C’era una volta, in un bosco lontano lontano, una coppia di usignoli.
Un bel giorno i due uccellini stavano costruendo il loro nido cinguettando allegramente quando la femmina disse:
“Caro, oggi è il tuo turno di andare a procurarci il cibo.”
“Va bene, ma stai attenta a non farti catturare.” Rispose lui e si allontanò fra gli alberi.
Intanto, non molto lontano da lì, nella foresta stava un ricco e potente rajà che, mentre passeggiava nel bosco, in sella al suo elefante e scortato da una schiera di cacciatori, sentì l’adorabile cinguettio dell’usignolo e, incuriosito, si avvicinò.
“Prendete quell’usignolo!” gridò il rajà ai cacciatori. I cacciatori non esitarono e, tirando una rete addosso all’usignolo, lo catturarono.
Poco dopo tornò l’usignolo maschio che rimase impietrito non trovando la sua amata.
“Dove sei cara?” gridò l’usignolo quasi piangendo.
“L’ha rapita il raja.” disse una voce.
“Cosa? Chi ha parlato? Chi sei?” disse l’usignolo spaventato.
“Sono l’albero su cui state costruendo il nido.” Rispose la voce e poi riprese dicendo: “Io ho visto tutto e ti posso pure aiutare.”
E dopo aver spiegato all’usignolo quel che era successo, l’albero disse: “Una volta un grande mago fece una pozione, ma visto che a lui non serviva e che aveva creato molto caos nel suo paese venne a nasconderla qui nel bosco e proprio nel mio tronco. Infatti, la pozione sta in quel buco nel mio tronco. Prendila e portala con te, ti potrà servire.”
“E a cosa? Cosa fa questa pozione?” chiese l’usignolo.
“Questa pozione fa sì che nelle tue orecchie possa entrare qualsiasi cosa tu voglia.” Rispose l’albero.
“Va bene, la porterò con me anche se non so a cosa possa servirmi.” Disse l’usignolo, ringraziò e partì.
Dopo poco tempo, passò accanto ad un robusto albero e, dai suoi rami, sentì provenire un miagolio. Si avvicinò e vide un cucciolo di gatta che piangeva. Allora gli chiese: “Perché piangi?”
“La mia mamma è andata in cerca di cibo ma non è più tornata.” Rispose il gatto.
“Da quale parte è andata?” chiese l’usignolo.
“Di là.” Rispose il gatto indicando un sentiero in mezzo agli alberi.
Così l’usignolo si diresse verso quella direzione e, dopo poco, ritrovò la gatta intrappolata fra le liane. Allora la liberò e la ricondusse dal suo cucciolo e, quando furono arrivati, la gatta gli chiese: “Come ti potrò mai ripagare di questo favore?”
L’uccellino pensò e, dopo un po’, rispose:
“Mi potresti aiutare a salvare la mia amata, signora gatta. E’ stata catturata dal rajà.”
“Va bene, ti posso aiutare, verrò con te.” Disse la gatta.
Così l’usignolo e la gatta si incamminarono e, dopo poca strada, arrivarono ad un grosso fiume sul quale galleggiava un piccolo tronco al quale si reggeva un topolino che gridava chiedendo aiuto.
Così l’usignolo volò fino al topo, lo prese e lo portò a riva.
“Come potrò mai ripagarti?” chiese il topolino.
“Vieni con me a salvare la mia amata dalle grinfie del rajà.” Rispose l’usignolo.
Così, l’usignolo, la gatta e il topolino si avviarono verso il palazzo del rajà e, dopo poco tempo, arrivarono ad una cascata che, vedendo tre animali tutti diversi camminare vicini, si incuriosì e chiese: “Dove andate?”
“A salvare la mia fidanzata che è stata catturata dal rajà.” Rispose l’usignolo.
“Ah, come vi vorrei aiutare, la mia acqua non scorre più come una volta perché il rajà ha fatto una diga per irrigare i campi.” Esclamò la cascata.
“Beh, un modo di aiutarci ci sarebbe!” disse l’usignolo, prendendo la pozione datagli dall’albero “Questa pozione fa sì che, nelle mie orecchie, possa entrarci qualsiasi cosa.”
“E con ciò? Cosa vorresti dire?” chiese la cascata.
“Voglio dire che se la bevo potrai venire con noi, entrando nel mio orecchio.” Rispose l’usignolo.
“D’accordo.” Disse la cascata. E così dicendo, l’usignolo bevve la pozione e un po’ dell’acqua della cascata gli entrò nell’orecchio.
“Visto che ci siamo” disse l’usignolo alla gatta e al topolino “perché non mi entrate nell’orecchio anche voi? Sarà più facile, così, entrare nel palazzo.”
“Va bene.” Risposero i due in coro “Però nell’altro, altrimenti affogheremo.”
Così anche la gatta e il topolino entrarono nell’orecchio dell’usignolo che si mise a volare a tutta forza verso il palazzo del rajà.
Dopo molta altra strada, l’usignolo arrivò al palazzo del rajà e, entrato furtivamente, si avvicinò al rajà e gli disse: “Libera la mia fidanzata!”
“Altrimenti, che mi farai!?” disse ridendo il rajà. “Prendetelo e rinchiudetelo nel pollaio.” Riprese poi rivolgendosi alle guardie.
Così l’usignolo venne rinchiuso nel pollaio assieme alle galline che, quella sera, lo circondarono e incominciarono a beccarlo su tutto il corpo. “Gatta, aiutami tu!” gridò l’usignolo tutto malconcio. Così la gatta uscì dall’orecchio dell’usignolo seminando caos e panico in tutto il pollaio.
La mattina seguente le guardie del rajà andarono a vedere nel pollaio com’era ridotto l’usignolo ma tornarono dal rajà con lui ancora vivo e vegeto e con solo qualche graffietto. Questo non fece piacere al rajà che, innervosito ma allo stesso tempo stupito, ordinò alle guardie: “Rinchiudetelo in una gabbia e attaccatela alla zampa del mio elefante!”.
Così, per la seconda volta, l’usignolo e i suoi amici vennero imprigionati.
“Topolino, ora tocca a te.” Disse l’usignolo. “Esci dall’orecchio e spaventa questo elefante.”
“Va bene, vado.” Disse il topolino e uscì dall’orecchio dell’usignolo spaventando l’elefante che, spaccando la gabbia, li lasciò liberi.
Così, la guardia che stava davanti alla porta della stalla si stupì nel vedere l’usignolo uscire vivo e vegeto così come si stupì il rajà che, ancora più innervosito, disse alle guardie: “Chiudetelo in una gabbietta e appendetela davanti al mio letto!”
E così, quella notte, l’usignolo svegliò il rajà dicendo: “Allora, la liberi, si o no, la mia amata?”
“No, mai, neanche per tutto l’oro del mondo, deve cantare per me qui a palazzo!” rispose il rajà.
“Bene, l’ hai voluto tu.” Disse l’usignolo. “Acqua di cascata, vieni fuori, tocca a te.” E così dicendo l’acqua della cascata cominciò ad uscire dall’orecchio dell’usignolo e, in poco tempo, un quarto della stanza era sommerso dall’acqua.
“Allora, la liberi adesso la mia amata?” chiese nuovamente l’usignolo.
“Ti ho già detto di no. Lei resterà qui e canterà per me!” rispose il rajà.
“Allora morirai sommerso dall’acqua.” disse l’usignolo.
Così, dopo poco tempo la stanza fu coperta per metà dall’acqua, quando il rajà, impaurito, infreddolito ma ancora più arrabbiato, gridò: “D’accordo, libererò te, la tua fidanzata e i tuoi amici; basta che ritiri l’acqua dalla mia stanza, te ne vai e non ti fai più vedere!”
“Va bene. Acqua di cascata, torna nell’orecchio.” Disse l’usignolo. E così dicendo, l’acqua della cascata tornò nell’orecchio dell’usignolo, il rajà liberò lui, la sua amata e i suoi amici e promise che non avrebbe più catturato animali per tenerseli in casa ai suoi comodi.
Così l’acqua della cascata tornò al suo posto a scorrere limpida nel fiume, il topolino tornò dalla sua famiglia, la gatta dal suo cucciolo e i due usignoli nel loro nido sul grande albero nella foresta.
Giordano
Un bel giorno i due uccellini stavano costruendo il loro nido cinguettando allegramente quando la femmina disse:
“Caro, oggi è il tuo turno di andare a procurarci il cibo.”
“Va bene, ma stai attenta a non farti catturare.” Rispose lui e si allontanò fra gli alberi.
Intanto, non molto lontano da lì, nella foresta stava un ricco e potente rajà che, mentre passeggiava nel bosco, in sella al suo elefante e scortato da una schiera di cacciatori, sentì l’adorabile cinguettio dell’usignolo e, incuriosito, si avvicinò.
“Prendete quell’usignolo!” gridò il rajà ai cacciatori. I cacciatori non esitarono e, tirando una rete addosso all’usignolo, lo catturarono.
Poco dopo tornò l’usignolo maschio che rimase impietrito non trovando la sua amata.
“Dove sei cara?” gridò l’usignolo quasi piangendo.
“L’ha rapita il raja.” disse una voce.
“Cosa? Chi ha parlato? Chi sei?” disse l’usignolo spaventato.
“Sono l’albero su cui state costruendo il nido.” Rispose la voce e poi riprese dicendo: “Io ho visto tutto e ti posso pure aiutare.”
E dopo aver spiegato all’usignolo quel che era successo, l’albero disse: “Una volta un grande mago fece una pozione, ma visto che a lui non serviva e che aveva creato molto caos nel suo paese venne a nasconderla qui nel bosco e proprio nel mio tronco. Infatti, la pozione sta in quel buco nel mio tronco. Prendila e portala con te, ti potrà servire.”
“E a cosa? Cosa fa questa pozione?” chiese l’usignolo.
“Questa pozione fa sì che nelle tue orecchie possa entrare qualsiasi cosa tu voglia.” Rispose l’albero.
“Va bene, la porterò con me anche se non so a cosa possa servirmi.” Disse l’usignolo, ringraziò e partì.
Dopo poco tempo, passò accanto ad un robusto albero e, dai suoi rami, sentì provenire un miagolio. Si avvicinò e vide un cucciolo di gatta che piangeva. Allora gli chiese: “Perché piangi?”
“La mia mamma è andata in cerca di cibo ma non è più tornata.” Rispose il gatto.
“Da quale parte è andata?” chiese l’usignolo.
“Di là.” Rispose il gatto indicando un sentiero in mezzo agli alberi.
Così l’usignolo si diresse verso quella direzione e, dopo poco, ritrovò la gatta intrappolata fra le liane. Allora la liberò e la ricondusse dal suo cucciolo e, quando furono arrivati, la gatta gli chiese: “Come ti potrò mai ripagare di questo favore?”
L’uccellino pensò e, dopo un po’, rispose:
“Mi potresti aiutare a salvare la mia amata, signora gatta. E’ stata catturata dal rajà.”
“Va bene, ti posso aiutare, verrò con te.” Disse la gatta.
Così l’usignolo e la gatta si incamminarono e, dopo poca strada, arrivarono ad un grosso fiume sul quale galleggiava un piccolo tronco al quale si reggeva un topolino che gridava chiedendo aiuto.
Così l’usignolo volò fino al topo, lo prese e lo portò a riva.
“Come potrò mai ripagarti?” chiese il topolino.
“Vieni con me a salvare la mia amata dalle grinfie del rajà.” Rispose l’usignolo.
Così, l’usignolo, la gatta e il topolino si avviarono verso il palazzo del rajà e, dopo poco tempo, arrivarono ad una cascata che, vedendo tre animali tutti diversi camminare vicini, si incuriosì e chiese: “Dove andate?”
“A salvare la mia fidanzata che è stata catturata dal rajà.” Rispose l’usignolo.
“Ah, come vi vorrei aiutare, la mia acqua non scorre più come una volta perché il rajà ha fatto una diga per irrigare i campi.” Esclamò la cascata.
“Beh, un modo di aiutarci ci sarebbe!” disse l’usignolo, prendendo la pozione datagli dall’albero “Questa pozione fa sì che, nelle mie orecchie, possa entrarci qualsiasi cosa.”
“E con ciò? Cosa vorresti dire?” chiese la cascata.
“Voglio dire che se la bevo potrai venire con noi, entrando nel mio orecchio.” Rispose l’usignolo.
“D’accordo.” Disse la cascata. E così dicendo, l’usignolo bevve la pozione e un po’ dell’acqua della cascata gli entrò nell’orecchio.
“Visto che ci siamo” disse l’usignolo alla gatta e al topolino “perché non mi entrate nell’orecchio anche voi? Sarà più facile, così, entrare nel palazzo.”
“Va bene.” Risposero i due in coro “Però nell’altro, altrimenti affogheremo.”
Così anche la gatta e il topolino entrarono nell’orecchio dell’usignolo che si mise a volare a tutta forza verso il palazzo del rajà.
Dopo molta altra strada, l’usignolo arrivò al palazzo del rajà e, entrato furtivamente, si avvicinò al rajà e gli disse: “Libera la mia fidanzata!”
“Altrimenti, che mi farai!?” disse ridendo il rajà. “Prendetelo e rinchiudetelo nel pollaio.” Riprese poi rivolgendosi alle guardie.
Così l’usignolo venne rinchiuso nel pollaio assieme alle galline che, quella sera, lo circondarono e incominciarono a beccarlo su tutto il corpo. “Gatta, aiutami tu!” gridò l’usignolo tutto malconcio. Così la gatta uscì dall’orecchio dell’usignolo seminando caos e panico in tutto il pollaio.
La mattina seguente le guardie del rajà andarono a vedere nel pollaio com’era ridotto l’usignolo ma tornarono dal rajà con lui ancora vivo e vegeto e con solo qualche graffietto. Questo non fece piacere al rajà che, innervosito ma allo stesso tempo stupito, ordinò alle guardie: “Rinchiudetelo in una gabbia e attaccatela alla zampa del mio elefante!”.
Così, per la seconda volta, l’usignolo e i suoi amici vennero imprigionati.
“Topolino, ora tocca a te.” Disse l’usignolo. “Esci dall’orecchio e spaventa questo elefante.”
“Va bene, vado.” Disse il topolino e uscì dall’orecchio dell’usignolo spaventando l’elefante che, spaccando la gabbia, li lasciò liberi.
Così, la guardia che stava davanti alla porta della stalla si stupì nel vedere l’usignolo uscire vivo e vegeto così come si stupì il rajà che, ancora più innervosito, disse alle guardie: “Chiudetelo in una gabbietta e appendetela davanti al mio letto!”
E così, quella notte, l’usignolo svegliò il rajà dicendo: “Allora, la liberi, si o no, la mia amata?”
“No, mai, neanche per tutto l’oro del mondo, deve cantare per me qui a palazzo!” rispose il rajà.
“Bene, l’ hai voluto tu.” Disse l’usignolo. “Acqua di cascata, vieni fuori, tocca a te.” E così dicendo l’acqua della cascata cominciò ad uscire dall’orecchio dell’usignolo e, in poco tempo, un quarto della stanza era sommerso dall’acqua.
“Allora, la liberi adesso la mia amata?” chiese nuovamente l’usignolo.
“Ti ho già detto di no. Lei resterà qui e canterà per me!” rispose il rajà.
“Allora morirai sommerso dall’acqua.” disse l’usignolo.
Così, dopo poco tempo la stanza fu coperta per metà dall’acqua, quando il rajà, impaurito, infreddolito ma ancora più arrabbiato, gridò: “D’accordo, libererò te, la tua fidanzata e i tuoi amici; basta che ritiri l’acqua dalla mia stanza, te ne vai e non ti fai più vedere!”
“Va bene. Acqua di cascata, torna nell’orecchio.” Disse l’usignolo. E così dicendo, l’acqua della cascata tornò nell’orecchio dell’usignolo, il rajà liberò lui, la sua amata e i suoi amici e promise che non avrebbe più catturato animali per tenerseli in casa ai suoi comodi.
Così l’acqua della cascata tornò al suo posto a scorrere limpida nel fiume, il topolino tornò dalla sua famiglia, la gatta dal suo cucciolo e i due usignoli nel loro nido sul grande albero nella foresta.
Giordano
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