia viva avrebbe ricevuto in cambio qualunque dono avesse richiesto.
Tutti i cavalieri del reame andarono alla ricerca della principessa senza nome ma a trovarla fù lo stalliere del re che con coraggio ed astuzia la liberò, la principessa durante il viaggio si innamorò del coraggioso stalliere il quale al ritorno al castello la chiese in sposa al re.
Il re felice acconsentì e la principessa e lo stalliere si sposarono e vissero felici e contenti.
Fine della storia.
E il nome ? Direte voi.
Lascio a voi la scelta.
Giulia
La lanterna profumata
C’era una volta una bambina di nome Guendalina, che era la più piccola di tre sorelle.
Le sorelle la trattavano bene però a volte la isolavano, lasciandola sempre sola.
Un giorno le sorelle ebbero in dono dal nonno una lanterna dorata che profumava di fragole, però, avendo paura di farla cadere, la affidarono a Guendalina.
La bambina custodiva la lanterna come un tesoro.
Un giorno Guendalina dovette andare a raccogliere in un prato le rose per il compleanno della sorella e così lasciò la casa vuota.
Nella casa entrò di nascosto una strega cattiva che fece cadere la lanterna e scappò.
Quando Guendalina tornò a casa, vide la lanterna rotta in mille pezzi e pianse, fu costretta a buttare tutti i pezzi della lanterna, così le sorelle non se ne sarebbero accorte.
Andò a piangere nel prato e mentre piangeva apparve una fata bellissima che la consolò dandole un pettine che si trasformava in una foresta ricca di fragole.
Ad un certo punto la fata disse a Guendalina:
-Vuoi un’altra lanterna? Allora va’ in una foresta qualunque e raccogli tutte le fragole che trovi!
Guendalina smise di piangere, guardò entusiasta il pettine e salutò la fata.
Prese allora il famoso pettine e questo si trasformò in una foresta colma di fragole.
La bambina si mise in cammino con il suo cestino; le fragole si trovavano ovunque, anche sugli alberi, dove Guendalina non arrivava.
Passò di lì un cavallo alato che aiutò Guendalina a prendere le fragole sugli alberi. Dopo aver raccolto tutte le fragole e ripreso il pettine magico, Guendalina salì sul cavallo alato che la portò dalla fata.
La fata allora con tutte le fragole raccolte fece un incantesimo e costruì una lanterna identica a quella rotta dalla strega.
Il cavallo e Guendalina ringraziarono la fata e con la lanterna si avviarono verso casa.
Incontrarono però la strega cattiva vicino ad un pozzo. Allora Guendalina impaurita salì sul cavallo alato che si alzò nel cielo. La strega però si aggrappò alla coda del cavallo per rubare la lanterna ma per la fatica lasciò la coda e cadde nel pozzo.
Tornata finalmente a casa, Guendalina salutò il cavallo alato che volò nel cielo.
Andò anche a salutare le sue sorelle, portando alla festeggiata un mazzo di rose (quelle che aveva raccolto).
Portò a casa sana e salva la lanterna che profumava ancora di più.
Guendalina mise la lanterna al centro del tavolo, dove tutte le sorelle si riunirono e si misero a raccontare fiabe provenienti da tutto il mondo.
Anche Guendalina raccontò la sua fiaba che narrava la sua straordinaria avventura.
Da quel giorno le sorelle non isolarono più Guendalina e vissero per sempre felici e contente.
Francesca
Le sorelle la trattavano bene però a volte la isolavano, lasciandola sempre sola.
Un giorno le sorelle ebbero in dono dal nonno una lanterna dorata che profumava di fragole, però, avendo paura di farla cadere, la affidarono a Guendalina.
La bambina custodiva la lanterna come un tesoro.
Un giorno Guendalina dovette andare a raccogliere in un prato le rose per il compleanno della sorella e così lasciò la casa vuota.
Nella casa entrò di nascosto una strega cattiva che fece cadere la lanterna e scappò.
Quando Guendalina tornò a casa, vide la lanterna rotta in mille pezzi e pianse, fu costretta a buttare tutti i pezzi della lanterna, così le sorelle non se ne sarebbero accorte.
Andò a piangere nel prato e mentre piangeva apparve una fata bellissima che la consolò dandole un pettine che si trasformava in una foresta ricca di fragole.
Ad un certo punto la fata disse a Guendalina:
-Vuoi un’altra lanterna? Allora va’ in una foresta qualunque e raccogli tutte le fragole che trovi!
Guendalina smise di piangere, guardò entusiasta il pettine e salutò la fata.
Prese allora il famoso pettine e questo si trasformò in una foresta colma di fragole.
La bambina si mise in cammino con il suo cestino; le fragole si trovavano ovunque, anche sugli alberi, dove Guendalina non arrivava.
Passò di lì un cavallo alato che aiutò Guendalina a prendere le fragole sugli alberi. Dopo aver raccolto tutte le fragole e ripreso il pettine magico, Guendalina salì sul cavallo alato che la portò dalla fata.
La fata allora con tutte le fragole raccolte fece un incantesimo e costruì una lanterna identica a quella rotta dalla strega.
Il cavallo e Guendalina ringraziarono la fata e con la lanterna si avviarono verso casa.
Incontrarono però la strega cattiva vicino ad un pozzo. Allora Guendalina impaurita salì sul cavallo alato che si alzò nel cielo. La strega però si aggrappò alla coda del cavallo per rubare la lanterna ma per la fatica lasciò la coda e cadde nel pozzo.
Tornata finalmente a casa, Guendalina salutò il cavallo alato che volò nel cielo.
Andò anche a salutare le sue sorelle, portando alla festeggiata un mazzo di rose (quelle che aveva raccolto).
Portò a casa sana e salva la lanterna che profumava ancora di più.
Guendalina mise la lanterna al centro del tavolo, dove tutte le sorelle si riunirono e si misero a raccontare fiabe provenienti da tutto il mondo.
Anche Guendalina raccontò la sua fiaba che narrava la sua straordinaria avventura.
Da quel giorno le sorelle non isolarono più Guendalina e vissero per sempre felici e contente.
Francesca
La morte del lupo
C’era una volta un vecchio lupone con dieci code che dubitava della fedeltà di sua moglie, così un giorno volle metterla alla prova.
Si sdraiò sotto la panca senza dar segni di vita facendo finta di essere ormai morto.
La lupa, dopo questo avvenimento, si chiuse in camera, mentre Anna, la cameriera, andò al focolare e si mise a cucinare.
Quando la voce della morte del vecchio lupo si era ormai sparsa in tutta la foresta, tutti si avviarono a casa della lupa per farle le loro condoglianze.
E nel frattempo tutti i pretendenti si fecero avanti.
Uno dopo l’altro bussarono alla porta.
Il primo era un giovane lupacchiotto che chiese alla cameriera, se gentilmente poteva andare a riferire alla lupa che c’era un lupacchiotto disposto a farle la corte.
Anna corse subito a riferirlo alla lupa.
E lei subito domandò: “ Quante code ha?”
Anna rispose:”Ce n’ha una sola …” “Allora non lo voglio” rispose la lupa.
In seguito si presentarono altri lupacchiotti, e anche loro avevano una coda sola. Allora la lupa li rifiutò tutti.
Fino a quando non arrivò un lupacchiotto che aveva dieci code (come il vecchio e “defunto “ lupo ).
Quando Anna lo andò a riferire alla lupa, essa accettò subito e scese in cucina per incontrarlo .
Le nozze si celebrarono la sera stessa .
Anna fece aprire le porte, spalancare le finestre e volle spazzar via il vecchio defunto lupo.
Ma proprio in 1quel momento il lupo uscì da sotto la panca e volle cacciar via di casa tutti, anche quella che una volta era sua moglie!
Benedetta
Si sdraiò sotto la panca senza dar segni di vita facendo finta di essere ormai morto.
La lupa, dopo questo avvenimento, si chiuse in camera, mentre Anna, la cameriera, andò al focolare e si mise a cucinare.
Quando la voce della morte del vecchio lupo si era ormai sparsa in tutta la foresta, tutti si avviarono a casa della lupa per farle le loro condoglianze.
E nel frattempo tutti i pretendenti si fecero avanti.
Uno dopo l’altro bussarono alla porta.
Il primo era un giovane lupacchiotto che chiese alla cameriera, se gentilmente poteva andare a riferire alla lupa che c’era un lupacchiotto disposto a farle la corte.
Anna corse subito a riferirlo alla lupa.
E lei subito domandò: “ Quante code ha?”
Anna rispose:”Ce n’ha una sola …” “Allora non lo voglio” rispose la lupa.
In seguito si presentarono altri lupacchiotti, e anche loro avevano una coda sola. Allora la lupa li rifiutò tutti.
Fino a quando non arrivò un lupacchiotto che aveva dieci code (come il vecchio e “defunto “ lupo ).
Quando Anna lo andò a riferire alla lupa, essa accettò subito e scese in cucina per incontrarlo .
Le nozze si celebrarono la sera stessa .
Anna fece aprire le porte, spalancare le finestre e volle spazzar via il vecchio defunto lupo.
Ma proprio in 1quel momento il lupo uscì da sotto la panca e volle cacciar via di casa tutti, anche quella che una volta era sua moglie!
Benedetta
Contadini coraggiosi
C’era una volta un villaggio dove viveva una famiglia felice
Nonostante il padre fosse un semplice contadino che ogni giorno si svegliava all’alba per andare a lavorare per sfamare sua moglie e i suoi due figli, la famiglia aveva tutto quello che le serviva per vivere serenamente senza problemi.
Un brutto giorno, però, arrivò al villaggio un drago che distrusse la loro casa e i campi del contadino.
La famiglia dovette così mettersi in viaggio alla ricerca di un nuovo villaggio dove abitare. Viaggiarono a lungo, finché una notte incontrarono l’indicazione con il nome di un villaggio, si diressero in quella direzione. Arrivati al villaggio trovarono una casa abbandonata dove passare la notte. La mattina seguente si svegliarono e osservarono bene l’interno della casa, videro che era in buono stato e si chiesero perchè nessuno l’abitasse.
Durante l’esplorazione della casa, il figlio più piccolo tirò la cordicella di una tenda, all’improvviso magicamente, si apri una parete facendo apparire un laboratorio nascosto.
All’interno del laboratorio vi era un individuo curioso su una sedia, pensieroso.
Il contadino vedendolo così pensieroso gli chiese quale fosse la ragione della sua preoccupazione.
Lo scienziato gli rispose che un drago terribile era venuto nel villaggio, distruggendo la case e spargendo il veleno ovunque, lo scienziato aggiunse che lui aveva inventato un’arma potente che nessuno degli abitanti del villaggio però avrebbe potuto usarla perché il veleno aveva trasformato tutti in fifoni.
La moglie del contadino disse che la sua famiglia non era stata infettata dal veleno e quindi volevano provare a sconfiggerlo. tutta la famiglia indossò armature antifiamma e maschera per il veleno e si diressero presso la grotta dove si nascosero per cogliere il drago di sorpresa.
I figli facevano da esca e quando il drago li vide, il contadino e sua moglie uscirono allo scoperto con l’arma. L’arma consentiva di lanciare 50 frecce avvelenate contemporaneamente.
La dose massiccia di veleno uccise il drago.
Il villaggio, liberato del drago, ripagò il contadino e la sua famiglia per il loro coraggio e il loro sangue freddo.
Agnese.
Nonostante il padre fosse un semplice contadino che ogni giorno si svegliava all’alba per andare a lavorare per sfamare sua moglie e i suoi due figli, la famiglia aveva tutto quello che le serviva per vivere serenamente senza problemi.
Un brutto giorno, però, arrivò al villaggio un drago che distrusse la loro casa e i campi del contadino.
La famiglia dovette così mettersi in viaggio alla ricerca di un nuovo villaggio dove abitare. Viaggiarono a lungo, finché una notte incontrarono l’indicazione con il nome di un villaggio, si diressero in quella direzione. Arrivati al villaggio trovarono una casa abbandonata dove passare la notte. La mattina seguente si svegliarono e osservarono bene l’interno della casa, videro che era in buono stato e si chiesero perchè nessuno l’abitasse.
Durante l’esplorazione della casa, il figlio più piccolo tirò la cordicella di una tenda, all’improvviso magicamente, si apri una parete facendo apparire un laboratorio nascosto.
All’interno del laboratorio vi era un individuo curioso su una sedia, pensieroso.
Il contadino vedendolo così pensieroso gli chiese quale fosse la ragione della sua preoccupazione.
Lo scienziato gli rispose che un drago terribile era venuto nel villaggio, distruggendo la case e spargendo il veleno ovunque, lo scienziato aggiunse che lui aveva inventato un’arma potente che nessuno degli abitanti del villaggio però avrebbe potuto usarla perché il veleno aveva trasformato tutti in fifoni.
La moglie del contadino disse che la sua famiglia non era stata infettata dal veleno e quindi volevano provare a sconfiggerlo. tutta la famiglia indossò armature antifiamma e maschera per il veleno e si diressero presso la grotta dove si nascosero per cogliere il drago di sorpresa.
I figli facevano da esca e quando il drago li vide, il contadino e sua moglie uscirono allo scoperto con l’arma. L’arma consentiva di lanciare 50 frecce avvelenate contemporaneamente.
La dose massiccia di veleno uccise il drago.
Il villaggio, liberato del drago, ripagò il contadino e la sua famiglia per il loro coraggio e il loro sangue freddo.
Agnese.
La grande avventura di Peppino
C’era una volta, in un paese molto lontano, un ragazzo di nome Peppino.
Egli aveva 12 anni e viveva con la sua matrigna in campagna sopra un mulino.
Peppino era molto triste, solo e sconsolato, perché da quando suo padre era andato in guerra, ormai due anni, era costretto a lavorare per la matrigna.
Passava le sue giornate a lavorare al mulino, non andava più a scuola e non poteva più giocare con i suoi amici, perché la matrigna lo sfruttava.
Nonostante questo, Peppino era gentile con tutti i contadini che andavano a macinare il grano da lui e, tra tutti questi, era molto cortese con un vecchietto che aiutava sempre con molta cura.
Un giorno questo vecchietto decise di fargli un regalo, gli chiese cosa desiderasse di più e lui gli rispose: “Mi mancano i miei genitori e vorrei che tornassero vicino a me”.
Dopo due giorni il vecchietto si ripresentò al mulino e gli disse: “Preparati per un lungo viaggio! Questo mulo ti porterà in una grotta dove scorre un fiumiciattolo la cui acqua risuscita i morti, mettine un po’ in questa speciale boccetta e poi versala nella stanza dei tuoi genitori. Al sorgere della prima luna piena loro torneranno in vita…”.
Peppino si mise in viaggio, dopo aver caricato sull’asinello del cibo e dell’acqua; attraversò oscure foreste e pianure sconfinate e quando ormai aveva perso ogni speranza trovò la grotta ma non riusciva ad entrare perché la sua apertura era troppo stretta. Decise allora di infilare la mano con la boccetta e, dopo molta fatica, la riempì.
Dopo una settimana di viaggio, si affrettò ad arrivare a casa per il sorgere della luna piena, riuscì ad entrare a notte inoltrata nella stanza dei suoi genitori e a versare l’acqua magica.
Stanco per il lungo viaggio, si nascose poi nel granaio e dormì per molte ore.
Era ormai giorno quando udì dei suoni provenire dai campi, delle urla…sembravano un uomo e una donna!
Uscì di corsa e vide proprio i suoi genitori che rincorrevano fuori dal mulino l’odiata matrigna, sembravano molto arrabbiati! Peppino iniziò a chiamarli e quando loro lo riconobbero, improvvisamente abbandonarono la matrigna e corsero incontro al loro amato figlio!
Questa favola insegna che la generosità e la bontà di cuore vengono sempre premiati.
Federico S.
Egli aveva 12 anni e viveva con la sua matrigna in campagna sopra un mulino.
Peppino era molto triste, solo e sconsolato, perché da quando suo padre era andato in guerra, ormai due anni, era costretto a lavorare per la matrigna.
Passava le sue giornate a lavorare al mulino, non andava più a scuola e non poteva più giocare con i suoi amici, perché la matrigna lo sfruttava.
Nonostante questo, Peppino era gentile con tutti i contadini che andavano a macinare il grano da lui e, tra tutti questi, era molto cortese con un vecchietto che aiutava sempre con molta cura.
Un giorno questo vecchietto decise di fargli un regalo, gli chiese cosa desiderasse di più e lui gli rispose: “Mi mancano i miei genitori e vorrei che tornassero vicino a me”.
Dopo due giorni il vecchietto si ripresentò al mulino e gli disse: “Preparati per un lungo viaggio! Questo mulo ti porterà in una grotta dove scorre un fiumiciattolo la cui acqua risuscita i morti, mettine un po’ in questa speciale boccetta e poi versala nella stanza dei tuoi genitori. Al sorgere della prima luna piena loro torneranno in vita…”.
Peppino si mise in viaggio, dopo aver caricato sull’asinello del cibo e dell’acqua; attraversò oscure foreste e pianure sconfinate e quando ormai aveva perso ogni speranza trovò la grotta ma non riusciva ad entrare perché la sua apertura era troppo stretta. Decise allora di infilare la mano con la boccetta e, dopo molta fatica, la riempì.
Dopo una settimana di viaggio, si affrettò ad arrivare a casa per il sorgere della luna piena, riuscì ad entrare a notte inoltrata nella stanza dei suoi genitori e a versare l’acqua magica.
Stanco per il lungo viaggio, si nascose poi nel granaio e dormì per molte ore.
Era ormai giorno quando udì dei suoni provenire dai campi, delle urla…sembravano un uomo e una donna!
Uscì di corsa e vide proprio i suoi genitori che rincorrevano fuori dal mulino l’odiata matrigna, sembravano molto arrabbiati! Peppino iniziò a chiamarli e quando loro lo riconobbero, improvvisamente abbandonarono la matrigna e corsero incontro al loro amato figlio!
Questa favola insegna che la generosità e la bontà di cuore vengono sempre premiati.
Federico S.
domenica 14 gennaio 2007
Il contadino povero
C’era una volta un povero contadino che aveva una moglie, 7 figli e poco o nulla da mangiare.
Un giorno, quando il postino consegnò il giornale gratuito” Il Messaggero del contadino” che annunciava il rapimento della regina, il contadino appena lesse la notizia in prima pagina corse dalla moglie che, osservando il giornale, disse:”E’ la nostra occasione”. Il marito la guardò con faccia dubbiosa e chiese :” In che senso è la nostra occasione?” . La moglie si spiegò meglio:” Nel senso che tu libererai la regina, lei come ricompensa ci darà dell’ oro e così diventeremo ricchi”.
Allora il contadino capì.
La moglie gli spiegò che doveva recarsi dalla strega per liberare la regina(perché sicuramente era stata la strega a rapire la ricca regina) ma per arrivare a casa della strega gli diede una bussola, per far capire meglio il suo piano al marito che sembrava un tantino perplesso, disse :” Ti servirà questa bussola, è molto vecchia, ma non è una bussola qualunque, è magica, ti guiderà passo passo nel tuo viaggio ( è una bussola parlante). “Ora vai” lo incoraggiò, porgendogli il pacchetto dove c’ era il cibo che lei aveva messo da parte in caso di carestia. Il contadino salutò la moglie, baciò i suoi 7 figli e partì.
Si era fatto ormai buio, allora il contadino decise di accamparsi in una capanna abbandonata e qui rimase per tutta la notte. Il mattino dopo si svegliò e continuò il suo viaggio. Dopo un paio di ore giunse alla casa della strega, era una casa mostruosa, era fatta esclusivamente di teschi umani.
Il contadino si fece coraggio e bussò alla porta di quella abitazione, di lì uscì una vecchia cicciona e piena di brufoli che urlò con una voce stridula:” Chi sei? Cosa vuoi? Vattene, se non vuoi fare la fine della regina!” Prima che la vecchia gli chiudesse la porta in faccia il contadino disse:” Sono pronto a qualunque sfida, basta che liberi la regina !”La strega accettò ed esclamò con voce penetrante:” Dovrai sfidare il grande e potente drago. Il contadino pieno di paura accettò.
Ad un certo punto successe una cosa strana, la bussola incominciò a brillare, il contadino incuriosito la prese fra le mani e la bussola si trasformò in una spada, così lui potè combattere contro il drago.
La lotta fu molto faticosa, ma con il suo coraggio e la sua voglia di vincere per il bene della sua famiglia, il contadino conficcò la spada nel cuore del drago e lo uccise.
La strega dovette stare ai patti e quindi liberò la regina che per gratitudine donò al contadino tante monete d’oro.
Il contadino tornò a casa ricco così come aveva promesso a sua moglie e ai suoi 7 figli che non dovettero più patire la fame.
Elisa C.
Un giorno, quando il postino consegnò il giornale gratuito” Il Messaggero del contadino” che annunciava il rapimento della regina, il contadino appena lesse la notizia in prima pagina corse dalla moglie che, osservando il giornale, disse:”E’ la nostra occasione”. Il marito la guardò con faccia dubbiosa e chiese :” In che senso è la nostra occasione?” . La moglie si spiegò meglio:” Nel senso che tu libererai la regina, lei come ricompensa ci darà dell’ oro e così diventeremo ricchi”.
Allora il contadino capì.
La moglie gli spiegò che doveva recarsi dalla strega per liberare la regina(perché sicuramente era stata la strega a rapire la ricca regina) ma per arrivare a casa della strega gli diede una bussola, per far capire meglio il suo piano al marito che sembrava un tantino perplesso, disse :” Ti servirà questa bussola, è molto vecchia, ma non è una bussola qualunque, è magica, ti guiderà passo passo nel tuo viaggio ( è una bussola parlante). “Ora vai” lo incoraggiò, porgendogli il pacchetto dove c’ era il cibo che lei aveva messo da parte in caso di carestia. Il contadino salutò la moglie, baciò i suoi 7 figli e partì.
Si era fatto ormai buio, allora il contadino decise di accamparsi in una capanna abbandonata e qui rimase per tutta la notte. Il mattino dopo si svegliò e continuò il suo viaggio. Dopo un paio di ore giunse alla casa della strega, era una casa mostruosa, era fatta esclusivamente di teschi umani.
Il contadino si fece coraggio e bussò alla porta di quella abitazione, di lì uscì una vecchia cicciona e piena di brufoli che urlò con una voce stridula:” Chi sei? Cosa vuoi? Vattene, se non vuoi fare la fine della regina!” Prima che la vecchia gli chiudesse la porta in faccia il contadino disse:” Sono pronto a qualunque sfida, basta che liberi la regina !”La strega accettò ed esclamò con voce penetrante:” Dovrai sfidare il grande e potente drago. Il contadino pieno di paura accettò.
Ad un certo punto successe una cosa strana, la bussola incominciò a brillare, il contadino incuriosito la prese fra le mani e la bussola si trasformò in una spada, così lui potè combattere contro il drago.
La lotta fu molto faticosa, ma con il suo coraggio e la sua voglia di vincere per il bene della sua famiglia, il contadino conficcò la spada nel cuore del drago e lo uccise.
La strega dovette stare ai patti e quindi liberò la regina che per gratitudine donò al contadino tante monete d’oro.
Il contadino tornò a casa ricco così come aveva promesso a sua moglie e ai suoi 7 figli che non dovettero più patire la fame.
Elisa C.
Il drago a due teste
C’era una volta,in un paese molto, molto lontano un terribile drago che depredava i greggi, che bruciava il raccolto e le case e terrorizzava la popolazione.
Il re, un ometto basso e grassottello, emanò un editto che diceva:-Chi libererà me ed il mio popolo dal terribile drago riceverà un abbondante premio-
Molti valorosi cavalieri si cimentarono in quell’ impresa, ma nessuno di loro riuscì perché la bestia aveva due teste ed era quasi impossibile sconfiggerle entrambe.
Il re aveva una bellissima figlia alta e magra, con i capelli così biondi che sembravano fili d’oro e gli occhi di un azzurro molto intenso. Il suo nome era Isabella.
Un giorno la ragazza decise di andare nel bosco a cavalcare; purtroppo il cavallo si impigliò nei rovi e Isabella non sapeva cosa fare.
In quello stesso giorno Ludovico, il figlio del fabbro del villaggio, giovane generoso e coraggioso, si era incamminato nel bosco per la sua solita battuta di caccia, non sapendo che avrebbe fatto due incontri che gli avrebbero cambiato la vita.
Sentì da lontano dei richiami di aiuto e un cavallo che sembrava in difficoltà. Quando arrivò vide che erano rimasti intrappolati in un cespuglio di rovi e cercò di liberare subito il cavallo, ma quando si girò rimase sbalordito della bellezza di Isabella. Non l’aveva mai vista prima perché il padre la teneva molto a castello, e aveva l’intenzione di farle sposare il ricco signorotto del paese vicino. Isabella ringraziò molto il giovane e tornò a castello, ma anche lei rimase colpita dal ragazzo.
Il giovane stava ancora pensando a lei quando tornando sulla strada di casa si imbattè in una mendicante che chiedeva una brocca d’acqua. Tutti cercavano di evitarla ma il nostro Ludovico scese da cavallo, attinse l’acqua nel vicino pozzo e la porse con estrema gentilezza alla poverina.
Lei per ringraziarlo gli regalò un vecchio mantello sussurrandogli queste parole: “Quando questo capo indosserai , tu invisibile diventerai!”
Il giovane rimase sbalordito dal dono e dalle parole, alle quali da principio non credette, e tornò rapidamente a casa dove dimenticò il tutto.
Qualche giorno più tardi il drago tornò a farsi vivo e anche questa volta partirono alcuni giovani del paese per cercare di sconfiggerlo, ma nessuno di loro ci riuscì.
Per caso Ludovico ritrovò il vecchio mantello donatogli dalla mendicante, ricordò quelle strane parole e lo indossò davanti ad uno specchio: INCREDIBILE!!! La sua immagine, indossando il mantello, allo specchio scompariva. Allora era proprio vero che rendeva invisibili!!!
Decise di affrontare il drago. Scelse le due spade più affilate che il padre aveva e portando con sé il mantello si incamminò.
Quando già era nelle vicinanze della grotta, sentendo l’odore di zolfo e vedendo il fumo sentiva la paura corrergli nella schiena,ma stringendo a sé il mantello trovò il coraggio di andare avanti. Chiamò a gran voce il drago che, svegliandosi dal suo sonno era più arrabbiato che mai. Uscì per vedere chi era ma non trovò nessuno.
Ludovico aveva indossato il magico mantello e si avvicinava sempre di più all’orribile bestia. Tenendo una spada per ogni mano,prese la mira e con un gesto unico delle due mani tagliò di netto le due teste; il drago cadde a terra e morì.
In paese la notizia si sparse subito e tutti scesero nelle strade ad accogliere l’eroe; anche il re accolse la notizia con gioia e chiamo a palazzo il giovane.
Quando Ludovico entrò nel salone del trono trovò la famiglia reale al completo che lo stava aspettando. Quando posò gli occhi sulla giovane principessa che sedeva accanto al padre e riconobbe in lei la fanciulla salvata nel bosco il suo cuore cominciò a battere più forte e naturalmente possiamo immaginare quale fu il premio che scelse.
I due giovani vissero per sempre felici e contenti.
Beatrice B. G.
Il re, un ometto basso e grassottello, emanò un editto che diceva:-Chi libererà me ed il mio popolo dal terribile drago riceverà un abbondante premio-
Molti valorosi cavalieri si cimentarono in quell’ impresa, ma nessuno di loro riuscì perché la bestia aveva due teste ed era quasi impossibile sconfiggerle entrambe.
Il re aveva una bellissima figlia alta e magra, con i capelli così biondi che sembravano fili d’oro e gli occhi di un azzurro molto intenso. Il suo nome era Isabella.
Un giorno la ragazza decise di andare nel bosco a cavalcare; purtroppo il cavallo si impigliò nei rovi e Isabella non sapeva cosa fare.
In quello stesso giorno Ludovico, il figlio del fabbro del villaggio, giovane generoso e coraggioso, si era incamminato nel bosco per la sua solita battuta di caccia, non sapendo che avrebbe fatto due incontri che gli avrebbero cambiato la vita.
Sentì da lontano dei richiami di aiuto e un cavallo che sembrava in difficoltà. Quando arrivò vide che erano rimasti intrappolati in un cespuglio di rovi e cercò di liberare subito il cavallo, ma quando si girò rimase sbalordito della bellezza di Isabella. Non l’aveva mai vista prima perché il padre la teneva molto a castello, e aveva l’intenzione di farle sposare il ricco signorotto del paese vicino. Isabella ringraziò molto il giovane e tornò a castello, ma anche lei rimase colpita dal ragazzo.
Il giovane stava ancora pensando a lei quando tornando sulla strada di casa si imbattè in una mendicante che chiedeva una brocca d’acqua. Tutti cercavano di evitarla ma il nostro Ludovico scese da cavallo, attinse l’acqua nel vicino pozzo e la porse con estrema gentilezza alla poverina.
Lei per ringraziarlo gli regalò un vecchio mantello sussurrandogli queste parole: “Quando questo capo indosserai , tu invisibile diventerai!”
Il giovane rimase sbalordito dal dono e dalle parole, alle quali da principio non credette, e tornò rapidamente a casa dove dimenticò il tutto.
Qualche giorno più tardi il drago tornò a farsi vivo e anche questa volta partirono alcuni giovani del paese per cercare di sconfiggerlo, ma nessuno di loro ci riuscì.
Per caso Ludovico ritrovò il vecchio mantello donatogli dalla mendicante, ricordò quelle strane parole e lo indossò davanti ad uno specchio: INCREDIBILE!!! La sua immagine, indossando il mantello, allo specchio scompariva. Allora era proprio vero che rendeva invisibili!!!
Decise di affrontare il drago. Scelse le due spade più affilate che il padre aveva e portando con sé il mantello si incamminò.
Quando già era nelle vicinanze della grotta, sentendo l’odore di zolfo e vedendo il fumo sentiva la paura corrergli nella schiena,ma stringendo a sé il mantello trovò il coraggio di andare avanti. Chiamò a gran voce il drago che, svegliandosi dal suo sonno era più arrabbiato che mai. Uscì per vedere chi era ma non trovò nessuno.
Ludovico aveva indossato il magico mantello e si avvicinava sempre di più all’orribile bestia. Tenendo una spada per ogni mano,prese la mira e con un gesto unico delle due mani tagliò di netto le due teste; il drago cadde a terra e morì.
In paese la notizia si sparse subito e tutti scesero nelle strade ad accogliere l’eroe; anche il re accolse la notizia con gioia e chiamo a palazzo il giovane.
Quando Ludovico entrò nel salone del trono trovò la famiglia reale al completo che lo stava aspettando. Quando posò gli occhi sulla giovane principessa che sedeva accanto al padre e riconobbe in lei la fanciulla salvata nel bosco il suo cuore cominciò a battere più forte e naturalmente possiamo immaginare quale fu il premio che scelse.
I due giovani vissero per sempre felici e contenti.
Beatrice B. G.
Il contadino dal buon cuore
C’era una volta un contadino molto povero ma dal cuore buono, che abitava insieme al suo corvo domestico in una piccola capanna ai bordi del bosco e che possedeva soltanto un piccolo campo di grano.
Un giorno, quando il contadino stava per seminare, il cielo si fece scuro come la pece e all’improvviso apparve una persona a cavallo di una scopa: era una strega bruttissima, bassa e piena di brufoli e di rughe, con una vocetta stridula e fastidiosa.
La strega disse al contadino: “Vattene da qui, lascia questo campo e non farci più ritorno!”.
Il contadino scappò spaventatissimo e si rifugiò nella sua capanna. Poi dopo lo spavento arrivò il furore, perché il campo di grano era l’unica cosa che aveva ma cosa mai poteva fare contro una strega così potente?
Ad un tratto il contadino sentì una voce alle sue spalle, e spaventato si girò di scatto gridando: “Chi c’è? Chi ha parlato?”
La voce disse: “Non avere paura, siamo tuoi amici, ti aiuteremo noi a sconfiggere la strega!”
“Ma chi parla? Chi siete? Davvero mi aiuterete?”
“Sono Beppe, il tuo corvo domestico”
“Ma come!”, disse il contadino, “tu parli?!?”
Beppe rispose: “Certo, io sono un corvo fatato, e ti aiuterò a cacciare la strega insieme a Zita la mosca!”
“Zita la mosca? E dove sta?”
“E’ davanti al tuo naso, e anzi, fai attenzione a non ucciderla!”
“Ops!”, disse il contadino, “non ti avevo vista, sei così piccola!”
“Zzzz! E ti pareva!”, si lamentò Zita.
Il contadino chiese a Beppe: “Ma perché la strega mi ha cacciato dal mio campo di grano? A cosa le serve?”
“Non ne ho idea”, rispose Beppe, “ecco a cosa ci serve Zita! Dai Zita, vola dalla strega e cerca di capire a cosa la serve il campo di grano!”
“Volo!” rispose Zita, che subito si diresse verso il campo pronta ad aguzzare le orecchie.
Infatti, svolazzando intorno alla strega la sentì dire fra sé e sé: “Ecco, ora non mi resta che scavare fino a quando non ritrovo il baule con le pozioni magiche che nascosi mille anni fa e con le quali potrò diventare la strega più potente del mondo.”
Sentite queste cose Zita volò dal contadino e da Beppe e riferì le intenzioni della strega.
Allora Beppe decise di dare al contadino un pettine magico, e gli disse: “Attento, questo non è un comune pettine, è magico, e solo le persone di buon cuore come te lo possono lanciare, e tu lo lancerai contro la strega con questa fionda magica che non fa mai sbagliare la mira alle persone dal buon cuore. Quando la strega sarà colpita, sarà avvolta da una foresta impenetrabile che, dopo averla intrappolata, scomparirà insieme a lei!”
Il contadino prese fionda e pettine, uscì dalla capanna e senza farsi vedere si avvicinò il più possibile alla strega, prese attentamente la mira e……Paf! Ci fu un enorme fumo denso e nero, alberi grandissimi comparvero all’improvviso circondando la strega che urlava a più non posso. Poco dopo alberi e fattucchiera scomparvero per non riapparire mai più.
E così il contadino dal buon cuore, grazie all’aiuto di Beppe il corvo domestico e di Zita la mosca, poté fare ritorno nel suo campo di grano. E il corvo, per ricompensarlo per aver cacciato la strega, gli fece trovare un forziere stracarico d’oro, e così il contadino diventò ricco sfondato.
Edoardo
Un giorno, quando il contadino stava per seminare, il cielo si fece scuro come la pece e all’improvviso apparve una persona a cavallo di una scopa: era una strega bruttissima, bassa e piena di brufoli e di rughe, con una vocetta stridula e fastidiosa.
La strega disse al contadino: “Vattene da qui, lascia questo campo e non farci più ritorno!”.
Il contadino scappò spaventatissimo e si rifugiò nella sua capanna. Poi dopo lo spavento arrivò il furore, perché il campo di grano era l’unica cosa che aveva ma cosa mai poteva fare contro una strega così potente?
Ad un tratto il contadino sentì una voce alle sue spalle, e spaventato si girò di scatto gridando: “Chi c’è? Chi ha parlato?”
La voce disse: “Non avere paura, siamo tuoi amici, ti aiuteremo noi a sconfiggere la strega!”
“Ma chi parla? Chi siete? Davvero mi aiuterete?”
“Sono Beppe, il tuo corvo domestico”
“Ma come!”, disse il contadino, “tu parli?!?”
Beppe rispose: “Certo, io sono un corvo fatato, e ti aiuterò a cacciare la strega insieme a Zita la mosca!”
“Zita la mosca? E dove sta?”
“E’ davanti al tuo naso, e anzi, fai attenzione a non ucciderla!”
“Ops!”, disse il contadino, “non ti avevo vista, sei così piccola!”
“Zzzz! E ti pareva!”, si lamentò Zita.
Il contadino chiese a Beppe: “Ma perché la strega mi ha cacciato dal mio campo di grano? A cosa le serve?”
“Non ne ho idea”, rispose Beppe, “ecco a cosa ci serve Zita! Dai Zita, vola dalla strega e cerca di capire a cosa la serve il campo di grano!”
“Volo!” rispose Zita, che subito si diresse verso il campo pronta ad aguzzare le orecchie.
Infatti, svolazzando intorno alla strega la sentì dire fra sé e sé: “Ecco, ora non mi resta che scavare fino a quando non ritrovo il baule con le pozioni magiche che nascosi mille anni fa e con le quali potrò diventare la strega più potente del mondo.”
Sentite queste cose Zita volò dal contadino e da Beppe e riferì le intenzioni della strega.
Allora Beppe decise di dare al contadino un pettine magico, e gli disse: “Attento, questo non è un comune pettine, è magico, e solo le persone di buon cuore come te lo possono lanciare, e tu lo lancerai contro la strega con questa fionda magica che non fa mai sbagliare la mira alle persone dal buon cuore. Quando la strega sarà colpita, sarà avvolta da una foresta impenetrabile che, dopo averla intrappolata, scomparirà insieme a lei!”
Il contadino prese fionda e pettine, uscì dalla capanna e senza farsi vedere si avvicinò il più possibile alla strega, prese attentamente la mira e……Paf! Ci fu un enorme fumo denso e nero, alberi grandissimi comparvero all’improvviso circondando la strega che urlava a più non posso. Poco dopo alberi e fattucchiera scomparvero per non riapparire mai più.
E così il contadino dal buon cuore, grazie all’aiuto di Beppe il corvo domestico e di Zita la mosca, poté fare ritorno nel suo campo di grano. E il corvo, per ricompensarlo per aver cacciato la strega, gli fece trovare un forziere stracarico d’oro, e così il contadino diventò ricco sfondato.
Edoardo
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